L’Aquila balla coi lupi

Tutto quello che c’è sapere sui lupi. I posti dell’Aquila che prediligono, i rischi e i miti da sfatare.
Negli anni ’70 erano sostanzialmente scomparsi, ma oggi sono tornati: sono i lupi, i cattivi per antonomasia nelle favole, sui quali gravitano una serie di “leggende” e luoghi comuni che abbiamo voluto provare a sfatare con l’aiuto del responsabile dell’UOSD Fauna selvatica e monitoraggio ambientale del Dipartimento prevenzione della Asl dell’Aquila, il dottor Massimo Ciuffetelli.
«Cominciamo col dire – ha spiegato il dottor Ciuffetelli – che la situazione orografica della Provincia dell’Aquila è particolare, con il 60% del territorio interessato da parchi, riserve e aree protette e questo naturalmente fa sì che la popolazione relativa agli animali selvatici protetti aumenti». Da considerare, inoltre, gli “scambi” che avvengono tra i parchi, con gli animali che si spostano su diverse direttrici, “incrociando” zone antropizzate.
Diversi e variegati i corridoio utilizzati: «La georeferenzazione degli animali incidentati ci permette di capire dove attraversano e con che frequenza». Nello specifico, a titolo esemplificativo, all’altezza della cava di Barisciano attraversano i cinghiali, prima della casa cantoniera di Castelnuovo troviamo spesso caprioli e cinghiali, superato San Pio invece c’è la “strada dei lupi”, così come prima di Navelli. Riferimenti ormai “storici” e ben precisi, naturalmente, anche nella zona ovest.
L’Aquila, le zone “preferite” dai lupi.
Per quanto riguarda gli animali selvatici, lupi compresi, gli spostamenti avvengono per motivi “molto umani”: si spostano alla ricerca di condizioni di vita migliori, nello specifico alla ricerca di cibo e acqua: «I cinghiali vengono a valle in cerca di cibo, perché magari in montagna finiscono i pascoli o sono disturbati dall’attività antropica, i lupi seguono i cinghiali e li ritroviamo in zona Cristo Re, Pianola, Monticchio, San Sisto, praticamente ovunque. Un paio di lupi ha perfino svernato nelle campagne del quartiere Bellavista. Abbiamo una colonia ormai stanziale tra Coppito e San Vittorino». A parte la “migrazione naturale”, però anche l’uomo ci mette del suo: sono stati infatti registrati casi di persone che, notando cuccioli di lupo vicino alle abitazioni, hanno messo loro da mangiare. Quei lupi però sono cresciuti e, pur mantenendo una certa diffidenza nei confronti dell’uomo, hanno “accorciato le distanze”, con tutte le controindicazioni del caso.

Lupi e uomini, quali sono i pericoli?
I lupi, in generale, si disinteressano all’uomo. Lo evitano. In provincia dell’Aquila non sono noti casi di aggressione di lupi nei confronti di persone. Il caso più “estremo” è rappresentato da un pastore rumeno che si è molto spaventato per l’avvicinarsi di quattro lupi. Faccia a faccia coi temibili animali, il pastore è rimasto col cuore in gola, per poi scoprire che i lupi erano più interessati al gregge alle sue spalle che a lui. Ma tanto è bastato per fargli decidere di cambiare mesterie. Ad ogni modo, aggressioni vere e proprie non se ne contano. Discorso parte, naturalmente, per gli animali. Come detto, i lupi seguono i cinghiali, ma naturalmente predano qualunque animale gli “capiti a tiro”, quindi compresi quelli degli allevamenti e dei pascoli, con conseguenti danni per gli allevatori. Nel caso dei lupi, però, essendo specie protetta, sono previsti rimborsi.
Ma come si riconosce l’attacco di lupi rispetto a cani randagi o altri predatori? Il lupo è un professionista: quando attacca la preda, lo fa con la la perizia di un killer: attacca agli arti, per limitare o impedire la mobilità della preda, e al collo, ma non – come spesso si crede – per dissanguare. L’animale attaccato muore perché “gli scoppia il cuore”, già naturalmente accelerato per la lotta e “finito” con la costrizione alla gola. Ma la morte dell’animale non è indispensabile: il lupo è capace di sbranare viva la propria preda. Il cane inselvatichito, il “feral dog”, invece, è sostanzialmente un “dilettante”, attacca disordinatamente e con approssimazione.
Paradossalmente sono proprio i cani inselvatichiti più pericolosi per l’uomo: perché non temono la sua vicinanza e dall’altro lato hanno “scoperto” la natura selvaggia che può renderli aggressivi. Insomma, se un lupo, pur “killer professionista”, si tiene per sua stessa natura lontano dall’uomo, il cane inselvatichito ha una “memoria” tale per cui l’essere umano non rappresenta un’incognita da evitare a tutti i costi. E questo lo rende più pericoloso per l’incolumità delle persone.
Capitolo a parte, quello degli “ibridi“, nati dagli accoppiamenti – pure possibili – tra cani e lupi. Il risultato, naturalmente, non è rappresentato da cani lupo, ma da particolari esemplari dalle inusuali caratteristiche: possono apparire con corpo da cane e muso tipico da lupo o altri “mix” anche piuttosto curiosi.
Ad ogni modo, la conclusione è una sola: l’unico modo di “trattare” con gli animali selvatici è quello di rispettare la loro natura appunto selvatica, evitando di “interagire”. Loro, d’altra parte, fanno lo stesso. Con questo “principio di base”, l’uomo non corre alcun pericolo. Purtroppo non si può dire lo stesso degli animali da allevamento, ma questo – come si dice – attiene alla catena alimentare e a quella legge naturale che troppo spesso dimentichiamo. Per fortuna ci sono i lupi a ricordarci come va la vita.