Terrorismo, resta in carcere a L’Aquila detenuta legata all’Isis

Resta in carcere la sorella di Fatima, la donna detenuta all’Aquila per i suoi legami con l’Isis.
Marianna Sergio, così si chiama la donna detenuta all’Aquila condannata per terrorismo internazionale che aveva aderito all’Isis.
Nel 2015 fu arrestata anche la sorella, la prima foreign fighter italiana che andò in Siria, dove oltre ad aver avuto legami con l’Isis, cambiò anche il suo nome in Fatima.
Marianna Sergio deve quindi restare in carcere per terrorismo internazionale.
Prima il Tribunale di Sorveglianza dell’Aquila, dove la donna è detenuta, e poi la Cassazione hanno dichiarato “inammissibile” prima la richiesta e in seguito il ricorso sulla bocciatura.
Come riporta Il Centro, per la Suprema Corte, infatti, la difesa non è riuscita a contrastare le motivazioni della Sorveglianza che evidenziano, “l’assenza di elementi significativi di un effettivo distacco dalla organizzazione terroristica” a cui aveva aderito, ossia l’Isis.
Tra l’altro, come si legge nella sentenza, la donna in carcere ha tenuto un “atteggiamento polemico e rivendicativo verso gli operatori” e non ha mai “manifestato alcuna revisione critica della condotta criminosa”.
La sorella Maria Giulia ‘Fatima’ era stata condannata a 9 anni dalla corte d’Assise d’appello di Milano. Nel 2014 lasciò la sua residenza di Inzago, nel Milanese, per raggiungere la Siria a unirsi alle milizie del Califfato.
Fatima, secondo la sorella Marianna sarebbe “morta in Siria”. In realtà è ancora ufficialmente latitante insieme al marito, l’albanese Albo Kubuzi, andato con lei in Siria e condannato a 10 anni di carcere.
Nel provvedimento, il collegio della Corte d’Assise di Milano presieduto da Ilio Mannucci Pacini si era soffermato soprattutto sull’azione di “coinvolgimento dei propri familiari” compiuta da Fatima attraverso una serie di messaggi e chat inviati dai territori del Califfato: “È a seguito delle sue insistenze, e alla sua offerta di aiuto nell’organizzazione del viaggio, che questi avevano deciso di raggiungere i territori dell’Isis”. In carcere quindi finirono anche i genitori, oggi deceduti.