AMA, storia di un tracollo

14 novembre 2019 | 07:18
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AMA, storia di un tracollo

L’AMA sull’orlo del fallimento. In Consiglio comunale per la ricapitalizzazione. I numeri e la storia di un’azienda che ha dissolto un capitale sociale di 3 milioni. Ecco come.

L’AQUILA – Alla vigilia del Consiglio comunale per l’approvazione del riconoscimento del debito fuori bilancio per la ricapitalizzazione AMA, la fotografia dell’azienda che in pochi anni ha dissolto un capitale sociale da 3 milioni di euro.

Con 137 dipendenti e una struttura aziendale che parte dall’amministratore unico Gianmarco Berardi, al Collegio dei revisori, dirigente, segreteria, responsabili dei servizi, amministrativi e autisti, l’AMA, con 57mila azioni, ha un capitale nominale di 2 milioni e 955mila euro. Capitale nominale, appunto, che però ad oggi risulta sostanzialmente annullato. Senza la ricapitalizzazione, infatti, al 30 settembre il capitale sociale risulta in perdita di 603mila euro. E senza capitale sociale, naturalmente, i libri contabili sono pronti per il tribunale fallimentare. Con il milione e 300mila previsti per la ricapitalizzazione, invece, il capitale sociale torna in attivo di 697mila euro, appena sopra la soglia che consente di continuare l’attività.

AMA, storia di un tracollo.

Che la situazione dell’AMA sia al limite della sopravvivenza stessa dell’azienda è ormai chiaro, ma come si è giunti a questo punto? Sull’argomento, l’assessore Carla Mannetti ha annunciato una “operazione verità” senza sconti: “È colpa di tutti”. Ad ogni modo, l’ultimo pareggio si registra nel 2015, quando c’era ancora il contributo statale erogato dalla Regione di circa 900mila euro l’anno per i rinnovi contrattuali. Senza quel contributo, che proprio dal 2015 la Regione ritiene “compreso” nel complesso dei fondi regionali stanziati, dal 2016 inizia la perdita, inizialmente di soli 209mila euro, grazie a un decreto ingiuntivo (relativo sempre al contributo per i rinnovi contrattuali) a cui non era stata fatta opposizione, che il Collegio dei revisori ha potuto mettere a bilancio. Nel 2017 il tracollo vero e proprio, quando si è preso atto che non si poteva più fare affidamento su quei fondi. La perdita, a quel punto, era di 1 milione e 800mila euro, per arrivare ad oggi con l’erosione del capitale sociale ai livelli di cui si è detto. Dopo gli interventi “in sostituzione” da parte del Comune, che ha tamponato per un po’ una situazione drammatica che non poteva durare a lungo, quindi, la ricapitalizzazione per 1 milione e 300mila euro, che – conti alla mano – serve appunto giusto per arrivare al 31 dicembre con un capitale sociale sopra i 474mila euro, il “minimo sindacale” per società con strutture aziendali come quelle dell’AMA per non avviare il processo di liquidazione.

ama

Ma a gennaio, poi? In sede di Commissione Bilancio l’amministratore unico Gianmarco Berardi ha chiarito che nel 2020 dovrà portare la società in pareggio. Una società che perde mensilmente 120mila euro. Considerato che le maggiori perdite derivano da un parco auto vetusto, con costi di manutenzione elevatissimi, occorrerà verificare l’impatto dei nuovi mezzi voluti dall’amministrazione comunale e quello dell’azzeramento della contrattazione di secondo livello, contestata da lavoratori e sindacati. È evidente che, perseguendo questa strada, l’amministrazione comunale conta di riuscire nell’impresa, anche perché – al momento – non ci sono sul tavolo soluzioni alternative concrete.

La fusione con TUA, voluta da tutti ma mai realizzata, è infatti congelata e difficilmente a questo punto vedrà mai la luce. Sarebbe una follia, per l’azienda regionale, farsi carico della situazione ormai al tracollo di AMA. D’altra parte, anche all’inizio della contrattazione la strada è sembrata subito in salita: “Abbiamo posto in essere tutti gli atti per la fusione – ha detto l’assessore Mannetti in Commissione – ma la TUA ha espresso perplessità sul Bilancio AMA. E lo stesso ha fatto l’AMA sul Bilancio TUA”. Insomma, a livello regionale era chiaro già da allora che non conveniva “mettersi in casa” un guaio del genere. Ma ormai è storia passata. Il presente, d’altra parte, è drammatico, e il futuro sempre più incerto. Venerdì il Consiglio comunale voterà la ricapitalizzazione da 1 milione e 300mila euro che – paradossalmente – risulta il primo e più semplice passaggio. Il difficile verrà dopo. A meno che 800mila euro in meno sulla contrattazione di II livello e qualche autobus nuovo non risolvano la situazione.

AMA, i conti in tasca.

Il tema caldo di queste ore, naturalmente, lo stato di agitazione dei lavoratori, a seguito del Piano di ristrutturazione aziendale che prevede il sostanziale azzeramento della contrattazione di II livello per circa 800mila euro (poco meno dei famigerati 900mila euro del contributo statale per i rinnovi contrattuali, “trattenuti” dal 2015 dalla Regione). Da qui la protesta dei lavoratori che così “pagano” con i propri stipendi buona parte del Piano di ristrutturazione. Ma quanto costano i dipendenti dell’AMA?

autobus ama

L’organigramma dell’azienda al primo ottobre 2018 (dall’AMA comunque spiegano che non ci sono state rilevanti variazioni, ad oggi) conta 137 unità, di cui 9 in area operativa amministrazione e servizi (cosiddetti impiegati), 111 di area operativa di esercizio (autisti e “operativi”) e 16 di area operativa, manutenzione impianti e officine. Nello specifico, tra i 9 amministrativi, è presente 1 responsabile di unità tecnica/amministrativa complessa (quadro), 1 professional, 1 coordinatore d’ufficio, 3 collaboratori d’ufficio, 3 operatori qualificati d’ufficio. Impegnati in area di esercizio, 1 responsabile di unità tecnica/amministrativa complessa (quadro), 97 operatori d’esercizio, 1 collaboratore d’ufficio, 1 assistente alla clientela, 3 operatori qualificati, 7 operatori di esercizio e 1 operatore della mobilità. Tra i 16 di manutenzione e officine, 1 capo unità organizzativa tecnica/amministrativa, 1 coordinatore d’ufficio, 1 capo unità tecnica, 2 capi operatore, 1 operatore certificatore, 6 operatori qualificati, 4 operatori di manutenzione. Infine, 3 sono le posizioni congelate con accordo sindacale del 25 febbraio 2015. Il costo complessivo di tutto l’organigramma (che comunque registra un livello piuttosto omogeneo per quanto riguarda le retribuzioni su base di anzianità) è di 5 milioni 819mila euro (nel 2018), con una media di costo complessivo per dipendente di circa 40mila euro. Di netto, sono circa 1600 euro, calcolando una busta paga “massima” relativa al massimo grado di anzianità presente in azienda. In pratica la forbice delle retribuzioni va dai 1300 ai 1600 euro, in base agli scatti di anzianità.

Per quanto riguarda invece il dirigente (che si divide con il SED), il costo complessivo è di circa 60mila euro. Infine l’amministratore unico, con 21mila euro annui, la metà dei quali – però – sono al raggiungimento degli obiettivi previsti. Come sottolineato in Commissione dallo stesso amministratore, Gianmarco Berardi, al momento il suo compenso non viene erogato (da giugno).

Questi i “conti in tasca” all’azienda sull’orlo del fallimento, un fallimento che per il momento verrà scongiurato grazie alla ricapitalizzazione e a una ristrutturazione basata in gran parte sul sacrificio dei lavoratori. Da venerdì, però, occorrerà capire come rimettere davvero in sesto l’azienda in modo organico, strutturale e continuativo. Altrimenti la ricapitalizzazione rappresenterà solo un intervento in “accanimento terapeutico”.