Le nuove stanze della poesia, Filippo Crudele

Il profilo di Filippo Crudele, ambasciatore della montagna. Le nuove stanze della poesia.
Cantore del Gran Sasso, scultore della natura, per Filippo Crudele la poesia è una rondine, è il “pane dell’anima”. La montagna è una passione che lo accompagna fin da ragazzo, ed è tra i monti che scrive i suoi versi. Aquilano, per lui la poesia è tutto. Nato a Marana di Montereale, ha scoperto la poesia nel 2000 e da allora declama i suoi versi ovunque. Filippo Crudele è appassionato anche di fotografia e di sculture che realizza con il legno e la pietra. Recitare le sue poesie in montagna, parteciparle anche agli sconosciuti in diverse occasione è ancora oggi la sua missione che ha scelto liberamente perché montagna e poesia sono per lui tutt’uno anzi quasi una ragione di vita. Due passioni che si completano a vicenda e che in questo periodo di vita sorreggono il suo canto libero. Perché Crudele è un uomo libero che nell’affermare questa sua libertà afferma anche una profonda umanità. Un poeta che si ispira alla natura, perché per lui la natura è tutto, e tutto è poesia.
Dichiara Crudele: “Ho dovuto superare i pregiudizi, la gente che mi derideva. Se avessi dato retta a queste persone, non avrei più scritto nulla. Ma la gioia che ho dentro di me nell’esprimermi attraverso la poesia è più forte dell’imbecillità altrui. Ho scoperto la bellezza, sentivo vere e proprie scosse elettriche dentro di me che erano l’ispirazione. E non mi sono più fermato.
Per le mie poesie non ci sono luoghi prediletti. Spesso durante le mie passeggiate in montagna, incontravo persone sconosciute e recitavo loro le mie poesie. Un modo per far conoscere la montagna in maniera diversa. Ci sono persone che camminano sui monti seguendo percorsi ma senza osservare i dettagli. Con le mie poesie io descrivo fiori, sassi, una cascata o la brina”.

A Loredana Lombardo che lo intervista a proposito dell’ultima silloge di poesie Terra me’, Filippo Crudele si racconta così: “Io credo di aver avuto un dono ed è quello di una grande sensibilità per la natura. Ho passeggiato macinando chilometri per le montagne abruzzesi con una particolare predilezione per il Gran Sasso. A volte sono bastati un sasso, un raggio di sole, uno scorcio del ghiacciaio del Calderone, per farmi uscire dal cuore i versi che ho tramutato in questi scritti. La montagna – aggiunge – non è solo una palestra per perfomarsi, ma un luogo di culto, di preghiera, al quale accostarsi con rispetto. Un rifugio dove io tante volte mi sono messo a confronto con me stesso, trovando la principale fonte d’ispirazione”. Terra me’ è stato presentato l’anno scorso ad agosto, alcune sue poesie sono state anche musicate e tramutate in canzonette popolari, sempre per la poesia, nel 2011, ha vinto il premio letterario Zirè d’oro con la canonze Zurla d’amore. Questo libro è il risultato di una serie di inni d’amore per la montagna: Gran Sassu me te vojo bene, Famme saji famme vedè, sono degli omaggi alla mia terra e alle sue bellezze naturali – aggiunge – che cerco di tener vivi e nella memoria creando dei versi semplici ma ricchi di sentimento. Non l’ho fatto pensando di riscuotere successo, tutto quello che è arrivato dopo mi emoziona moltissimo”.
Filippo Crudele è oggi costretto in casa per una infermità che non gli permette più di fare escursioni. “Ma non dispero – afferma – ho promesso a tanti amici un ritorno in pompa magna, ma qualora non potesse essere possibile, ho i ricordi con me, che sono sempre vivi e non moriranno mai. Questi ricordi fanno parte delle montagne, sono lì e io sono con loro, e poi il cuore di un poeta non è mai solo! Non mi reputo un professionista o uno scrittore – ci tiene a chiarire Crudele – le mie non sono opere d’arte, ma un piccolo dono che ho avuto fin dalla nascita e che cerco di condividere con la mia gente. Che cosa voglio dalla poesia? Me lo sono chiesto tante volte – prosegue – e la risposta è molto semplice: divertirmi! A me piace non solo scrivere, ma recitare. Il mio divertimento, quando andavo a camminare, era di trovare un locus amoenus e declamare i miei versi, avendo come spettatore qualche animale selvatico, un sasso o un ruscello. Non so quindi quando tornerò fisicamente sul Gran Sasso – conclude – ma io non sono rammaricato. Ho i ricordi, i miei libri, le mie poesie, le canzoni in dialetto. È come se non fossi mai andato via”.
In questo breve profilo ci limitiamo a proporre all’attenzione del lettore un Filippo Crudele ambasciatore della montagna, della sua montagna il Gran Sasso attraverso le poesie che a questa montagna Crudele ha dedicato. Certo la personalità di questo poeta che usa indifferentemente la lingua e il dialetto per le sue composizioni ha diverse sfaccettature sulle quali si avrà modo di tornare a cominciare dall’altra sua passione quella per il canto che lo ha portato a scrivere testi musicati con armonie affascinanti e spesso eseguite da corali abruzzesi.

Grazie Gran Sasso
L’Aquila, 31.01.2006
di Filippo Crudele
Grazie, per avermi regalato:
valli, creste, vette e ogni tuo anfratto;
per avermi fatto conoscere l’eterno Calderone,
il Nevaio della Salsa, di Rionne e del Gravone,
la sorgente di San Franco,
i salti del Vitello D’Oro e di Rio Arno;
per avermi fatto vedere dall’alto e gustare:
albe e tramonti da sogni,
laghi, montagne e mare;
per i cieli incantevoli:
cupi, nuvolosi, esplosivi o squarciati
da saette e raggi solari,
quando grigi e colorati da arcobaleni
o profondi, azzurri e sereni;
per avermi invitato alla tua gala d’inverno;
per avermi bagnato, infreddolito e riscaldato;
per avermi fatto camminare
su tappeti per principi:
bianchi o verdi, fioriti e variopinti;
per avermi fatto ascoltare la voce del vento,
quella del silenzio e la forza della sua eco;
per avermi fatto specchiare nel tuo piccolo Lago
e per avermi colpito l’animo,
quando mi hai illuminato
e fatto vedere nel tuo magico profilo,
il Volto Immacolato di Cristo,
a me tanto caro
e te ne sono grato.
Galaverna
Un paesaggio innevato,
incantato, immacolato!
La galaverna,
nottetempo ha lavorato:
alberi, arbusti, cespugli
e fili d’erba,
tutto ha ricamato e orlato.
Nessuna sposa
ha mai indossato un abito,
che artista bravo
abbia imitato!
Corno Piccolo e Corno Grande
Il Corno Piccolo
è possente e monolitico,
ha due grosse spalle,
di pietra, ha le sue fiamme;
con sé un prezioso monile;
Livia il Campanile.
Il Corno Grande
è più alto ed elegante
ha tre vette frastagliate
del Gran Sasso è Cattedrale.
Un suggestivo e immacolato anfiteatro
è culla dell’ultimo ghiacciaio;
è vecchio, magro e malato,
ma una bolla d’acqua, chiamata Sofia
ti fa capire, che batte ancora la sua vita;
per lo studioso è un inghiottitoio
a me piace saperla, suo lacrimatoio.
Non possa pianger mai la gente
il Calderone possa farlo sempre!
Se per la gente il pianto è dolore
è vita, per quel “Vecchio” Calderone.
Al Passo del Cannone,
si nota l’effetto di una sua esplosione.
Alcune targhe in ottone
ti ricordano: la vita, la morte,
il dolore…e l’amore.
Ghiacciaio Calderone
Il giacciaio perenne
più a meridione
si trova sul Gran Sasso
e si chiama Calderone.
Il Torrione Cambi e le tre vette
lo circondano e lo difendono
orgogliose ed impettite.
Lui se ne sta lì
fresco, candido e beato
come sede
ha quello splendido anfiteatro.
Lo danno per finito e agonizzante,
la maggior parte
è ricoperto da pietrame,
anche lui, paga
il disastro ambientale.
Si è intimidito
ma è pur sempre vivo,
d’estate, la sua acqua di fusione
fuoriesce con bisbiglio e rigoglio
pronta a farti rinfrescare:
corpo, mente e vivande d’ogni tipo.
Se porti l’occorrente,
anche la granita ci puoi fare,
bella figura davanti a tanta gente
troppo spesso non degna e irriverente.
Da sempre lui sta là
fedel testimone ora lo vogliono studiar
lasciatelo in pace, fatelo riposar…
se un giorno si scioglierà
chi non lo ricorderà?
Era il ghiacciaio del Calderone!
Domani sarà l’anfiteatro del Calderone…
tutti ricorderanno:
il suo primato e il suo splendore:
il ghiacciaio più caldo…
più a meridione.