Investimenti, la superstizione del No porta alla decrescita

5 dicembre 2019 | 15:46
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Investimenti, la superstizione del No porta alla decrescita

L’Italia è ferma, anzi immobile. Negli ultimi 15 anni gli investimenti pubblici sono crollati del 60%. L’analisi.

*di Piero Carducci

Al crollo degli investimenti pubblici programmati si aggiunge poi la piaga, solo italiana, delle opere grandi e piccole bloccate: sono 37mila i cantieri fermi (dei quali 50 per Grandi Opere) o che non riescono a partire, o che sono in forte ritardo a causa di leggi farraginose e contraddittorie, di burocrati che non si prendono il rischio di decidere e della diffusa moda culturale del “non fare” e della “decrescita felice”. Il resto lo fa un sistema giudiziario lentissimo che porta a ulteriori blocchi per contenziosi sia in fase di gara che di esecuzione.

Il risultato è un disastro. Mentre i cinesi realizzano in piena Pechino un ponte ad otto corsie in 43 ore (Sanyuan Bridge), in Italia i ponti crollano per un acquazzone e ci vogliono sei anni per fare un tombino. I 37mila cantieri fermi, per una stima approssimata per difetto di 50 miliardi di Euro disponibili ma non spendibili causa blocco, valgono 800mila posti di lavoro persi e 200miliardi di Euro di PIL in meno.

In Abruzzo la situazione è analoga, molte opere pubbliche o sono ferme o procedono con tempi inaccettabili per la confusione normativa, i devastanti contenziosi, l’incapacità e la lentezza della burocrazia e molti altri problemi: la ricostruzione pubblica post sisma procede a rilento, le infrastrutture soprattutto autostradali sono carenti, le manutenzioni quasi assenti, troppe le opere incompiute e moltissimi cantieri non partono nonostante le risorse siano appostate ed i progetti esecutivi pronti da tempo.
Molto preoccupante il progressivo consolidarsi della tendenza ideologica del dire no a prescindere, fomentata da minoranze organizzate, spesso cavalcata da politici irresponsabili per fini elettorali di breve periodo e corto respiro.

La superstizione del “no” trova fertile terreno nella dilagante ignoranza, nel pregiudizio nei confronti del metodo scientifico, nella mancanza di progettualità sul futuro e viene drammaticamente amplificata da social network ricolmi di fake news. Purtroppo molti politici sono deboli con terrapiattisti e minoranze organizzate, il partito dei “no-no-isti” è in forte crescita, anche in Abruzzo. È difficile fare qualsiasi cosa: linee elettriche, rigassificatori, metanodotti, termovalorizzatori, strade, pale eoliche, biodigestori, tutto.

L’accanita opposizione di pochi, agevolati da leggi assurde e da una burocrazia spesso nemica dello sviluppo, riesce a bloccare o ritardare sensibilmente la realizzazione di opere essenziali e danneggia tutti. Ora i “no-no-isti” nostrani hanno puntato decisamente le centrali per la produzione di biogas. Non si riesce quasi a realizzarne di nuovi in Italia, ferma a 1300 impianti, e non sappiamo come smaltire migliaia di tonnellate di fanghi di depurazione e di scarti agricoli, mentre in Europa gli impianti in esercizio sono 18mila, dei quali 8mila nella sola Germania.

Il partito dei “no-no-isti” sta crescendo, i nuovi luddisti prendono piede e sembrano destinati a svilupparsi a dismisura. Il rischio, gravissimo e reale, è che su tutte le opere pubbliche la politica finisca per rinviare “sine die” i tempi delle decisioni, genuflettendosi al nuovo dogma del “tutti d’accordo”, senza alcun riguardo al limite temporale entro il quale una qualsiasi decisione deve essere presa, per risultare di una qualche utilità per la collettività amministrata.

Certamente le decisioni vanno condivise, certamente le opere vanno fatte bene e nel rispetto dell’ambiente, ma non si può discutere della necessità di un’infrastruttura per anni, poi magari avviarla e poi immancabilmente bloccarla. Occorre condividere in tempi certi quello che occorre fare per avere le infrastrutture di cui necessitiamo e consentirci, così, di stare al passo con il Mondo che corre. Il bene assoluto non esiste, e su ogni opera si possono individuare elementi di critica che possono facilmente diventare un alibi per il continuo rinvio dell’azione a una data successiva. Sulle opere pubbliche occorre applicare un sano pragmatismo riformista che il pensiero massimalista rifiuta in nome della chimera del bene assoluto. Noi siamo per il bene collettivo, che è un bene relativo, e sul bene collettivo l’ottimo è sicuramente nemico del bene. Anche perché l’alternativa è evidente: continueremo ad acquistare energia nucleare dalla Francia, a bruciare troppi combustibili fossili, a rinunciare a migliaia di posti di lavoro ed al benessere che le buone opere portano.

Siamo sempre noi cittadini a pagare il lusso del non scegliere e la tassa implicita del non governo.

L’esperto di Economia Piero Carducci terrà un seminario all’Università degli Studi dell’Aquila.

loc Carducci