
Per la rubrica Le nuove stanze della poesia la figura di Giuseppe Porto che rivive nella penna di Valter Marcone.
La poesia di Giuseppe Porto è stata rivalutata e rivista, 30 anni dopo dalla morte, dall’adoratissima nipote Francesca Di Donato che a maggio si è laureata con una tesi di laurea incentrata sulla figura del nonno.
Ad alcuni decenni dalla morte Giuseppe Porto, è ancora considerato un operatore della cultura, fu docente di latino e greco, letterato e poeta attento al suo tempo e qualche volta profeta per il futuro
Come professore, durante gli anni di docenza, ha lavorato intensamente all’interno della scuola per un suo sviluppo, per la formazione di una coscienza civile attenta alle esigenze della realtà locale. Per lui “diversità”, era “apertura culturale”,uno dei temi che animano ancora il dibattito odierno.
Nel suo mondo poetico c’è anche una particolare attenzione al dialetto con riferimenti a un lessico che rimanda a ricordi di quella civiltà contadina che è l’umus della nostra cultura ancoira oggi , , con parole come “pescolla”, “rabbela” o “pettinessa”, che rimandano a ricordi antichi, a un Abruzzo ancora molto rurale e ancorato alle vecchie tradizioni.
Antonio Cordeschi, a cui tanto deve la cultura aquilana , docente di lettere classiche, e uomo di profonda cultura classica definì il suo stile poetico “portiano”, ricordando come molta dell’ispirazione poetica gli veniva proprio dalla sua L’Aquila, come luogo di memorie,i cui aspetti più veri e più profondi è riuscito a trasmettere , con parole semplici.
Nel “Diario di guerra e di prigioni”un diario appunto “ vibrante “ e “lirico “, come è stato definito dalla critica, Antonio Porto racconta la sua esperienza di prigioniero in Egitto e in India quando durante l’ultimo conflitto mondiale cadde nelle mani degli Inglesi a Bardia il 2 gennaio 1942 durante le operazioni di guerra in Africa Settentrionale,prigionia durata fino al 1945.
E’ stato segretario generale del Centro Ricerche Letterarie ” V. Bartholomeis” annesso all’Istituto di Filologia Moderna, diretto da Giovanni Pischedda; ha fondato e diretto la Rassegna trimestrale di abruzzesistica ” Misura” e le “Edizioni del Buccio”, inoltre ha curato, per le Edizioni CETI di Teramo, la collana di poesie Linea abruzzese e la collana di studi Storia e Documenti.
Fausta Samaritani che ha curato una raccolta di lettere di Laudomia Bonanni scrive ricordando il lavoro di raccolta delle lettere “Sul versante abruzzese la risposta alla mia ricerca arrivò con la simpatia di nuovi amici. Ebbi scambio di documenti, di libri, di informazioni con il medico aquilano e poeta Bruno Sabatini, con lo scrittore e saggista Ottaviano Giannangeli, con lo scrittore Giuseppe Rosato, con il saggista Antonio Cordeschi che mi procurò copie delle lettere che la Bonanni aveva scritto al poeta Giuseppe Porto. Alla fine, tra missive, biglietti e cartoline, arrivai a 114 corrispondenze.
Erano semplici e spontanee, senza pretesa di opera letteraria perché non pensate per la pubblicazione, come quelle, ad esempio, di Gabriele d’Annunzio.
Con qualche interruzione, coprivano cinquanta anni di vita della scrittrice.
Lunga sarebbe la lista delle opere di Giuseppe Porto, vanno da “Il richiamo dell’uccello indostrano ,pubblicato da Gastaldi nel 1948 a Ninnananna a Francesca, L’Aquila, Arti Grafiche Aquilane,1983; passando per La pullura ( Le Pleiadi), Poesie dialettali (1962-1982), con premessa di Giovanni Pischedda, L’Aquila, Ediz. Colacchi, 1989 ( volume postumo) ; a raccolte di poesie per ragazzi come Il Coleottero Rosso. Poesie per ragazzi, L’Aquila, Edizioni del Buccio, 1986; oltre a traduzioni tra cui La veglia di venere, ( Pervigilium Veneris), in “Ausonia” (Siena ), 1961; e saggi su L’Aquila tra cui Proverbi e detti aquilani, L’Aquila, Edizioni del Buccio, 1985; Santi, diavoli e briganti,. Fiabe e leggende, L’Aquila, M. Ferri, 1978; Narratori dell’Abruzzo e del Molise, Milano, Mursia, 1971, (in collaborazione con Giovanni Titta Rosa);
Febbraio
Febbraio, chi non lo conosce?
Corto e amaro, porta malanni,
raffreddori, starnuti e tosse.
E se piove davvero,
e se nevica, reca gran danni:
frane. valanghe, bufere.
Febbraio mi par che somigli
a una maschera di carnevale
che passi e faccia scompigli,
che vada facendo sberleffi
alla gente che incontra; e la beffi
ed ogni sorta di male
tirandole addosso una palla
di neve, dietro la schiena,
e poi si volti a guardarla
ridendo e fuggendo improvvisa,
e par che ogni strada sia piena
delle sue stridule risa.
Il Presepe
Strade di brecciolina,
laghi e fiumi di vetro
montagne di cartone
cosparse di farina,
ponti e caverne e, dietro,
il gran cielo sereno:
e tutto quanto è pieno
di stelle e di persone.
Sta ferma la cometa
in cima alla capanna.
Gli angeli variopinti
cantano, in volo, osanna.
Gli astri vanno, sospinti
verso una loro meta;
al fine di ogni cammino
c’è il piccolo Bambino.
Seminagione
Chi ha seminato, in pace
riposa. Anche il solco, col seme
che nel grembo si preme,
in grande quiete ora giace.
Ora Dio radunerà i venti
dalle grotte lontane
per spingere nubi sul pane
ch’è dentro le sementi.
Così dall’umano lavoro,
con la pioggia del cielo e la luce
del sole, Iddio produce.