Pastore morto a Goriano, parola alla difesa

Indagine sulla morte del pastore a Goriano Sicoli, il datore di lavoro respinge le accuse. La replica dei legali.
Gli avvocati Alessandro Margiotta e Alessandra Faiella, difensori di Massimo Di Girolamo, già datore di lavoro di Ousmane Kourouma, morto a Goriano Sicoli il 23 novembre scorso, respingono ogni accusa relativa all’indagine avviata dalla Procura di Sulmona.
“Di Girolamo Massimo, per il tramite dei difensori, – scrivono i legali – si dichiara esente da ogni responsabilità e respinge, con forza, gli addebiti che gli sono stati mossi, in merito ai quali continuerà a fornire, in sede inquirente, come è giusto che sia, tutti i chiarimenti che saranno necessari per i fini della giustizia. Tuttavia, Di Girolamo Massimo, a questo punto, alla luce delle numerose, e per la gran parte errate ed offensive, ricostruzioni giornalistiche dei fatti tragici del 23.11.2019, ritiene doveroso, prima come uomo, poi come imprenditore e datore di lavoro sempre rispettoso delle regole, chiarire quanto segue: Ousmane Kourouma era regolarmente assunto e retribuito, e, in concreto, svolgeva mansioni compatibili con il contratto e per l’orario indicato in contratto. Ad Ousmane Kourouma, inoltre, era continuativamente assicurato il vitto, peraltro un vitto compatibile con le sue convinzioni religiose, nonché l’utilizzo, gratuito, di un telefonino per tenersi in contatto con amici e parenti; ed era infine garantita, ad Ousmane Kourouma, sempre gratuitamente, ogni altra cosa che potesse occorrergli durante la permanenza sui luoghi di lavoro o nel tempo libero”.
“La struttura presso la quale lavorava Ousmane Kourouma – prosegue Di Girolamo – era regolarmente assicurata ed i luoghi di lavoro erano organizzati nel rispetto delle norme vigenti in materia di sicurezza. Le stanze ubicate presso l’azienda erano dotate di ogni utenza, quindi di impianto idrico e termico elettrico, di bagno e di cucina a gas. Il contratto di lavoro non prevedeva l’obbligo del datore di lavoro di fornire alloggio al lavoratore, tuttavia i predetti locali erano comunque a disposizione del lavoratore stesso in caso di necessità d’uso, anche durante l’orario di lavoro. Il rapporto con Ousmane Kourouma era improntato a sincera reciproca fiducia, nel rispetto dei ruoli e delle funzioni del datore di lavoro e del lavoratore. Pertanto, non corrisponde al vero che Ousmane Kourouma è stato vittima di sfruttamento o che è stato addirittura ridotto in schiavitù come è stato affermato troppo superficialmente da più parti, anche istituzionali, senza considerare che nello Stato di diritto, il nostro, vige il principio della presunzione di innocenza e che i processi, di norma, si celebrano dentro i Tribunali, nel rispetto delle regole e degli uomini, e non sulle piazze, reali o virtuali che siano”.