Diga del Salto, 80 anni dalla bonifica reatina

13 dicembre 2019 | 06:00
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Diga del Salto, 80 anni dalla bonifica reatina

Il 13 dicembre 1939 il gerarca aquilano Adelchi Serena inaugurava la diga del Salto e la diga del Turano. La storia della bonifica reatina.

Ci avevano provato i romani, poi nell’800, fino alle grandi opere della diga del Salto e diga nel Turano che tra il 1937 e il 1940 hanno dato vita alla bonifica reatina, grazie al progetto dell’ingegnere capo della Provincia di Perugia, Angelo Omodeo, con il criterio del contenimento. A distanza di 80 anni il Comune di Petrella Salto ricorda la storica opera con un evento in programma per sabato 14 dicembre che prevede la deposizione di una corona con benedizione del vescovo di Rieti, monsignor Domenico Pompili e un dibattito a cui parteciperanno il sindaco Gaetano Micaloni (insieme al collega di Varco Sabino, Gabriele Maglioni), il dottor Walter Cardaci, responsabile unità Hydro del gruppo Erg, e lo storico Roberto Marinelli.

Proprio con il dottor Marinelli, storico e socio della Deputazione abruzzese di Storia Patria, abbiamo ripercorso la storia della straordinaria impresa. «La diga del Salto e la diga del Turano – racconta il dottor Marinelli al Capoluogo.it – furono inaugurate il 13 dicembre 1939, nel giorno di Santa Lucia; una data non casuale, in quanto per la realizzazione delle due grandi opere fu necessario cancellare l’antica chiesa medievale di Santa Lucia, poi ricostruita in una delle cavità create dalle operazioni estrattive. L’inaugurazione avvenne alla presenza del ministro dei Lavori pubblici, il gerarca aquilanoAdelchi Serena, mentre Benito Mussolini si recò l’anno successivo a inaugurare la centrale di Caporio collegata ai due invasi, a Cotilia».

diga adelchi serena
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Opere imponenti realizzate in appena tre anni, anche se con costi – non solo economici – altissimi: «Morirono sul lavoro 12 persone sulla diga del Salto, considerata all’epoca una delle più alte d’Europa con i suoi 100 metri di altezza, e 11 su quella del Turano; furono spazzati via 4 centri, senza contare i casali sparsi sul territorio. Furono distrutti e ricostruiti in altra posizione Borgo San Pietro, con il monastero delle suore di Santa Filippa Mareri, Teglieto, Fiumata e Sant’Elpidio. Del monastero rimase il campanile, che emergeva dall’acqua, fino agli anni Cinquanta. Oggi queste opere possono considerarsi una risorsa, anche dal punto di vista turistico, ma allora fu un trauma per le popolazioni del luogo, in quanto fu cancellata l’identità di due vallate».

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Più complicato il calcolo dei costi economici: «Il 26 settembre 1933  – scrive il dottor Marinelli nel suo libro – era stata istituita – con Regio decreto n.1231 – la Direzione generale acque e impianti idroelettrici, del Ministero dei lavori pubblici, subentrata alla Direzione generale opere idrauliche, dello stesso ministero. L’11 dicembre 1933 era stato emanato dal governo il Testo unico – n.1775 – delle leggi sulle concessioni di acque pubbliche, il quale, oltre a raccogliere le norme in materia esistenti fino a quel momento, introdusse importanti novità a favore dell’industria elettrica, tanto da essere definito «pietra angolare del monopolio elettrico italiano». Fu sancita la possibilità di costruire “in precario”, ossia sulla base di decreti provvisori, anche prima del riconoscimento delle concessioni. Si stabilì che lo Stato avrebbe contribuito, a fondo perduto, alla costruzione di serbatoi per l’invaso delle acque, con una cifra pari al sessanta per cento delle spese. Venivano, poi, cospicue sovvenzioni per le linee di trasporto da costruire entro il 1940. In realtà non è facile accertare l’esatta portata finanziaria di questi aiuti: “È certo comunque che il totale delle sovvenzioni, tra il 1920 e il 1943, raggiunse 1 miliardo e 30 milioni di lire, di fronte a un immobilizzo complessivo di circa 11 miliardi”».

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Per maggiori informazioni, sabato 14 dicembre l’incontro a Petrella Salto, mentre per ulteriori approfondimenti si rimanda al libro del dottor Roberto Marinelli, La bonifica reatina, Edizioni Libreria Colacchi 2010.

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[Per le foto si ringrazia il dottor Roberto Marinelli]