Dillo al capoluogo

Coronavirus, stop alla caccia all’untore

Chat, messaggi incontrollati e illazioni: la paura del Coronavirus scatena la caccia all'untore. Dal tabaccaio in centro a chi è tornato in città dopo tanto: stop alla caccia alle streghe

Dalle chat per scambiarsi informazioni sulle posizioni delle persone rientrate dal nord, ai messaggi che invitano a “denunciarne” la presenza alla Asl. Il comprensibile timore per il Coronavirus ha scatenato la caccia all’untore.

Da una parte c’è chi non intende minimamente modificare il proprio stile di vita e continua ad affollare locali e parchi, dall’altra chi reagisce cercando di dare un “volto” a un nemico invisibile, quale è il Coronavirus. La messa in pratica di questa ricerca, però, fa emergere risvolti inquietanti.

In premessa è doveroso ricordare le “regole d’oro” per limitare il diffondersi del virus, dalla “distanza sociale” alla limitazione degli spostamenti; regole sacrosante che andrebbero rispettate da tutti, anche dai più giovani che spesso si sentono “invincibili” e pretendono di non modificare il proprio stile di vita.

Dall’altro lato, ci sono i tanti “fuorisede” che – complice il caos informativo sull’ultimo decreto – sono rientrati nel centro-sud. Ma c’è anche chi è rientrato in “tempi non sospetti”. Per loro, “l’accoglienza” non è stata propriamente “meridionale”, sicuramente meno “comprensiva” e non si è solo limitata alla “riprovazione” generica, ma ha fatto scattare una vera e propria caccia all’untore.

Chat e messaggi si sono riempiti di segnalazioni più o meno dirette circa la “presenza” di persone provenienti dal nord, inviti a denunciarne la presenza alle Asl e atti di riprovazione, più o meno diretti. “C’è chi – raccontano a IlCapoluogo.it – mi ha mandato il testo dell’ordinanza regionale, mettendo in dubbio il mio comportamento, ma io ho rispettato tutte le direttive. Va bene inviare informazioni e ordinanze, però dietro ai potenziali “untori” ci sono persone che hanno lasciato (di nuovo) casa loro e tutte le abitudini di vita, che non possono fare programmi dall’oggi al domani, che stanno perdendo il lavoro. Quindi anche una parola per chiedere ‘come stai?’, oltre ad attaccare solo e a far venire ulteriore ansia, sarebbe di conforto. Ci sono amici miei che non mettono piede a Milano da mesi, ma vengono ghettizzati per il solo fatto di averci lavorato in passato, viene segnalata la loro presenza come fossero appestati o delinquenti. Sono situazioni che feriscono oltre quello che si percepisce”.

Coronavirus, l’assurda caccia alle streghe coinvolge un commerciante aquilano

Tra i tanti rimasti “intrappolati” in questo perverso meccanismo, anche un tabaccaio del centro storico, su cui è scattata l’ennesima “segnalazione” social, in quanto “reo” di aver passato qualche giorno di vacanza al nord. Non si è fatta attendere la reazione dell’uomo, che ha annunciato denunce alla polizia postale. “Aldilà delle considerazioni personali, tengo a precisare che per mia premura e per dovere etico nei confronti dei miei concittadini, al momento di rientrare in città, ho chiamato tutti i numeri indicati dagli organi istituzionali i quali mi hanno assolutamente esortato a stare tranquillo e proseguire la mia vita in piena normalità. A testimonianza di queste parole, sono in grado di presentare una registrazione audio della telefonata effettuata al 118 di L’Aquila dalla mia compagna. Non so chi abbia messo in giro questo messaggio e con quale coscienza e conoscenza si senta in grado di fare passare come “pericoloso” un soggetto, tanto da dover evitare il suo luogo di lavoro”.

Insomma, la caccia all’untore ormai non risparmia nessuno, ma per arginare il Coronavirus l’unico modo è attenersi alle indicazioni e prescrizioni delle autorità sanitarie. La caccia alle streghe non serve a nessuno.

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