Emergenza Poesia, quando ho paura di poter finire

“Quando ho paura di poter finire”, di John Keats, è lo spunto di oggi per Emergenza Poesia, la rubrica di Alessandra Prospero per reagire all’isolamento da Coronavirus
Quando ho paura di poter finire
prima che la penna abbia rastrellato il mio cervello
prima che libri scritti in grande copia
stipati sian granai di ciò che è ben maturo,
quando osservo sul volto stellato della notte
le nubi enormi segni d’una gran finzione
e penso che potrebbe toccarmi di finire senza
tracciarne l’ombre con la magica mano della sorte,
quando sento – bella creatura d’un momento –
che non ti guarderò mai più
né mai godrò della forza incantata
dell’istintivo amore – allora solo
mi fermo sulla riva di questo grande mondo
finché amore e fama affondino nel nulla.
“Quando ho paura di poter finire”, John Keats
In un testo che potremmo definire profetico, il poeta inglese John Keats interpreta l’ancestrale paura dell’uomo di morire anzitempo. Nel suo caso specifico, il timore è duplice: teme infatti che in tal modo non possa compiersi la sua realizzazione poetica ma anche amorosa.
Una riflessione comune a tutti gli uomini, universalmente condivisibile ma che, espressa da uno dei più grandi autori del Romanticismo inglese, assorbe tutta la dolcezza delle sue suggestioni liriche. Le sue opere, criticate all’epoca per l’apparente lontananza dalla realtà, sono divenute immortali proprio per questa sua distanza, fatta di una poetica estetizzante e in fondo consolante. Come la delicata dissolvenza della chiusa, che diviene quasi un anestetico.
“Amo le belle frasi come un innamorato” ebbe a dichiarare lo stesso Keats: le belle immagini, gli incipit solenni e le memorabili espressioni ne fanno un portavoce degno di poter raccontare un momento storico così difficile.