Emergenza Poesia, libero è chi non dispone di libertà

La poesia in tempo di emergenza: spunti poetici per reagire all’isolamento da Coronavirus. L’appuntamento giornaliero curato da Alessandra Prospero per Il Capoluogo: oggi con Lettere dal carcere di Nazim Hikmet
Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto.
tratta da “Lettere dal carcere”, Nazim Hikmet
È dalla prigione di Bursa, in Anatolia, che Nazim Hikmet scrive le famose lettere dal carcere alla moglie Munevvér. Condannato a ventotto anni con l’accusa comunista e di complotto contro il governo turco, il poeta ne scontò dodici durante i quali venne colpito anche da un primo infarto: il secondo, venti anni dopo gli fu letale. Conobbe il carcere e l’esilio, ma parallelamente anche un successo e un consenso contemporaneo su larga scala.
Dalla sua condizione di reclusione nascono i celeberrimi versi che ho scelto per questa giornata. Essi sono stati scritti nel 1942 e hanno la vividezza di un uomo profondamente attaccato alla vita e al suo continuo rinnovamento.
Immagini potenti e metafore piene di lirismo lo hanno fatto apprezzare in tutto il mondo. Fu uomo libero e responsabile della sua condizione, sempre: cantò la libertà anche quando non ne disponeva. Un esempio per la nostra indicibile quarantena, come questa poesia dedicata all’amatissima moglie, a cui rammentava poeticamente che la vita gli avrebbe donato altre occasioni e altra felicità.