Emergenza Poesia, sofferenza, ispirazione e Navigli

Anche Alda Merini, la nota “poetessa dei Navigli” declinò la solitudine, avendo conosciuto anche quella terribile dei ricoveri in manicomio. Lo spunto di oggi per la rubrica Emergenza Poesia a cura di Alessandra Prospero.
S’anche ti lascerò per breve tempo, solitudine mia,
se mi trascina l’amore, tornerò,
stanne pur certa;
i sentimenti cedono, tu resti.
“Solitudine” – Alda Merini
Tra le varie forme in cui è stata declinata la solitudine, celebre rimane quella della poetessa più citata tra tutte: Alda Merini.
Alda Merini, La “poetessa dei Navigli”, come viene definita nel libro di Aldo Colonnello (con riferimento ai suoi luoghi del cuore e alla sua casa), la solitudine feroce l’aveva conosciuta davvero.
Aveva patito infatti la solitudine del manicomio e le crudeli pratiche a cui venivano sottoposte le persone ricoverate, compreso l’elettroshock.
La sua esistenza fu contrassegnata dall’alternanza tra salute e malattia, a causa del disturbo bipolare: i vari periodi che la poetessa trascorse in manicomio furono periodi di alienazione.
Il tema della solitudine ricorre spesso negli scritti e nella poesia di Alda Merini e la drammaticità dell’esperienza dell’ospedale psichiatrico la portò a scrivere la raccolta “La Terra Santa”.
L’alienazione, secondo il suo modo di vedere, era però propria dell’artista che è comunque isolato rispetto al resto del mondo e accarezza la sua solitudine.
L’autrice milanese lo faceva presso i suoi amati Navigli, magari seduta al Bar Chimera con la sua macchina da scrivere, in cerca di ispirazione.