Sisma e coronavirus: il prima, il dopo e il presente

L’Aquila, 6 aprile e Coronavirus: da #Terremotosto ad #andràtuttobene

Nei giorni del ricordo del 6 aprile, immersi nell'isolamento da Coronavirus: la psicologa psicoterapeuta Chiara Mastrantonio al Capoluogo parla della vita di prima e di quella del dopo, così come è stato per gli aquilani dopo il 2009. "Ogni verbo, prima del passato o del futuro, ha un presente".

Nei giorni del ricordo del 6 aprile, immersi nell’isolamento da Coronavirus: Chiara Mastrantonio, la psicologa e psicoterapeuta aquilana, al Capoluogo parla della vita di “prima” e di quella di “dopo”, così come è stato per gli aquilani dopo il 2009.

Chiara Mastrantonio, psicologa e psicoterapeuta aquilana

Chiara Mastrantonio, psicologa e psicoterapeuta aquilana

Chiara Mastrantonio, psicologa e psicoterapeuta aquilana[/caption]

I numerosi post su Facebook dei concittadini sin dai primi giorni avevano creato un parallelo: ma ammetto di non averlo sentito dentro fino a quando non sono andata la prima volta al supermercato armata di carrello gigante, mascherina e guanti.

La sensazione era conosciuta, arrivava da un cassetto della mia memoria sensoriale che non pensavo si potesse riaprire senza invito: eppure era lì a raccontarmi il bisogno di andare via il prima possibile, restare lucida per non prendere cose inutili scordando l’indispensabile, rispettare tutte le norme di sicurezza che qualcuno più esperto aveva predisposto, tutelare la salute di tutte le persone che si trovassero esattamente nella stessa situazione pur percependone la diffidenza.

Il tutto ambientato in un luogo familiare fino a qualche giorno prima, proprio come era stata la mia casa fino al 5 aprile 2009.

Il corpo racconta storie del passato anche quando la mente crede di non pensarci più, ma questa memoria dei sensi ha una funzione meravigliosa che è quella di offrire immediatamente la reazione più opportuna di fronte ad un segnale che sia di piacere o di pericolo ed è così che oltre la paura, si manifestano le risorse scoperte.

Il passaggio da “andrà tutto bene” a “ terremotosto” per gli aquilani è stato immediato.

È vero, in molti hanno rappresentato l’obiettiva difficoltà di ripartire per la seconda volta, lo strano destino in cui il luogo protetto si sia trasformato da fuori a dentro casa con cui l’aquilano sa fare anche una cinica ironia quando si ritrova a vivere la scossa serale “per non dimenticare” e condivide immediatamente il “mi sono lavato le mani per 60 secondi , ah no era per l’ altra emergenza ‘sta cosa”, il nemico è ancora invisibile, anche se oggi è più silenzioso ed insidioso, il recupero di oggetti utili ha una modalità simile, gli angeli e gli eroi hanno sempre divise, ma di diverso colore.

Così come emergono le considerazioni sul destino ed un nuovo prima e dopo che sancirà le nostre vite, emergono le storie di resilienza, perché è prezioso non dimenticare anche quello che si è imparato sulle reazioni di fronte ad un improvviso cambiamento del quotidiano: la possibilità di adattarsi di fronte alla crisi e trasformarla in opportunità sono le risorse più grandi dell’essere umano.

Da psicoterapeuta ho la preziosa possibilità di avere una prospettiva vasta su quel che accade nell’anima delle persone di fronte all’emergenza. Le reazioni fisiche ed emotive si collocano su polarità opposte, ma credo sia importante evidenziare che lo STARE dentro (casa) sia una potente lente d’ingrandimento con cui poter riflettere sulla propria realtà emotiva, individuale, familiare, sociale, non dimenticandosi che tra un cosa sarà e cos’era, c’è la dimensione dell’oggi, l’unica di cui ci si può davvero occupare.

Come è stato nel post sisma, ognuno ha reagito a partire da quel che realmente è, con quello che ha e molte dinamiche nascoste si manifestano: le difficoltà di coppia e familiari diventano evidenti con la convivenza no stop, la permanenza attiva (ringrazio chi mi ha donato queste parole) di persone tutte sotto lo stesso tetto può essere un magico supporto, o una punizione da galera, la solitudine una calda compagnia per chi ha imparato a coltivarla, o un mostro da tenere a bada per chi non ci ha mai fatto i conti, distratto dalla frenesia quotidiana.

Anche la dimensione del tempo e del desiderio assumono una connotazione particolare, il non tempo della quarantena spesso va di pari passo con l’assenza di una dimensione altra.

 Mi manca viaggiare, il resto nulla, qualcuno o qualcosa che mi obblighi a fare, senza una spinta o un obbligo esterni rischio di passare la giornata in pigiama, il fatto di non avere desideri di programmazione, mi sento totalmente vuota anche se mi sono adattata benissimo e credo mi mancherà questo vuoto mentale, voglio un’emozione fatta di sensazioni, di libertà dell’imprevisto, la possibilità di fare sport all’aria aperta

Queste sono alcune delle alcune confidenze legate al cosa manca davvero.

La quarantena, strategia per far fronte alla pandemia, che ci troviamo a condividere con gran parte del mondo, pone ognuno di fronte alle proprie fragilità, alle paure ancestrali quali quelle della morte, della perdita, del cambiamento, del futuro e mentre si cercano risposte, vengono stravolte le domande legate alla propria vita a partire da quella in cui ci si chiede se la vita di prima piacesse davvero o fosse solo rassicurante.

Quando sembra non ci siano alternative, è il momento in cui la creatività, definita da Galimberti “la risposta dell’uomo all’arbitro di Dio”, trova spazio: l’arte culinaria va per la maggiore, di pari passo con l’espressione artistica di grandi e piccini che forse per la prima volta si ritrovano con i colori tra le mani insieme, il bisogno di movimento fa improvvisare palestre casalinghe in cui le casse d’acqua sostituiscono la ghisa per gli amanti del genere e le lezioni di yoga condivise a distanza diventano un appuntamento imperdibile, e poi la voglia di imparare cose nuove, di trasmettere quello che si conosce attraverso un webinar improvvissato, di scrivere e raccontare le proprie emozioni con le manifestazioni espressive più disparate e poi i grandi rituali condivisi, come il canto dai balconi, le candele accese, per rinnovare il senso di comunità ed appartenenza che in queste situazioni, non solo non si perde, ma si fortifica all’improvviso, oggi esattamente come ieri.

L’ altro volto della grande attività esterna è la manifestazione di emozioni interne che per molti diventano ospiti indesiderati: ansia, confusione, irritabilità, insonnia o ipersonnia, umore altalenante sono alcuni dei sintomi che si riscontrano e dei quali è prezioso prendersi cura oggi per non farci conti domani con il rischio di viverli in maniera amplificata, l’emergenza psicologica è purtroppo spesso messa in secondo piano, quando ormai è dimostrato che la salute dell’anima sia una monade indissolubile con quella del corpo (ricordo che l’intera comunità degli psicologi si è mobilitata per il supporto psicologico e chiunque può accedere ad uno o più colloqui di consulenza direttamente da casa).

Nel mio lavoro ho sempre posto il focus sulle risorse del singolo, anche quando in apparenza sono perse o nascoste dietro malesseri o sintomi che limitano il quotidiano, amo osservare come dietro gesti o parole che sembrano insignificanti si manifesti la potenza del desiderio di cambiamento o già il primo passo verso un nuovo modo di vivere.

L’ascolto con il cuore è uno strumento prezioso, oltre che una grande finestra sulla realtà: una cara amica si è laureata online è mi ha detto che ha scoperto la meraviglia di prepararsi per il gran giorno, viverlo e festeggiarlo con la persona più importante della sua vita, a cui non aveva mai pensato, se stessa, una paziente che in quanto medico è in prima linea, mi racconta di come ogni giorno faccia accesso a quel luogo interno, scoperto in terapia, per sentirsi forte e sicura anche nei momenti più difficili, un altro si prende cura di sè piantando semi come se fossero metafora di quel che stiamo vivendo.
Proprio ieri leggevo un’ intervista del Dott. Berrino che ricordava l’importanza di mantenere uno stile di vita sano perché la biologia stessa “ci ha insegnato che i microbi si comportano in modo diverso in base al terreno che incontrano ed il terreno siamo noi”, il ben essere emotivo influisce alla pari del cibo e del movimento.

Oggi, alle porte dell’anniversario di quel che ha sancito il prima e dopo di tutti gli aquilani, con il bagaglio emotivo che si porta dietro, per la prima volta la comunità si troverà a viverlo da dentro: il corteo con le sue fiaccole sarà sostituita da candele alle finestre; il tenersi per mano si trasformerà in un custodirsi nel cuore; le strade saranno vuote e le case piene… le stesse che abbiamo festeggiato ogni volta che si vedeva una nuova luce accesa significativa di un nuovo “rientro” dopo infiniti mesi fuori.

Forse possiamo fare appello proprio a quel calore cercato a lungo, consapevoli che è vero che ci sarà un dopo, perché nonostante tutto ci sarà; è vero che c’è un nuovo dolore da elaborare ed aggiungere al nostro puzzle della vita; che ci vorrà tempo prima di tornare ad abbracciarci.

Ma che forse questo tempo ci pone di fronte al chi vorremmo realmente abbracciare e che la paura è un grande strumento di potere e sta noi scegliere come affrontarla.

Ma ricordiamoci di “ non dimenticare” anche quello che di trasformativo abbiamo già imparato e che ogni verbo, prima di essere coniugato al futuro, o al passato ha il suo presente.

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