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Vivere in camper ai tempi del Coronavirus: la storia di Cristiano Fabris

Quarantena in camper nel Parco Nazionale d'Abruzzo : la storia di Cristiano Fabris, che ha stravolto la sua vita qualche anno fa e gira il mondo in camper, raccontandoci le bellezze che incontra sul suo cammino.

Cristiano Fabris è un uomo che ha scelto di vivere su quattro ruote e godere della scoperta del mondo che lo circonda. Dallo scorso 9 marzo, a causa del blocco causato dal Coronavirus, è fermo in Abruzzo, a Forca d’Acero, sulle montagne del Parco Nazionale. Da allora racconta i silenzi della nostra natura.

Sulle montagne del Parco Nazionale d’Abruzzo, a cavallo tra l’inverno e la primavera, nel pieno dell’emergenza Coronavirus, un camper bianco dal muso azzurro ha spento i motori interrompendo a metà strada il viaggio verso la Sicilia.

Nei primi giorni del contagio, con le notizie che si rincorrevano alla Tv, senza un apparente senso, Cristiano si preparava all’ennesima avventura. Alcuni amici lo aspettavano oltre lo stretto, lui avrebbe consumato ancora un po’ le gomme della sua casa mobile e il suo taccuino degli appunti si sarebbe arricchito di nuove storie.

La sua vita è questa, ormai da qualche tempo. Un uomo maturo con il background dell’élite milanese, cittadino abruzzese da trentadue giorni esatti. Da anni vive nella sua scatola su misura e viaggia per mari e monti facendoci vivere ogni avventura attraverso i suoi racconti. Un nomade per scelta. Di questi tempi, però, è diventato più complicato. Il suo ultimo viaggio è stato interrotto dal primo decreto Conte, lo scorso 9 marzo. Il blocco nazionale lo ha arrestato al confine tra Lazio e Abruzzo, al Passo di Forca d’Acero. Le notizie che arrivavano dalla Cina lo avevano messo in allarme già a fine anno vecchio. Tanto che aveva provveduto a potenziare le prestazioni di autonomia del camper già durante le feste natalizie.

Un economizzatore sul rubinetto dell’acqua, un generatore di ozono per la potabilizzazione dell’acqua e un pannello solare per ricaricare, al tempo stesso, sia la batteria al litio della cellula, che quella del motore. Vive ancora della maxi spesa fatta a fine febbraio, è totalmente indipendente e non necessita di nulla. Questo ha riferito alle forze dell’ordine di Pescasseroli e Villetta Barrea, da lui stesso contattate di buon’ora all’indomani della conferenza del Capo dello Stato. Da allora il suo camper fa compagnia ai silenzi del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Ha visto la neve delle scorse settimane e l’ha apprezzata nella sua infinita bellezza, pur dovendo fare i conti con le temperature rigide delle nostre montagne. Riceve spesso la visita a distanza dei carabinieri del posto, gentilissimi. Lui fa trovare loro la raccolta differenziata e racconta sui suoi canali social di quelle cime innevate, divenute casa per un tempo ben più lungo di quello che avrebbe immaginato.

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Vorremmo chiedergli come imparare a gestire il tempo. Come passare dallo stress dell’ufficio alle interminabili giornate sul divano. Come rendere utile l’ozio forzato al quale siamo costretti. «Cogliamo questa occasione per prenderci del tempo per noi. Dobbiamo dare valore alla nostra vita senza dipendere dalle situazioni o dalle circostanza. Riprendiamoci le nostre otto ore di sonno alle quali non eravamo più abituati, facciamo tutte quelle cose che abbiamo sempre rimandato perché non avevamo tempo».

Ho chiesto a Cristiano quale titolo darebbe alla sua folle storia. La sua risposta, inaspettatamente poco stravagante, trova ragione nel debito di felicità che ha pagato a se stesso. “Non è mai troppo tardi per cambiare”. Credetemi, lo dice con indiscussa credibilità.

L’aperitivo delle 19:00 lo buttava nella mischia milanese dopo otto ore dietro la scrivania. Ragazzo di buona famiglia, istruzione impeccabile e due lauree. La prima, quasi provocatoria, in Tecnologie per la Comunicazione. «Non serviva a niente». La seconda in Giurisprudenza, decisamente più utile a mantenere il passo della scalata professionale che lo porterà a diventare dirigente aziendale prima dei quarant’anni. Tornava a casa la sera con la pancia piena e le tasche ricolme. Svestiva il completo scuro e riponeva la cravatta assieme alle altre 2761 della sua personale collezione. Nel periodo in cui lavorava a Torino, per un tempo infinitamente lungo – come dice lui – di cinque anni, lui e il suo compagno, Marco, vissero una relazione “pendolare”. Milano-Torino non è poi questa gran distanza, eppure, secondo l’umoristica riflessione di Cristiano, per una coppia omosessuale i tempi per una convivenza erano decisamente maturi. “Noi facciamo tutto di fretta. Un anno di storia equivale a dieci anni di una coppia etero. Ci conosciamo il giovedì e la domenica siamo a pranzo dai suoceri”. Più facile a dirsi che a farsi. Risultato? Cristiano lasciò il suo incarico da dirigente da 4.500 euro mensili e il posto indeterminato, per sei mesi di contratto a tempo come impiegato a 1200 euro. Se questo basta a dare l’idea del suo sentimento, Marco non attese più di cinque giorni per dimostrare il suo. «Scusami ma credo che non siamo più compatibili. Credo sia meglio chiuderla qua».

Non è questo – evidentemente – il luogo dei commenti, sarà sufficiente spiegare la portata emotiva che l’improvvisa rottura ebbe su Cristiano. «Non avevo più una prospettiva di vita, non avevo più un lavoro, non avevo più le mie certezze. In compenso avevo un mutuo da pagare e un camper, che per ovvie ragioni divenne la mia casa, il mio posto sicuro. La notte non riuscivo a dormire e allora uscivo a piedi e camminavo per quaranta, quarantacinque chilometri, senza destinazione. Sono andato e tornato dall’inferno decine di volte. Avevo da poco acquistato casa a Milano, nella zona del bosco verticale. Sono passato dall’aver come vicina di casa Belèn, a non sapere più che fine avesse fatto la mia vita. Mettendo in affitto l’appartamento riuscivo a pagare la rata del mutuo, per il resto, terminati i sei mesi di contratto, vissi per poco tempo con la disoccupazione da impiegato, cercando conforto nei dieci metri quadrati del mio camper. Non ci crederete, ma quel pezzo di plastica mi portava mentalmente in vacanza».

A quel punto la svolta. La seconda vita di Cristiano Fabris cominciò col primo lungo viaggio a Capo Nord. Suo papà, quando aveva poco più di quattordici anni, gli promise duecentomila lire per andare in vacanza. Con quei soldi, quello che era un adolescente curioso e ben istruito, mise su un piano economico in grande stile e riuscì a stare fuori casa per trentasei giorni. Quell’esperienza gli aveva insegnato che la domanda giusta da fare non è “quanti soldi servono?”, ma “cosa puoi fare con quello che hai?”. Raccontare di quel viaggio, e di tutti quelli che seguiranno, ha fatto di Cristiano il Cristoforo Colombo delle terre già scoperte o, più commercialmente, il connubio umano tra Alpitour e Tripadvisor. Il patto fatto con sé stesso gli imponeva di essere felice. Essere un cittadino del mondo e allo stesso tempo un cantastorie per chi avesse necessità di conoscere, attraverso i suoi occhi, le meraviglie vicine e lontane, gli consentì di esplorarsi dentro, conoscendosi a fondo, come mai aveva tentato prima.

Cristiano vive nel suo camper e gira il mondo godendosi i silenzi e la sua indipendenza. Oggi scrive per una dozzina di testate ed è stato assunto da Green Peace dopo essere stato notato per aver scritto un articolo sull’ecosostenibilità. Ha un nuovo compagno, ormai da due anni. Paolo. Un farmacista di Cuneo che condivide appieno la sua nuova vita e non gli ha mai chiesto di rinunciarvi.

Cristiano ha fatto una scelta poco comune ormai sei anni fa. Vive della gioia che ha dentro e dell’emozione della curiosità. Aspetta il momento in cui l’emergenza finirà e torneremo alle vacanze stile anni ’80, magari viaggiando on the road alla scoperta dei luoghi che ci ha raccontato. “Non è mai troppo tardi per cambiare, l’importante è che il cambiamento colmi il debito di felicità con sé stessi”. Lo dice un cittadino del mondo, un cittadino d’Abruzzo. Lo dice uno che ha scelto di essere felice, nel suo camper dal muso azzurro e una sola cravatta nell’armadio, quella di suo nonno.

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