Diario del cerchio

Anziani e Coronavirus: danni collaterali

Contro la "pericolosa e inaccettabile cultura dello scarto": il coronavirus e gli anziani. Il contributo di Valter Marcone

Anziani e Coronavirus: c’è un pensiero orrendo che gira nascosto tra le pagine dei giornali, nei notiziari  di radio e tv ,nei pochi talk show ancora aperti in tempi di coronavirus.

Forse è il caso di ricordarsene  una volta finita questa pandemia per ricordarsi quanto di umano è rimasto  in questo mondo. Certo è difficile riferirlo e la sto prendendo alla larga perché  non trovo le parole adatte.

Me le faccio prestare da Giuliano Ferrara ex Direttore del Foglio che cinicamente come lui stesso riconosce dice :

“ma se il coronavirus funzionasse pandemicamente come una grande scrematura, facendo fuori molti della mia età e oltre a tutte le latitudini, molti con le “patologie pregresse” nei cinque continenti eccetera, ne sortirebbe un mondo più ricco, più eguale, più libero, più produttivo, più pronto ad affrontare il futuro? “

Bisogna riconoscerlo. Non è una mera ipotesi di studio: è purtroppo la realtà nella quale si sta sperimentando questo pensiero . Non so  se del tutto volontariamente o se , almeno in Italia , con il solito stile  della inadeguatezza da parte della politica nei confronti di tutto.  Un segnale  di come si sia o non si sia posta attenzione  ad alcune categorie come gli  anziani  con le loro cronicità, ai disabili con le loro necessità di assistenza  e a tutte quelle persone che si trovano in una condizione di fragilità che richiede estreme cautele. 

Leggo  opinioni a questo proposito e leggo  resoconti in cui vengono  riferiti  provvedimenti e iniziative delle autorità  in merito alla gestione  dell’epidemia di corona virus che francamente appunto richiamano  quel pensiero orrendo declinandone alcuni aspetti .  Per esempio  Adriano Sofri riferisce una affermazione di Giuseppe De Rita espressa in una intervista al Corriere della Sera : “Non parlo da un mese. Non mi piace nulla di quello che sta succedendo. Sa cosa accade in Olanda? Me lo ha raccontato mio figlio che vive lì. Gli over 70 hanno ricevuto un bel modulo in cui si impegnano, in caso di coronavirus, a non ricoverarsi in ospedale per non sottrarre posti a chi ha più possibilità di guarire. Il bello è che lo hanno firmato tutti. La mentalità lì è meno comunitaria, c’è una forte dimensione di autonomia, di prestigio dell’individualità. Quasi un esempio di coscienza pubblica: sono vecchio, se mi ammalo cerco di farcela da solo ma non tolgo spazio ai più giovani (…). Trovo corretta l’analisi del geriatra Roberto Bernabei. Gli anziani morti avevano alle spalle, in media, almeno due o tre malattie pregresse. Gli italiani hanno assistito a tutto questo con dolore e stupore. Poi si è capito che questa malattia anticipava ciò che sarebbe accaduto magari tra un anno. Come in un terremoto: un anziano con un bypass, con uno scompenso renale non ce la fa a salvarsi. Non voglio essere crudele ma è la verità”.  Il coronavirus in sostanza anticipa quello che comunque inesorabilmente accadrà agli anziani : moriranno. Solo che qualche  anziano  si permette di  obiettare : ma perché volete togliermi il diritto di morire quando mi spetta ?E magari mi spetta tra uno , due tre o tot anni .

In Spagna 4.260 ospiti delle case di cura nella sola regione di Madrid sono già morti dopo avere mostrato i sintomi di Covid-19, dall’8 marzo all’8 aprile. In Francia, le autorità hanno appena chiesto a questi istituti di comunicare i numeri dei decessi. Ad Amsterdam il virus fa strage di anziani nella casa di cura ebraica Beth Shalom. L’emittente belga Rtbf parla di 350 decessi nelle strutture di Bruxelles. Il proprietario di case di cura nel Devon, in Inghilterra, ieri parlando con Sky News ha parlato di una deliberata “importazione della morte nelle case di cura” e ha accusato il governo di sacrificare gli anziani. In Italia siamo arrivati ad una indagine della magistratura per capire qual è la vera entità di questo fenomeno . La cronaca ci offre notizie di Case di riposo in isolamento, di strutture dove il contagio del coronavirus non si è fermato, di Paesi isolati proprio a causa di questo, come accaduto a Nerola, un Comune alle porte di Roma. Qui in una residenza per anziani si sono registrati oltre 70 casi positivi. La morte degli anziani non può essere archiviata con facilità, farlo sarebbe l’effetto della “cultura dello scarto” che Papa Francesco ci ha insegnato a conoscere. La loro scomparsa è perdita di saggezza, di memoria, di percorsi che possono ancora dire molto, di un dialogo che si interrompe con i giovani.

In un appello sul quotidiano francese Monde, un gruppo di personalità laiche scrive: “Nella tormenta della pandemia, non dimentichiamoci delle persone anziane! Se non agiamo urgentemente con coerenza e con forza nelle settimane e nei mesi che verranno rischiamo, in Francia, in Europa e nel mondo, un’ecatombe. Rassegnarsi a questo esito è umanamente inaccettabile”. Sono firme illustri: Yves Agid dell’Académie des sciences, il saggista Pascal Bruckner, il neuropsichiatra Boris Cyrulnik, il filosofo Roger-Pol Droit e Didier Sicard, l’ex presidente del Comité consultatif national d’éthique. Ricordano “il principio etico del diritto alla vita di ogni essere umano” e invitano a “combattere questa barbarie insidiosa che porta a pensare che i più vecchi vadano difesi meno, quasi sacrificati”. Che lo stato o la società decidano in questo senso “è un’insopportabile prospettiva”.

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“L’Italia è stata duramente colpita dall’epidemia di coronavirus”, scrive Business Insider. Motivo? “Ha una delle popolazioni più anziane del mondo con il 60 per cento oltre i 40 anni”. “Uno sciame virale attraversa la terra”, ha detto Ilaria Capua. E’ uno sciame grigio che fa strame di anziani, in una sorta di eutanasia virale. “Il virus che risparmia i bambini e uccide i vecchi”, titola il Washington Post. Qualche osservatore ha notato che i quattro maggiori focolai mondiali dell’epidemia da Covid-19 sono anche i quattro paesi con il più importante tasso di invecchiamento: Cina, Italia, Iran e Corea del Sud.

Ma perché in Italia – affermano  due ricercatori, Moritz Kuhn e Christian Bayer economisti dell’Università di Bonn che in questi giorni, come tanti altri ricercatori in tutta Europa (vedi per esempio il gruppo Facebook Physicists Against Sars-Cov-2) stanno usando i social network per provare ad arricchire il dibattito pubblico con considerazioni di carattere scientifico in merito ai temi legati all’epidemia di coronavirus  – gli anziani sono maggiormente integrati nella vita dei più giovani e le dinamiche di scambio sono molto più presenti. “La percentuale delle persone di etá media che vivono con un genitore nella stessa casa, per esempio, è molto piú bassa in Germania. Ancora di piú se guardi alla Scandinavia. Un altro esempio sono i bambini che tornano da soli a casa dopo scuola e non c’è bisogno della nonna o del nonno che li vanno a prendere. Se gli anziani sono meno integrati tramite famiglie allargate è meno probabile che prendono il virus importato tramite contatti di lavoro” ha spiegato Bayer. I rapporti diradati coi genitori anziani permettono al virus di svilupparsi e di evitare il contagio.   “

Cinicamente qualcuno potrà osservare : ma sapete per esempio quanti bambini muoiono  al giorno nel mondo per mancanza di vaccinazioni ( e quanti ne moriranno  prossimamente in aggiunta a causa dei fondi bloccati da Trump all’Organizzazione mondiale della sanità che con le vaccinazioni  riduce questo numero spaventoso; o sapete quante persone muoiono per malnutrizione, per siccità, conflitti armati? Che differenza ci fa? Vi preoccupate d i un numero come  decine di centinaia  di  anziani e non pensate  alle cifre esponenziali di queste altre morti.

Non c’è differenza è il caso di controbattere perché la morte di un individuo  che non sia per cause naturali contravviene ad una legge di natura che appunto vorrebbe la morte alla fine di un ciclo di vita. Prima rappresenta una anomalia , un qualcosa che non si riesce ad accettare.

E allora le morti di anziani causate dall’infezione da  coronavirus  sollecitano per il momento ancora una riflessione  su due punti fondamentali  dal punto di vista etico : i danni collaterali e la politica degli scarti.Fin da quando si è cominciato a parlare dell’infezione da coronavirus ,prima epidemia poi diventata pandemia ,il linguaggio usato soprattutto  dai mezzi di comunicazione ma anche da parte dei politici ed altre fonti si è sempre più  parlato di guerra  usando metafore belliche . E il termine che più ha riscosso successo per così dire è quello di “danni collaterali”. Espressione stemperata e mistificata in un più rassicurante “ siamo tutti uguali “, “ siamo tutti sulla stessa barca”. Cosa affatto vera perché in questo frangente non siamo tutti uguali. Perché gli ultimi ce li stiamo perdendo per strada. Anziani, disabili disoccupati detenuti  migranti abbandonati  a Samos e nei campi libici.  Uomini donne e bambini . Numeri senza volti . Di fronte ad una emergenza  superiore  e peggiore di quella del 1929, perché tale si rivelerà tra qualche mese, con un calo del 9 % del prodotto interno lordo stimato per l’Italia , non si parla per esempio nemmeno lontanamente di ridurre  anche di poco per esempio le spese militari in Italia e nel mondo.

Dunque “ danni collaterali” come spiega   Zygmunt Bauman in un libro  dallo stesso titolo nel  linguaggio militare   sono “conseguenze indesiderate delle operazioni belliche che comportano costi altissimi in termini umani. Non sono però prerogativa esclusiva della guerra: i danni collaterali rappresentano uno degli aspetti più diretti e sconcertanti dell’ineguaglianza sociale che caratterizza la nostra epoca. Perché ad essere intrinsecamente votati ai danni collaterali sono i poveri, per sempre segnati dal duplice marchio dell’irrilevanza e dell’indegnità. Causare danni collaterali è più facile nei quartieri loschi e tra le strade più malfamate delle città che nelle tranquille zone residenziali abitate da uomini potenti e altolocati (e  in questo caso anche  gli anziani ).Tra l’occupare il gradino più basso della scala della disuguaglianza e il ritrovarsi ‘vittima collaterale’ di un’azione umana o di un disastro naturale esiste lo stesso rapporto che intercorre tra i poli opposti delle calamite, che tendono a gravitare l’uno verso l’altro.” Un concetto che è strettamente legato anche  alla “pericolosa e inaccettabile cultura dello scarto, come conseguenza della crisi antropologica che non pone più l’uomo al centro, ma ricerca piuttosto l’interesse economico, il potere e il consumo sfrenato” come afferma Papa Francesco.

Certo di rimedi ce ne sono basta volerli attuare  per far posto a quell’idea che da qualche settimana si sente ripetere : dopo il coronavirus niente sarà come prima . Niente sarà se avremo la forza,il coraggio, la voglia , di “ andare controcorrente, lottando anzitutto perché sia sempre tutelato il diritto di ogni uomo e ogni donna a una vita dignitosa. Non si tratta solo di soddisfare determinati bisogni, ma più ancora di vedere riconosciuto il proprio desiderio di essere accolti e poter vivere in autonomia. La sfida è che l’inclusione diventi mentalità e cultura, e che i legislatori e i governanti non facciano mancare a questa causa il loro coerente e concreto sostegno”.

Valter Marcone

“Diario dal cerchio” vuole richiamare la metafora del cerchio, in cui principio e fine, vita e morte, si identificano, rappresenta perfe ttamente l’unità dei contrari, esposta da Eraclito. Non si tratta di aspetti contrastanti, ma interdipendenti, perché l’uno implica l’altro: la vita corre verso la morte,come  “la stessa cosa sono il vivente e il morto”  secondo  Eraclito

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