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Coronavirus, stanchi di lievito e farina: scatta lo shopping della vendetta

Stanchi di comprare lievito di birra e penne rigate, dopo il lock down potrebbe arrivare il "revenge shopping". In Cina è già boom agli acquisti di beni di lusso. Il punto sull'aspetto sociale con la psicologa aquilana Chiara Gioia.

Il Coronavirus ha fatto scattare la caccia alla spesa con i supermercati presi d’assalto con uno shopping alimentare frenetico fatto di scatolette, tonnellate di farina e quintali di lievito (come se fossero tutti grandi panificatori.

Adesso, dopo la lunga quarantena, potrebbe prendere piede il fenomeno dello “shopping della vendetta” in inglese Revenge shopping.

Il revenge shopping si prefigura come la “spesa della vendetta” contro l’isolamento imposto dal Coronavirus, l’immobilità, il look acqua-sapone-tuta dominante nel “iorestoacasa” lontano dalle sprangate boutique del cuore.

Da un punto di vista psicologico questa forma di shopping assume il ruolo di “gratificatore”, una dose di “consumismo” volto a far stare meglio non solo se stessi oltre che l’economia italiana, fiaccata dal lungo periodo di chiusura.

Con il revenge shopping chi potrà permetterselo sostituirà gli acquisti essenziali con quelli lussuosi, superflui, e, soprattutto gratificanti per chi ha passato due mesi in compagnia di ciabatte, tute informi e mocio Vileda.

Il Coronavirus ha imposto un lungo isolamento e se da una parte c’è chi si è sfogato a cucinare anche se prima non sapeva imburrare nemmeno una teglia, c’è chi ha approfittato degli e-commerce per comperare attrezzi da palestra, m tinture per capelli, libri e tapis roulant da salotto.

Dalla fase 2, sperando di aver lasciato l’emergenza Coronavirus alle spalle, gli italiani potrebbero rispondere emotivamente come ha fatto la Cina post restrizioni da Covid.

In pochi giorni infatti il revenge shopping ha fatto registrare un boom di incassi 2,7 milioni di dollari in un giorno solo, fatturato mai raggiunto prima da un negozio in Cina, nella nuova boutique di Hermès a Canton.

Il “China daily” ha segnalato come in questi giorni ci sia una voglia di spendere più forte rispetto a crisi passate e concentrata su ristorazione, intrattenimento e viaggi.

Revenge shopping e psiche: tra bisogno reale e terapia

Il Capoluogo ha voluto analizzare i risvolti psicologici del Revenge shopping ascoltando un’esperta, la psicologa e psicoterapeuta aquilana Chiara Gioia, che in questi giorni di isolamento ed emergenza ha continuato a mantenere i contatti con i suoi pazienti attraverso un servizio di terapia individuale e telematico.

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Coronavirus, shopping  e metamorfosi sociale

“Ritengo importante partire nel fare una considerazione inerente la metamorfosi psicologica sociale che la città dell’Aquila, come il resto del nostro Paese, ha iniziato a vivere dal 5 marzo, avvenuta per causa naturale, la cui evoluzione ha innescato dei fenomeni oggetto di interesse da un punto di vista psico-educativo e socio-relazionale. Tutti quanti con la necessaria messa in atto del lockdown abbiamo iniziato a vivere all’improvviso l’inaspettato che ha avuto delle ripercussioni anche in merito agli acquisti, dove è venuto a mancare un proprio ‘genius loci’ commerciale (inteso metaforicamente per definire l’identità di un luogo) alimentando di conseguenza una rete di relazioni virtuali, di più facile accesso”.

“Il passaggio avvenuto è dunque da una cognizione sociale ad una cognizione virtuale, e tale passaggio ci mette in evidenza come il fenomeno della Pandemia, ha imposto uno stravolgimento psichico anche nel reimmaginare, e di conseguenza vivere, incentivando e amplificando l’uso di internet, tra cui anche il fenomeno dello shopping”.

Coronavirus e shopping: acquisti necessari o compulsivi?

“Il filo che divide la reale necessità di acquistare beni necessari e viziosi per gratificarci dal rischio di iniziare ad entrare in un circolo che conduce un individuo a mettere in atto comportamenti che potrebbero essere l’anticamera di una probabile new addiction è sottile, e altra considerazione che è giusto fare è anche sulla base di dati statistici che fanno riferimento a un report pubblicato da App Annie, durante il Q1 2020 si è registrato un incremento piuttosto importante nell’utilizzo degli smartphone. Per i dispositivi Android si parla di un incremento pari al 20%per quanto riguarda il tempo settimanale speso in applicazioni e giochi. I cambiamenti più significativi sono stati registrati in Italia, Francia, Germania e USA, dove il nostro Paese ha visto un +30% di utilizzo rispetto al Q4 2019″.

Già siamo in un’epoca dove le relazioni virtuali diventano progressivamente più importanti di quelle reali e questo anche nel rapporto con gli acquisti, tutto ‘è più facile e immediato’. Certo è che se in questa prima fase di pandemia la modalità dello shopping virtuale è risultata essere utile, nella fase successiva verso la quale ci avviciniamo, alcune persone, magari quelle più ‘fragili’ rischiano di andare incontro ad un progressivo isolamento, generando un mondo parallelo, in quanto adattati nella modalità dell’acquisto on line”.

Inoltre sono del parere che il fenomeno del revenge shopping (diverso dello shopping compulsivo) avrà alla base la motivazione di trovare una reale, concreta e consumata gratificazione che nella fase di restrizione è venuta a mancare. Il re-immaginare anche la modalità di acquisto a mio avviso ha generato anche il ri-attribuire nuovamente il giusto valore, per ognuno, delle cose da acquistare”.

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