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Coronavirus e partite Iva: “Altro che Cura Italia, rischiamo di estinguerci”

Coronavirus, il grido di dolore delle partita Iva aquilane: "Se lo Stato non ci assisterà seriamente rischiamo l'estinzione".

“Abbiamo bisogno di aiuti concreti per ripartire dopo l’emergenza Coronavirus altrimenti richiamo di estinguerci”.

Continuano le richieste di aiuto da parte di imprenditori e commercianti aquilani che dopo due mesi di chiusura non sanno come fare per ripartire dalla fase 2 dopo l’emergenza Coronavirus.

Lo sfogo arriva al Capoluogo da parte di un imprenditore nel campo della ristorazione che come tanti cerca di barcamenarsi, in un contesto come quello aquilano, già fiaccato dalla difficile ripartirenza successiva al terremoto del 6 aprile 2009.

È di queste ore la decisione della presidenza del Consiglio dei Ministri di consentire l’asporto per quanto riguarda la ristorazione. I locali potranno riaprire al pubblico invece a giugno, fermo restando i distanziamenti per evitare una nuova diffusione del Coronavirus.

“Le richieste di chi lavora nel campo della ristorazione o del commercio sono tante, una diversa dall’altra e manca innanzitutto un’unione di intenti che sarebbve utile per ripartire tutti insieme lasciandoci finalmente l’emergenza Coronavirus alle spalle”, spiega l’imprenditore al Capoluogo.

“Sono uno dei tanti piccoli imprenditori – chiarisce – che ha creduto e crede nelle potenzialità di questa città, nell’Aquila post sisma e questi 2 mesi di chiusura proprio non ci volevano con tutte le conseguenze che stiamo patendo a partire dagli affitti che non sono stati bloccati”.

“Il nuovo inizio della piccola impresa aquilana – continua – si può datare al 7 aprile 2009. Chi come me lavora da sempre con la partita Iva è stato una sorta di anno zero. Dopo 11 anni abbiamo cominciato a risalire la china, in un contesto nazionale che vedeva, prima del Coronavirus,  le altre imprese e attività che cercavano di sviluppare e raccogliere i frutti di un lavoro che poteva essere generazionale. Noi all’Aquila abbiamo ricominciato da capo, come se fossimo nati una seconda volta ma con un fardello pesante da portare!“.

Per molti di loro infatti il post sisma è stato caratterizzato da tante problematiche: la delocalizzazione, capire dove spostare le proprie attività e trovare le energie giuste per ripartire.

 

“Nell’immediato post sisma c’erano i centri commerciali che si sono rivelati in alcuni casi un gran fiasco. Questi 11 anni inoltre hanno segnato grossi cambiamenti, con un prepotente passo avanti dello shopping online che ha tagliato le gambe a tante piccole attività”.

“Ci sono stati vari progetti tra cui Fare centro che ha consentito alle aziende di pensare di tornare nel cuore storico della città dovendo affrontare difficoltà che prima del terremoto non esistevano”.

“Prima del sisma in centro c’era la vita ‘vera’ di tutti invece adesso il lavoro che si fa in questo contesto è soprattutto serale e relegato alle attività legate alla movida”.

Post-sisma ed emergenza Coronavirus: le difficoltà attuali

“Adesso il problema qual è? Siamo chiusi da due mesi, abbiamo dovuto saldare utenze, affitti, fornitori che hanno messo all’incasso gli assegni e tanti di noi sono rimasti a corto di liquidità. Il Decreto Cura Italia sta assicurando un sostegno ma ci sono difficoltà per avere i soldi. Se hai una situazione pendente, un vecchio prestito contratto, ti chiedono di chiudere prima la situazione iniziale e poi ti danno ciò che resta (se c’è ancora qualcosa). Quindi, chiudi il tuo debito ma non ti resta abbastanza per ripartire!”.

“Cosa faremo? Appena ci danno l’ok riapriremo a tutti costi. La difficoltà sarà andare a rimodulare i canoni con i proprietari che in alcuni casi sono stati irremovibili e qualcuno probabilmente ‘salterà’, ma secondo me si tratta di persone che avevano già grandi difficoltà già prima dell’emergenza Coronavirus”.

Riaprire subito, ma con dei costi da sostenere.

“Santificare, colonnine per i detergenti, guanti, parafiato in plexiglass, materie prime per chi ha ristoranti e locali perchè la maggiorate di ciò che era rimasto nelle celle e in frigo è stato dato via… Serve aggiungere altro? Da qualche parte comunque bisogna ricominciare, altrimenti ci saranno non solo perdite di altri soldi ma soprattutto di speranze“, conclude.

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