Abruzzo e borghi interni: salviamo il salvabile

Abruzzo quinto al mondo come posto dove vivere meglio: ma l’Abruzzo interno soffre per la mancanza di una strategia unitaria di valorizzazione. L’analisi di Fulgo Graziosi
Questa volta il regalo mi è stato offerto da un quotidiano americano, “Huffington Post”, che ha pubblicato una bella foto di Campo Imperatoreinnevato con lo sfondo del Gran Sasso d’Italia.
L’immagine è servita per attirare l’attenzione dei lettori per la pubblicazione dei risultati di una interessante ricerca effettuata su dodici posti del globo, allo scopo di individuare quelli dove si possa vivere meglio. Guarda caso, l’Abruzzo ha saputo conquistare un prestigioso quinto posto nella classifica mondiale.
Vale la pena rendere evidente la graduatoria per meglio apprezzare l’ambita posizione conquistata dalla Regione. Questa è, appunto, la classifica generale: Algarve (Portogallo), Cayo (Belize), Medellin (Colombia), Pau (Francia), Abruzzo (Italia), George Town (Malaysia), Las Terrenas (Repubblica Domenicana), Cuenca (Ecuador), Chiang Mai (Thailandia), Puerto Vallarta (Messico), Granada (Nicaragua) e City Beaches (Panama).
Non basta. Secondo lo stesso quotidiano l’Abruzzo detiene anche il primo posto nell’ambito nazionale.
Ho provato una bella soddisfazione nel leggere, tra le righe, che la nostra Regione è stata incoronata come il quinto ambiente dove si vive meglio al mondo. Un tesoro prezioso, ma nascosto nel nostro Paese. Abbiamo delle potenzialità, tutte da scoprire e da sfruttare, che altri territori non hanno.
La disponibilità, in poco spazio, di mare e montagna, con la presenza di diversi Parchi Nazionali e Regionali raggiungibili in poco tempo ci consente In giornata di fare il bagno al mare e godere il fresco delle colline e delle montagne nelle ore pomeridiane per apprezzare una qualità di vita veramente sana. Gli americani hanno molto apprezzato l’integrità del nostro territorio, lo stile di vita degli abruzzesi e le tradizioni, rimaste intatte nel corso dei secoli. Un altro punto di forza, abbastanza qualificante, è stato anche il tipo di alimentazione. Infatti, molti ristoranti offrono piatti tipici realizzati secondo le ricette delle antiche tradizioni: pasta fatta a mano, arrosticini, carni locali e dolci tipici abruzzesi.
Gli entusiasmi e le soddisfazioni vengono impietosamente mortificati dalle notizie contenute in altre pubblicazioni che, puntualmente, mi vengono offerte dall’ISTAT per i rapporti intercorsi negli anni passati. Non fa piacere leggere che siamo passati da 1.333.939 abitanti del 2013 a 1.311.580 del 31 dicembre 2018. Abbiamo perduto in percentuale l’1,68%, pari a due volte e mezzo rispetto all’indice nazionale attestato allo 0,70%. La densità abitativa si è concentrata sulla fascia costiera, interessando, però, non più di otto o nove città. In particolare le Province dell’Aquila e Chieti hanno registrato il maggior decremento dei centri montani, anche perché le altre due Province non dispongono di un evidente territorio collinare montano. Il calo demografico è imputabile alla diminuzione delle nascite, specialmente nei centri dell’entroterra, a causa dell’abbandono del territorio da parte dei giovani, orientati a scendere a valle per maggiori occasioni di lavoro e per la presenza di servizi più confortevoli. Nelle aree collinari e di montagna non si verifica neppure la possibilità della compensazione delle nascite con la presenza degli immigrati. In queste zone non ci sono immigrati, che preferiscono sistemarsi nei centri più abitati e più confortevoli.
Questa, sicuramente è una delle ragioni che dovrebbe sollecitare l’impegno dei nostri Amministratori Regionali per pianificare, con tutta l’urgenza che il caso richiede, la destinazione di risorse, capaci di stimolare e incentivare il sistema produttivo locale, allo scopo di ottenere una tangibile ricaduta sul territorio con l’incentivazione di attività agricole, forestali, artigianali, commerciali, turistiche e culturali.
Capaci di favorire adeguate opportunità occupazionali. Mi dispiacerebbe se dovessero passare inosservate le attente determinazioni dei ricercatori americani che, proprio nei centri montani, hanno individuato le potenzialità naturali, ambientali, tradizionali, sociali, paesaggistiche, culturali e culinarie legate alle antiche tradizioni abruzzesi. In un precedente intervento avevo ipotizzato che la Regione potesse, anche in questo caso prima in Italia, riservare un trattamento ausiliario a favore dei cittadini che vivono nei Comuni montani con la riduzione di alcuni costi della vita quotidiana, che lo Stato ignora o non riesce a intercettare, poiché riguardano una sparuta minoranza.
La Regione, invece, potrebbe agevolare la vita degli abruzzesi, specialmente di quelli collocati nelle fasce collinari e montane, con la riduzione del costo del gas.
Avevo ipotizzato la divisione del territorio regionale in quattro fasce altimetriche, in maniera da non danneggiare nessuno. Allo scopo di agevolare il compito della Regione, senza la minima pretesa di estrarre soluzioni dal cilindro del giocoliere, vorrei suggerire di prendere in considerazione questa proposta, sulla quale potrebbe essere intavolata una eventuale pianificazione dell’intervento regionale, fermo restando il coinvolgimento dei gestori della materia, chiamandoli a concorrere sensibilmente nella iniziativa con qualche modesto sacrificio finanziario, compensato, tra l’altro, dall’eliminazione dei costi dei letturisti e delle fatturazioni bimestrali, o trimestrali, anziché mensili.
La Regione potrebbe intervenire, cercando nelle economie di bilancio, alcune disponibilità economiche e, senza ricorrere alle alchimie contabili, potrebbe eliminare la modesta imposizione regionale, pari allo 0,010330, sul costo della fornitura del propellente. Ho cercato di rendere accessibile a tutti il concetto, sintetizzando al massimo i contenuti della proposta in questo semplice prospetto:
Naturalmente, su questa base possono essere aperte analisi, discussioni e proposte per giungere alla soluzione, che appare quanto mai urgente e indifferibile, anche perché gli abitanti dei centri collinari e montani attendono da anni la soluzione di questo annoso problema, più volte portato all’attenzione dei rappresentati politici nazionali e locali.