Spettacolo

Coronavirus, il diario di un non intubabile: Alessandro Benvenuti

Coronavirus, la crisi investe anche il mondo dello spettacolo. L'intervista del Capoluogo all'attore toscano di cinema e teatro Alessandro Benvenuti. "Non siamo considerati come lavoratori".

“Noi attori, ‘maltrattati’ dalle istituzioni che non solo non ci riconoscono ma nemmeno ci menzionano”: l’intervista de Il Capoluogo ad Alessandro Benvenuti

RaggiungiamoAlessandro Benvenuti, volto noto del cinema e teatro italiano, al telefono nella sua casa romana con la moglie e la figlia Carlotta: come tanti, è in casa dal 7 marzo.

Schivo e riservato da sempre, un signore garbato dello schermo e del palcoscenico, al tempo della pandemia Alessandro Benvenuti ha aperto virtualmente al pubblico le porte della sua casa romana e attraverso i social ha fatto conoscere un po’ della sua intimità, dell’Alessandro quotidiano che come tutti i colleghi è preoccupato anche per i risvolti economici che l’emergenza Coronavirus porterà alla sua carriera e al suo futuro.

Il Capoluogo lo ha intervistato per commentare insieme non solo l’ultimo decreto del Governo, “dove ancora una volta – spiega – la parola attore non è stata menzionata. Per lo Stato probabilmente non esistiamo o ci reputano molto ‘fortunati’, come dicono in tanti”. Ma soprattutto per toccare con mano la situazione di una fetta dell’Italia non considerata a livello istituzionale: quella degli artisti e di tutto il comparto lavorativo che c’è intorno a una produzione.

Benvenuti sta scrivendo tanto in questo periodo e intrattiene il suo pubblico virtuale sui social. Sul suo profilo Instagram ogni giorno c’è una puntata “Dal diario di un non intubabile”. Poche righe, dove racconta episodi della sua carriera, emozioni e sensazioni.

Sta scrivendo due spettacoli nuovi e sempre da casa organizza la situazione per i teatri di Siena e il Tor Bella Monaca di Roma di cui è direttore artistico.

Anche i miei progetti sono stati messi in stand by – spiega Benvenuti al Capoluogo – avevamo un debutto che speriamo venga rimandato alla prossima stagione, ci sono gli episodi da girare della serie dei Delitti del Barlume… insomma, tutto quanto messo in campo da chi come me vive del proprio lavoro, con fatica e passione”.

Benvenuti non è spaventato: “Sono un ragazzo di paese, toscano, quindi questo modo di vivere la casa non mi preoccupa. Sono tornato indietro ai pomeriggi della mia infanzia e adolescenza, con l’unica differenza che adesso dobbiamo confrontarci con un’emergenza non solo sanitaria ma anche economica e che investe anche il mondo dello spettacolo a cui appartengo”.

“Noi artisti siamo i precari per eccellenza. I contratti li fanno se lavori, se fai qualcosa, ma non c’è una sicurezza. Il nostro è un precariato storico ma è anche giusto che sia così: come in tutte le libere professioni sono i rischi che accetti quando decidi che strada prendere nella tua vita”.

“La nostra situazione al tempo del Coronavirus è stata sottovalutata dalle istituzioni ma anche dalla gente comune, convinta che il nostro sia un mondo fatato – aggiunge – Non tutti possono capire: anzi, in pochi accettano che quello dell’artista è un lavoro a tutti gli effetti”.

“Pensano che si scherzi… che il nostro lavoro cominci e finisca  con la prima a teatro o al cinema. Dietro quelle due ore di spettacolo ci sono settimane, mesi di preparazione, di prove, di sacrifici e di spostamenti”.

C’è tanta amarezza inoltre perché non tutti sembrano percepire la criticità di questa situazione.

“In questo periodo di isolamento sto usando molto più di prima i social. Sono rimasto molto colpito dalla banalità di alcune affermazioni. Avevo scritto un post, tra il serio e il faceto, in cui mi rivolgevo al premier Conte che aveva ‘dimenticato’ gli attori tra le persone da salvaguardare in questo momento, un utente mi ha risposto: ‘Ma perché lei vorrebbe che riaprissero subito cinema e teatri?’ Le persone non percepiscono che la nostra è un’industria, come tante altre“.

“Soprattutto – chiarisce – sappiamo benissimo che sarà molto difficile ritornare velocemente alla vita di prima. Ci vorrà del tempo prima che si possa riaprire un teatro o un cinema e noi dobbiamo aspettare come tutti gli altri. Intanto abbiamo intrattenuto le persone a casa con le serie tv, i film in televisione o sulle piattaforme a pagamento… Se non ci fosse stato il cinema come avrebbero riempito in tanti i vuoti che questa pandemia ha generato?”.

Non siamo considerati come lavoratori, piuttosto come dei fortunati, dei leggeri che hanno una bella vita fatta di soldi, tante donne intorno. Non si rendono conto che la cerchia dei fortunati nel nostro settore è ristrettissima e migliaia invece sbarcano giornalmente il lunario. parlo di tutte quelle che rendono possibile un film o uno spettacolo: tecnici, truccatori, comparse, operatori che lavorano anche 12 ore al giorno”.

“Ci hanno messo l’etichetta di ‘furbetti dello spettacolo’ perché chi non sta lavorando anche nel nostro settore ha fatto richiesta per la cassa integrazione. Io non sono ricco, ma ho scelto di non chiederli, non volevo togliere 600 euro a qualcuno che poteva averne più bisogno. Chi lo ha fatto, anche nel mio settore, è stato mosso dal bisogno e dalla disperazione”.

Qual’è la situazione retributiva  nel mondo dello spettacolo?

“Ci sono attori che non hanno i contributi Enpas del 2019, perché per lavorare accettano dalle produzioni delle condizioni tali per cui alla fine subiscono delle decurtazioni. Etichettandoci come ‘furbetti’ si fa un danno alla categoria intera! Il Coronavirus ha solo scoperto un nervo, il mondo dello spettacolo era in crisi da prima, una situazione che costringe molti a sottostare a condizioni lavorative tremende anche dal punto di vista umano”.

Oggi il nostro compito è rallegrare gratuitamente gli italiani attraverso l’uso dei social oppure veniamo chiamati a fare da testimonial di raccolte fondi per la Protezione civile. Tutte attività che io personalmente faccio molto volentieri, vorrei solo che si capisse che usano noi perché evidentemente sanno che riusciamo ad arrivare al cuore della gente. Non siamo una categoria ‘inutile’, meritiamo la stessa dignità degli altri!”.

“Alla base c’è poco rispetto e poca cultura. Che sia cinema, teatro o televisione bisogna uscire dal luogo comune. Il Coronavirus è anche una tragedia economica che ha investito tutti, nessuno escluso e noi ci siamo dentro come gli altri”.

Ma qualcosa di bello Benvenuti lo ha trovato anche dalla reclusione causata dal Coronavirus.

“Quello che di bello c’è durante la pandemia è che ho utilizzato questo tempo sospeso per stabilire un rapporto più intimo con le persone che mi seguono da tanto tempo. ‘Il diario del non intubabile’ non è un semplice passatempo o funzionale alla scrittura, è anche un modo per sentirmi più vicino al mio pubblico. Io che sono estremamente riservato non avevo mai messo sui social cose che riguardassero la mia intimità ma ho sempre pubblicizzato solo il mio lavoro. Adesso mi sono presentato in prima persona, ho raccontato di me ho aperto in qualche modo le porte di casa in un rapporto davvero più intimo ma anche a rischio!”.

Ho fatto cadere i veli, ho preferito questo a fare spettacoli in streaming o altro. Il rito del teatro è un rito sacro, non si può fare in streaming. Non sto giudicando chi lo fa, io ho spiegato le mia ragioni, per me è una sorta di profanazione: l’inquadratura teatrale è unica e va vista a teatro nella sua totalità”, conclude.

La foto allegata all’articolo è stata scattata dalla figlia Carlotta Benvenuti, grafica e fotografa che sta curando in questa periodo l’immagine del profilo Instagram del papà con foto toccanti e significative di questo periodo di clausura.

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