L’Aquila USA, il racconto di Marina: “Il Covid fa strage ma si vuole già ripartire”

30 aprile 2020 | 07:03
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L’Aquila USA, il racconto di Marina: “Il Covid fa strage ma si vuole già ripartire”

Marina Lomoro, originaria della provincia dell’Aquila, si racconta da Boston, in emergenza Covid. “La gente ha paura, ma si parla già di ripartire”. Intanto gli USA contano le stesse vittime della Guerra in Vietnam

Il racconto di Marina, originaria di Morino, un piccolo paese in provincia dell’Aquila, dagli USA:

“Ci sono disposizioni da seguire, ma nulla di così restrittivo per la quotidianità. L’evoluzione del coronavirus negli Stati Uniti, però, fa paura. I dati fanno paura“.

Mentre l’Italia è divisa tra chi critica le misure stringenti della Fase 2 e chi plaude ai freni posti dal Governo alla riaperture,dall’America, precisamente dal Massachusetts, italiani a stelle e strisce e americani ci guardano con un po’ di sana invidia.

“I contagi crescono. Da un mese anche qui ci sono misure più severe. Ma alcuni Stati parlano già di riaperture anticipate per rispondere alla paralisi economica. La situazione è preoccupante”.

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Usa, Coronavirus e paura: la testimonianza da Boston

Proprio l’Italia è stata il primo campanello d’allarme per gli americani. La situazione precipitata all’improvviso, da Codogno all’intero territorio nazionale, e il sistema ospedaliero al collasso, hanno allertato gli USA. Quando i contagi – di quella che da influenza è diventata pandemia – sono arrivati anche in America è scattata l’ora dei provvedimenti.Scuole chiuse, sport fermo, chiuse le attività non di prima necessità.

Nell’occhio del ciclone sono finite, in primis, case di riposo e grandi aziende da macello. Soprattutto nei macelli la situazione è spesso degenerata: si sono creati veri e propri focolai di contagio. Molte strutture sono finite sotto investigazione. Trump, tuttavia, sta già lavorando per far ripartire la filiera, come riporta Il Sole 24 Ore.

Serrande abbassate anche per bar e ristoranti, va avanti solo il servizio d’asporto, “il to go, come si chiama qui da noi”, ci spiega Marina.

“Sul fronte contagi, parlando di fasce d’età ricomprese ogni 10 anni, le più colpite sono: quella delle persone dai 50 ai 60 anni e quella dagli 80 anni in su, per quanto riguarda Boston. Questi sono i dati sui quali mi tengo informata guardando ogni giorno i telegiornali. Inoltre quotidianamente c’è una diretta a reti unificate del governatore del Massachusetts e un approfondimento del sindaco di Boston, per un aggiornamento sulla situazione Covid a livello locale. Mentre resto in casa, limitando le uscite al minimo indispensabile, come la necessità di fare la spesa nei supermercati più vicini”.

Numeri che si portano dietro anche una scia preoccupante di decessi. Boston come Bergamo, titolava qualche quotidiano italiano solo qualche giorno fa. Il motivo consisteva in non una ma 15 pagine di necrologi, che avevano trovato spazio sul Boston Globe nell’edizione del 19 aprile.

Boston Globe

Coronavirus, salgono le vittime negli USA: come in Vietnam

Le restrizioni sono state imposte ormai da un mese, ma in un certo numero di Stati sono partiti già alcuni allentamenti delle misure adottate. Dal Texas alla Florida, dalla Georgia al Colorado. Il 18 maggio è la data stabilita per far ripartire nel vero senso della parola l’economia anche negli Usa, nonostante alcuni esperti di sanità pubblica stimino che le cifre sui contagi potrebbero continuare a salire in maniera rilevante. Una data non contemplata, invece, per le zone più colpite dalla pandemia, la città di New York per prima.

I contagi in tutto il paese hanno superato il milione : sono raddoppiati nel giro di due settimane. Il numero delle vittime, 58mila, ricorda tristemente le vite spente per sempre in Vietnam. Dati che bastano a rendere il senso di un’emergenza di cui si fatica a vedere la fine.

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L’opinione pubblica nazionale, comunque – che sia Boston o che siano altre città statunitensi – è quella di adottare la massima precauzione. I dati ci lasciano molto incerti e preoccupati per l’evoluzione del Covid e della situazione qui da noi. La differenza rispetto ad un mese fa è evidente, me ne accorgo quando esco di casa. Le strade, sempre più spesso, sono vuote. L’atmosfera è surreale. Nel mio caso, poi, il quartiere di Boston in cui vivo è in centro ed è sempre pieno di movimento. Ci sono moltissimi locali, numerosi uffici. Eppure anche qui la normalità è un ricordo, con qualche eccezione”.

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Al blocco dell’economia, comunque, è seguito un immediato intervento di sostegno ad aziende e cittadini. 300 miliardi agli americani: 

“Cioè 1200 dollari alle persone che guadagnano meno di 75mila dollari all’anno e 500 dollari per ogni figlio. Aiuti decrescenti per i lavoratori che guadagnano fino a 99mila dollari annuali”.

Sostegno anche a imprese e autorità locali. Si tratta, in sintesi, del piano di intervento più imponente mai varato nella storia degli Stati Uniti. Partito, inoltre, il piano di soccorso per le PMI, 310 miliardi per combattere la crisi dettata dalla pandemia.

Coronavirus, il ‘caso’ Massachusetts

A Boston non si può uscire dalle 21 alle 6 del mattino, ci spiega Marina Lomoro. Non ci sono disposizioni a carattere normativo per l’orario giornaliero: ma è stato raccomandato di evitare gli assembramenti.

Molti uffici ancora sono aperti. Io lavoravo fino a poco tempo in ospedale, poi ho lasciato. Ora sarà obbligatorio indossare le mascherine per le uscite. In zona si trovano tranquillamente, più complicato invece risulta procurarsi i gel disinfettanti”.

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La situazione emergenziale in America ha visto emergere- dato che segna un autentico caso – un quadro ottimistico della situazione nello Stato del Massachusetts, come in nessun altro. Si tratta, infatti, dello stato che conta meno residenti non assicurati d’America. “Circa il 97/98% degli abitanti risulta assicurato e c’è grande abbondanza di ospedali e centri medici“, ha spiegato Jon Kingsdale, professore della Boston University e primo direttore del Massachusetts Health Connector, al Corriere della Sera. Non basta comunque a non avere paura.

“Ho paura e onestamente le ultime dichiarazioni di Trump non hanno sicuramente contribuito a rassicurarmi. La mia impressione di cittadina è che gli interventi siano arrivati un po’ tardi. In queste settimane che mi attendono cercherò di restare chiusa in casa, per quanto possibile, sperando che tutto si risolva per il meglio. Anche perché tornare in Italia non sarebbe neanche possibile, ma non escludo di rientrare alla fine di tutto. Seguo la situazione, tenendomi in contatto con mia madre o tramite i siti internet. E sono consapevole che il paese sia in ginocchio, però la nostra bella Italia mi manca. Noi abbiamo ottimi ospedali in America, eppure, nella gestione di questa emergenza, mi manca anche la sanità italiana, almeno quella degli ospedali più organizzati”.