Cocullo ai tempi del Coronavirus, la fitta trama di serpi, santi e serpari

Cocullo, 1 maggio senza l’antico rito dei Serpari. Da secoli decine di serpenti su San Domenico e migliaia di turisti. tra rito religioso e pagano
IlCapoluogo vi porta indietro, a vivere l’antica tradizione dei serpari, che centinaglia di migliaia di fedeli hanno vissuto per secoli. Quest’anno Cocullo resterà vuota, la statua di San Domenico non si vestirà di serpi e non sfilerà per le vie del paese.

Cocullo, l’antica tradizione della festa dei serpari
La magia di Cocullo nasce un po’ per caso. Si imbocca l’autostrada A25 di mattina presto, quando il sole lancia poche frecce di calore e l’aria è frizzante. Si procede a passo tranquillo e sereno, tenendo a mente un solo obiettivo per il primo maggio, e cioè la festa di San Domenico Abate e la sua suggestiva realizzazione.

1 maggio, la tradizione del rito dei serpari
[i]IlCapoluogo.it[/i] ha ripercorso i passi che ogni anno migliaia di pellegrini, veri o presunti, intraprendono per giungere alla meta più affascinante e al contempo antica che esiste nel brullo e gentile Abruzzo. E’ il rito dei Serpari, una secolare tradizione che allunga le sue radici nodose e polverose in un tempo talmente mitico e leggendario da essere andato perso nella memoria degli anziani.

Oltre ventimila persone ogni anno raggiungono il paese marsicano, attratte dall’originalità di un rito che non è possibile paragonare a nessun altro al mondo.
«Il rito di San Domenico ha una vita estesa nel tempo – ci raccontano a Cocullo -. Non ci sono date, né informazioni precise. Il culto è popolare e si tramanda oralmente tra il popolo. Ogni anno la popolazione raccoglie circa 80 serpenti. I turisti toccano quota 20mila, ma in alcuni anni sono arrivati addirittura a 40000 persone.
E’ sicuramente un’esperienza unica che aiuta molti a superare quel pregiudizio e quella fobia legata alla figura del serpente».

Nell’aria il sapore della festa. Sul volto dei cocullesi l’onore e la soddisfazione. Su quello dei visitatori, lo stupore e la meraviglia.
Auto parcheggiate sul ciglio della strada sino ad invadere la frazione di Cocullo, Casale. La gente viene da tutta la regione e non solo, dalla vicina Sulmona, da Avezzano, dalla costa pescarese e da L’Aquila e viene a Cocullo ogni anno il primo maggio, come da tradizione.
La particolarità della tradizione prevede che la statua di San Domenico venga portata in processione ‘vestita’ di serpenti vivi, catturati nei campi il mese precedente e appositamente preparati.

Il momento più atteso è intorno a mezzogiorno e trenta, quando la statua del santo viene fatta uscire dalla chiesa di Santa Maria delle Grazie.
Fuori, ad attenderlo, i serpari, pronti a vestirlo con centinaia di cervoni e biacchi raccolti nei giorni precedenti, all’uscita del primo sole primaverile.

1 maggio, la leggenda di San Domenico
San Domenico, secondo la leggenda, sembra possedere il potere taumaturgico contro il morso dei serpenti e dei lupi. Ma anche quello di guarire il mal di denti. E proprio per invocare la sua protezione, i fedeli, nel giorno della festa, suonano una campanella posta all’interno della chiesa, utilizzando i denti molari.

Ogni storia comincia da un c’era una volta. E la volta di Cocullo è difficile da non notare. Un paese di 300 anime che accoglie una volta all’anno migliaia di persone, curiosi e cristiani in attesa di un momento unico e memorabile: l’uscita della statua del Santo dalla chiesa principale del paese e la sua sfilata fra le vie cittadine, bardato di serpi, protetto dai serpari.
Il rintocco delle campane ha segnato il passo della gente presente. A Cocullo, si comprende come la fede abbia bisogno di stare in mezzo al popolo, di crescere con esso e lasciarsi crescere da esso, soprattutto. Un rito che nasce pagano e invecchia cristiano. Abbiamo chiesto al presidente della pro loco il complimento più bello che hanno fatto alla sua festa.
«Il rito aiuta ad avere un contatto più denso e pregno con la natura, tutto qui. Al di là della credenza, è proprio il miracolo umano quello che importa: si impara ad amare i serpenti, e con essi tutte le facce di questo mondo a volte difforme».
*foto di repertorio