Ricostruzione, riabilitata impresa perché non mafiosa: titolare si suicidò

Ricostruzione, il Tar riabilita impresa esclusa dai lavori per un’interdittiva. “Non c’era rischio mafia”, intanto il titolare si è suicidato.
Sarebbe bastato necessario effettuare verifiche più approfondite prima di rilasciare un’interdittiva antimafia che di fatto, due anni fa, escluse la Cosiam dagli appalti per la ricostruzione post-sisma in Abruzzo e dall’Anagrafe antimafia dei fornitori.
Un provvedimento che gettò nello sconforto l’imprenditore 57enne Riccardo Greco, che due mesi dopo si tolse la vita
La Cosiam avrebbe voluto partecipare ai lavori per la ricostruzione in Abruzzo ma era stata estromessa. Il proprietario non solo non era malavitoso ma aveva anche denunciato una banda di estorsori.
A distanza di un anno e mezzo da una interdittiva antimafia e dopo il suicidio dell’imprenditore che ne era oggetto, il Tar del Lazio ha annullato tutti i provvedimenti adottati dal ministero dell’Interno e ha riabilitato la Cosiam, di Riccardo Greco, imprenditore che si era ribellato ai suoi estortori, denunciandoli e facendoli arrestare.
Al centro della vicenda c’è una delle società edili più grandi di Gela, entrata nella spirale del sistema delle certificazioni antimafia perché avrebbe voluto partecipare alle gare d’appalto per la ricostruzione dell’Abruzzo.
Nel dicembre del 2018 il Ministero dell’Interno – struttura di missione prevenzione e contrasto antimafia Sisma – adottò con un decreto l’informativa antimafia interdittiva nei confronti della società gelese. Con lo stesso decreto venne rigettata l’iscrizione della società nell’anagrafe antimafia degli esecutori dei lavori di riqualificazione dell’Abruzzo dopo il terremoto avvenuto nel 2016.
Ad un anno e mezzo da quel decreto, oggi il Tar del Lazio (presidente Francesco Arzillo, consigliere Vincenzo Blanda e Anna Maria Verlengia consigliere estensore) annulla il decreto e riabilita la società.
L’interdittiva antimafia per la Cosiam srl era stata emessa sul “presupposto della sussistenza…del pericolo del tentativo di infiltrazione mafiosa”.
I legali della società, avv. Giuseppe Aliquo’ e Franco Coccoli, chiesero l’annullamento del decreto del Ministero dell’Interno per violazione e falsa applicazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, dell’applicazione del principio di libertà di iniziativa economica, del principio di certezza del diritto; eccesso di potere: sviamento della causa tipica, travisamento ed erronea valutazione dei fatti, difetto di istruttoria, illogicità’ ed ingiustizia manifesta.
L’interdittiva era stata emessa perché il titolare, Rocco Greco, conosciuto nella città siciliana come “Riccardo”, in passato era stato vittima di richieste illecite da parte di sodalizi di di stampo mafioso: da qui l’assunto secondo cui il suo comportamento avrebbe integrato “forma prototipica di situazione a rischio di infiltrazione criminale in quanto anche soggetti semplicemente conniventi con la mafia per quanto non concorrenti, nemmeno esterni, con siffatta forma di criminalità, e persino imprenditori soggiogati dalla sua forza intimidatoria e vittime di estorsioni, sono passibili di informativa antimafia”
Un peso insostenibile per l’imprenditore , che i propri aguzzini aveva denunciato, dando modo ad altri titolari di aziende sdi seguire il suo esempio: decise di farla finita a fine gennaio dello scorso anno, qualche giorno dopo la pubblicazione dell’ordinanza del Tar con la quale veniva rigettata la sua richiesta di annullamento degli atti ministeriali.