Cultura

Le nuove stanze della poesia, Luigi Polacchi

Luigi Polacchi per l'appuntamento con Le nuove stanze della poesia a cura di Valter Marcone.

Il ritratto di Luigi Polacchi per l’appuntamento con la rubrica Le nuove stanze della poesia a cura di Valter Marcone.

Dopo gli studi compiuti nelle sedi di Penne, Ascoli Piceno, Firenze, Bologna e Roma, fu docente di italiano e latino nel Liceo d’Annunzio di Pescara e nel Liceo Giulio Cesare di Roma; ricoprì l’incarico anche presso l’Istituto Italiano di Bruxelles.

Polacchi fu incaricato di presidenza di istituto e reggente del Provveditorato agli Studi di Pescara, presidente del Conservatorio Pareggiato “Luisa d’Annunzio”; condirettore della rivista Tempo Nostro, redattore del Saggiatore e collaboratore di altre prestigiose riviste letterarie.

Nel periodo compreso tra gli anni trenta e cinquanta la sua casa di Pescara (situata in via Tassoni, lato lungomare), fu cenacolo letterario a cui presero parte anche personalità come Giovanni Gentile, Alfredo Luciani (con cui avrebbe fondato, nel 1934, il cenacolo culturale chiamato Casa di Poesia), Ignazio Silone, Domenico Tinozzi, Michele Cascella ed Ennio Flaiano.

Autore di numerose opere poetiche in lingua italiana e alcune in vernacolo abruzzese, Luigi Polacchi ebbe giudizi lusinghieri da Benedetto Croce, Giuseppe Antonio Borgese, Gabriele D’Annunzio, Luigi Pirandello ed altri.

Con il poema epico Italide, di oltre 58.000 versi, suddivisi in 62 canti Polacchi si è proposto come cantore del Risorgimento italiano.

Il suo Poema nazionale degli italiani resta sicuramente il più eminente tentativo di leggere la conquista dell’Unità d’Italia in chiave lirico-epica.

Già i primi versi (“Cantiam la Patria o bel coro italiano/ come risorse una libera e forte…”) annunciano il suo gusto classico e antidecadente. Come saggista ha scritto una storia politica e letteraria degli Abruzzi: Da Melchiorre Delfico a Clemente De Cesaris. Come studioso di letteratura ha lasciato commenti critici sulle opere di Papini, Clemente De Caesaris, Cesare De Titta, Modesto Della Porta ed altri.

Come memorialista ha raccontato le vicende della Grande guerra nelle Memorie di un sottotenente. Fu volontario nella Prima Guerra Mondiale, combattente sull’Isonzo e ad Asiago e raggiunse il grado di Tenente Colonnello di complemento di fanteria. Dedicò molte energie alla promozione culturale dando un fondamentale contributo al Libero Istituto che sarebbe diventato nel 1948 l’Università Abruzzese degli Studi “Gabriele d’Annunzio” con sede a Chieti e Pescara.

Il prof. Candido Greco, in un articolo apparso nella Rivista Abruzzese – Rassegna Trimestrale di cultura (Anno LIX – 2006 – N. 2), riconosce in Luigi Polacchi il vero fondatore di questa università.

Polacchi fu tra i primi a capire le potenzialità di crescita della città di Pescara, antico borgo marinaro unificato con Castellamare Adriatico e poi creata capoluogo di provincia nel 1927.

La città ebbe un rapidissimo sviluppo nel dopoguerra e Polacchi coniò il nome Teaterno per la futura metropoli che nella sua visione avrebbe riunito in un’unica città i due capoluoghi di Chieti e Pescara. Per la sua vasta opera poetica il nome di Polacchi fu segnalato alla commissione del premio Nobel nel 1975 (lo stesso anno in cui il premio fu assegnato al poeta italiano Eugenio Montale).
Scrive Marco Tabellione “Luigi Polacchi, nonostante un lungo periodo di dimenticanza che rischiava di cancellarlo dalla tradizione poetica abruzzese e italiana, continua la sua faticosa ascesa nel tentativo di sopravvivere almeno nella storia letteraria.

Recentemente è stata intitolata a lui la scuola primaria di Penne, suo paese natale, un omaggio dovuto a un poeta troppe volte trascurato, che tra l’altro fu a suo tempo Provveditore agli studi di Pescara e tra i fondatori dell’Università Gabriele d’Annunzio. A lui inoltre è intitolata la via in cui sorge il nuovo edificio del liceo scientifico Corradino D’Ascanio di Montesilvano.

Il fatto è che il poeta di Penne, pur essendo amico di d’Annunzio, Pirandello, Croce, Gentile, nonostante sia stato da questi stimato e apprezzato, ha sempre disdegnato ogni forma di pubblicità intorno alla propria opera, tanto che una buona parte è rimasta inedita.

E non per niente preferiva farsi chiamare il Senzanome, quasi ad indicare nell’anonimato una sorta di purezza, di innocenza alle quali è rimasto aggrappato durante i tanti anni di accurato, meticoloso e sacrificato lavoro letterario.

Luigi Polacchi è stato autore di due opere importanti, vastissime produzioni. Innanzitutto un poema risorgimentale, in endecasillabi chiamato Italide, a quanto pare una delle poche opere dedicate direttamente all’epopea risorgimentale italiana. E poi va menzionata la monumentale raccolta intitolata Organo, che raccoglie in cinque libri tutti i poemi e le liriche del poeta di Penne, la cui facilità di composizione era davvero impressionante.

In entrambi i casi però l’opera di Polacchi è rimasta trascurata, forse per l’apparente sostrato retorico che la caratterizzava, soprattutto in riferimento agli ideali del Risorgimento, per i quali Polacchi è stato spesso considerato in ritardo rispetto alla poesia contemporanea, caratterizzata tra le due guerre, per esempio, dalle esplorazioni dei lirici ermetici.

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