Tradizioni abruzzesi, è ora di fare la salsa di pomodoro

La salsa di pomodoro è un rito che si tramanda in Abruzzo dalla notte dei tempi. I vicoli dei piccoli paesini si riempiono del profumo del nettare rosso e del basilico fresco.
Una tradizione, quella della salsa, che accomuna l’Abruzzo alle regioni del Sud Italia: le vie dei paesi profumano di nettare rosso, di basilico fresco, in un vortice di ricordi che sanno di nonne con la crocchia e “zinalino” inamidato.

Quello che oggi sembra più che altro un rito, da tramandare alle generazioni del “tutto e subito”, una volta era una vera e propria necessità: nelle cantine insieme ai prosciutti e ai salami, si stipavano le bottiglie di salsa che avrebbero sfamato le numerose famiglie durante il lungo inverno.



(La tradizione che si rinnova in casa Litterio-Celenza)
Nel secolo scorso, soprattutto nei paesini dell’Abruzzo montano, era una vera e propria necessità, dettata dall’asperità del lungo inverno e dalla difficoltà di raggiungere il capoluogo o le grandi città della costa, per reperire beni di prima necessità.
La tradizione della salsa di pomodoro, “le pemmadora” come dicono dalle parti di Alfedena nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, unisce e mette allo stesso tavolo da lavoro giovani e adulti.
È un rito antico, senza errori, che si ripete da generazioni e la cui origine si perde nella notte dei tempi.
Il periodo dedicato alla preparazione è sempre lo stesso: primi di agosto o fine del mese, quando il pomodoro raggiunge la sua massima maturazione.
Un lavoro che esula in parte dalle moderne tecnologie, anche se le attrezzature per preparare la salsa sono all’avanguardia.
Per la preparazione si riuniscono allo stesso desco grandi e piccini, anziani e ragazzi, dello stesso nucleo familiare o semplicemente accomunati da rapporti di buon vicinato, ognuno con un compito e una mansione ben precisa.
La location per la preparazione della salsa di pomodoro è solitamente una taverna o un “fondaco”.
Le case si riempiono dell’odore buono dei pomodori San Marzano, considerato il re della categoria, “il principe della salsa” dicono a Napoli, e del basilico, a mazzi, che serve per profumare ancora di più le bottiglie.
C’è chi il basilico lo compra; per fortuna ci sono ancora le nonne “come una volta”, che anche senza crocchia o zinalino coltivano le foglie profumate sui loro terrazzini.
E poi c’è la caccia alle bottiglie che dovranno essere intatte, senza etichette o ammaccature: i tappi ermetici, nuovi di zecca lucenti, l’avvitatore per fare in modo che la salsa “non sfiati”.
Vasi e bottiglie, poi, andranno sterilizzati al momento. I tappi sono una cosa moderna, prima, negli anni ’50 si usava il sughero, legato con uno spago robusto.
Tornando al rituale e alle mansioni di ognuno, al tavolo da lavoro c’è posto per tutti: c’è chi lava i pomodori, chi toglie semi e peduncoli, chi toglie la parte verde, chi prepara e sorveglia la bombola del gas con il calderone, “ru cuttur”, che ospiterà poi le bottiglie di salsa per la bollitura.


(I pomodori 2.0 dell’orto Falci-Fasciani)
Le bottiglie vengono avvolte in panni puliti, disposte in modo da non rompersi, in un disegno quasi geometrico che si ripete da anni e che non è più mistero per nessuna mamma, per nessuna nonna, che ripete questa tradizione da anni.
“Ru cuttur” viene gelosamente custodito di anno in anno, la leggenda vuole che ce ne siano alcuni che vanno in giro da almeno 60 anni, ricavati da vecchie taniche di benzina, pulite e modellate secondo la necessità.

Non è solo un lavoro, ma un momento di grande socialità, dove si parla di tante cose, dove le signore “si raccontano i fatti”, si immagazzinano non solo bottiglie ma anche ricordi, colori e sapori.
Si canta, si ricorda chi non c’è più e che per tanti anni ha partecipato al rito, ma soprattutto si mangia: chi porta il salame, chi il pane, chi una bottiglia di vino e magari a mezzogiorno c’è anche una bella pastasciutta fumante, con il basilico avanzato e la bottiglia di salsa dell’anno prima, affinchè nulla vada sprecato.
Nella foto allegata all’articolo i pomodori di mamma Giovanna direttamente da Alfedena