L'aquila

I Nove Martiri aquilani, 77 anni dopo

L'AQUILA - Il ricordo dei Nove Martiri aquilani a 77 anni da quel 23 settembre 1943.

L’AQUILA – 23 settembre 1943, 23 settembre 2020: il ricordo dei Nove Martiri aquilani.

Bruno D’Inzillo, Bernardino Di Mario, Fernando Della Torre, Carmine Mancini, Giorgio Scimia, Francesco Colaiuda, Anteo Alleva, Sante Marchetti e Pio Bartolini avevano tutti tra i diciotto e vent’anni. Dopo l’8 settembre del 1943 si erano uniti ai partigiani che cercavano di respingere le truppe di occupazione tedesche. Per sfuggire ai rastrellamenti si erano rifugiati sulle montagne nei pressi di Collebrincioni. Furono catturati dal contingente tedesco dopo una delazione e condotti nella caserma Pasquali, dove furono costretti a scavarsi la fossa e fucilati.

Nessuno informò le famiglie e, solo dopo la liberazione della città dell’Aquila, avvenuta il 13 giugno del 1944, i loro corpi furono rinvenuti e le loro spoglie ricomposte all’interno della scuola elementare “De Amicis”.

Lì ricevettero il silenzioso e commosso omaggio della cittadinanza, prima della sepoltura nel sacrario che si trova all’interno del cimitero monumentale.

La città dell’Aquila ha dedicato una piazza ai Nove Martiri aquilani, nel cuore del centro storico, mentre un monumento funebre ne perpetua la memoria e l’esempio all’interno del Cimitero monumentale.

Eccidio dei Nove Martiri Aquilani, oggi pomeriggio l’omaggio di Comune e Alpini alla caserma Pasquali-Campomizzi

Il vicesindaco dell’Aquila, Raffaele Daniele, e un rappresentante del Nono Reggimento Alpini, deporranno oggi pomeriggio alle 16.30, alla caserma Pasquali-Campomizzi, una corona nel luogo dove furono passati per le armi i Nove Martiri Aquilani. L’iniziativa del Nono Reggimento Alpini e del Comune dell’Aquila è l’omaggio ai nove ragazzi aquilani nel 77esimo anno dall’eccidio.

“Quanto accaduto 77 anni fa va ricordato per sempre – ha commentato il vice sindaco Daniele – e la memoria deve andare di pari passo con il rispettoso e sentito omaggio nei confronti di uno degli eccidi che, purtroppo, sono stati consumati nel nostro Paese in quegli anni terribili. I nove giovinetti, e la tragedia che colpì loro e le loro famiglie, saranno sempre nei cuori di tutti gli aquilani”.

Chi erano i Nove Martiri aquilani.

Bruno D’Inzillo era figlio di un colonnello dell’esercito, aveva da poco terminato gli studi liceali e desiderava iscriversi alla facoltà di Medicina. Aveva scritto una raccolta di versi dal titolo “Retoriche cosmiche”; Fernando Della Torre era originario di Sulmona e apparteneva ad una famiglia di origini ebraiche. Diplomato all’Istituto tecnico industriale, era rimasto orfano dei genitori e aveva trovato un impiego; Giorgio Scimia era uno studente dell’ultimo anno dell’istituto Magistrale e sognava di diventare aviatore; Carmine Mancini era il più caro amico di Bruno D’Inzillo e, come lui, scriveva poesie e si accingeva a iscriversi alla facoltà di Medicina; Bernardino Di Mario frequentava l’Istituto tecnico industriale, fu l’ultimo a morire poiché non venne ucciso subito dalla scarica di fucili.

L’Anpi dell’Aquila ricorda così la tragedia con le parole del professor Corrado Colacito: “Nella sua tragica semplicità l’episodio così commovente dei Nove Martiri illumina di vividi riflessi l’atmosfera ingloriosa di quel settembre ’43: è come una perla nel fango […] Possiamo considerarlo un momento di toccante umanità che vide consumare, in un attimo, il sacrificio di nove innocenti cuori giovanili ardenti di amore ideale. Non si ripeta, stolidamente, che quei “ragazzi” s’ingannarono o furono ingannati; non si dica che agirono per imprudenza e per sventatezza dovuta alla loro età, senza nemmeno rendersi conto di ciò che volevano […] soprattutto non si insulti alla loro memoria affermando che il loro sacrificio fu inutile e vano. Il fremito di rivolta che agitò quelle anime pure e generose merita ogni rispetto, ogni ammirazione. Non si mossero, quei “ragazzi”, perché volessero sfidare un immortale destino: essi volevano una cosa molto più semplice ed umana: volevano evitare la vergogna e l’umiliazione di essere schiavi dei nuovi dominatori che calpestavano il suolo della Patria. E non si batterono come “eroi” ma come “ragazzi”: però non ve n’erano molti di “ragazzi” come loro in tutta la penisola durante quel triste frangente. Andarono essi incontro alla Libertà e incontrarono invece la morte sul loro cammino. I Nove Martiri aquilani sono e saranno, perciò, sempre degni di compianto e onore”.

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