Call Center C2C, 10 lavoratrici dimenticate: “Senza un euro da giugno”

Call Center C2C L’Aquila, circa 170 lavoratori, a casa da marzo, sono ancora in bilico. Dieci di loro, però, per la precisione dieci donne che contavano su maternità, congedi e malattia, non vedono un euro da giugno.
Mentre le sigle sindacali che tutelano gli operatori C2C annunciano alla stampa come “170 lavoratori siano coperti da Naspi da marzo 2020” – da quando, cioè, è scattato il licenziamento per la chiusura della sede – dieci operatrici alzano la voce.
Una premessa è d’obbligo. Nel caso dei Call Center C2C, Customer2Care, i problemi, in realtà, sono di lunga data.
Il Covid19 ha semplicemente finito per tagliare le gambe a una situazione già instabile. I rimpalli sulla commessa, tra le due società che si occupano della gestione, C2C e Wind3, avevano comportato, ben prima del coronavirus, ritardi nei pagamenti e posti di lavoro a rischio. A marzo i 170 lavoratori circa sono stati tutti mandati a casa.
Le dieci lavoratrici, però non sono state licenziate.
“Non ci licenziano causa Covid, siamo in Cassa integrazione ma dobbiamo ancora percepire gli stipendi di giugno“, ci spiega una delle dieci lavoratrici.
“Abbiamo figli piccoli, famiglie da mantenere, mutui a carico, problemi anche di salute, purtroppo eppure nessuno pensa a noi. Non veniamo menzionate neanche dai sindacati, che annunciano come 170 lavoratori percepiscano la Naspi, quando noi, oltre a non aver visto un euro ormai da giugno, non abbiamo neanche il diritto di sapere se la cassa integrazione sia stata rinnovata dopo il mese di luglio“, denuncia l’operatrice – a nome delle dieci lavoratrici finite nella stessa situazione – alla redazione del Capoluogo.
“Comunicavamo soltanto con il commercialista, ma adesso ci ha spiegato che non è tenuto a darci informazioni. I sindacati ci hanno comunicato che la Cassa Integrazione sarà rinnovata, ma quando? L’azienda ha chiuso i battenti il 10 marzo scorso, ma nessuna di noi ha capito come mai, per noi 10, sia scattata la Cassa integrazione, visto che il lavoro non c’è. Il legale ci ha spiegato che sarebbe dovuto scattare il licenziamento. Per gli altri lavoratori, dopo il licenziamento, ci sono stati Naspi e TFR, per noi da mesi nulla. E non vediamo alcuna via d’uscita da questo incubo“.