Laura, dall’Aquila a Buenos Aires: un lockdown formato famiglia

Dall’Aquila all’Argentina, il lungo lockdown dell’aquilana Laura Bozzari. La vita di una mamma, una moglie, una lavoratrice in smart working a migliaia di km da casa.
E se oggi, dopo mesi, il lockdown può sembrare una sorta di bolla rassicurante in cui, dopo vari esperimenti, tutta la famiglia ha creato una sorta di “comfort zone”, la distanza e l’isolamento cominciano a far sentire il loro peso.
Laura è finita in Argentina insieme a suo marito Emanuel Massacesi, romano, conosciuto all’Enel, datore di lavoro di entrambi dopo la laurea in Economia e Commercio.
Sempre in Argentina sono nati due anni fa”Pipo” e “Vio”, Filippo e Violante, una coppia di gemellini scatenati che, a oggi, hanno imparato a riconoscere i loro nonni solo attraverso uno schermo.
“Ho conosciuto Emmanuel sul posto di lavoro – racconta Laura al Capoluogo, intervistata tramite Whataspp – mi occupavo di comunicazione interna dei prodotti di comunicazione sulla sicurezza e lui era responsabile salute e sicurezza nei cantieri e ora sulla rete di distribuzione e nelle centrali. Dopo 14 ore al giorno passate insieme in azienda è venuto quasi spontaneo innamorarsi e decidere di mettere su famiglia”.
Dopo un anno di separazione, che ha portato Emanuel in Colombia per lavoro, nel 2016 la decisione di ricongiungersi anche lavorativamente a Buenos Aires, quasi alla fine del mondo, nella terra del tango.
“Dal 2016 a oggi sono successe tante cose: la migliore di tutte è sicuramente la nascita dei nostri bambini così tanto desiderati. Il tempo da allora è volato e ci siamo ritrovati senza nemmeno accorgerci nella bolla del Covid”.
“La vita ti presenta ogni giorno numerose sfide davanti che ci hanno portato a dover trovare delle soluzioni per poter bilanciare tutto. Fino all’anno scorso abbiamo potuto contare sull’aiuto di una signora che ci è stata vicino come una vera nonna, Fatima, ma il 2020 con il Covid 19 ci ha fatto piombare in una situazione di grande isolamento: noi qui non abbiamo nessuno se non qualche amico ed è stato come ripartire da zero”.
“In Argentina il sistema sanitario ha funzionato: è pubblico e pagato dallo Stato a cui accedono tutti, anche gli stranieri come noi. Come dipendenti abbiamo anche un’assicurazione privata: quindi, da questo punto di vista siamo abbastanza tranquilli. I tamponi sono arrivati, tardi ma ci sono e comunque tutte le strutture si sono adeguate alle esigenze dettate dal Covid 19 per fare consulenza online e anche farmacie accettano ricette digitalizzate”.

La situazione in Argentina durante la pandemia è andata un po’ al contrario: il lockdown è iniziato molto prima rispetto al resto del mondo e adesso che la curva dei contagi è in salita, lo Stato fa i conti con una pesante crisi economica, con una media di 14 mila casi al giorno e circa 500 morti.
“Noi dipendenti Enel, come tutti i colleghi sparsi per il mondo, siamo in smart working da marzo, come in Italia. La quarantena qui è stata molto severa, portando a una stretta economica del Paese che non ha retto la chiusura prolungata di esercizi commerciali e ristoranti”.
“Oggi molti hanno dovuto chiudere i battenti definitivamente e di rimando non si vede il punto di discesa della curva. L’inverno è finito, siamo in primavera, ma i casi sono ancora tantissimi ogni giorno”.
E come è riuscita Laura a fare la moglie, la mamma e soprattutto a fare tutto questo insieme al lavoro?
“Dopo 7 mesi ormai possiamo dire di essere una “smartworking family”. Dopo un momento di crisi iniziale, dovuto all’isolamento, alla nostalgia di casa e della famiglia, ci siamo collaudati organizzando una stanza di casa come se fosse un vero e proprio ufficio dove, a turno, possiamo seguire le riunioni e il lavoro. L’Enel ci ha consentito di portare a casa gli strumenti digitali che avevamo in ufficio e così le cose hanno cominciato a filare”.
“Non è un segreto e va da sé che in questi casi è sempre la mamma ad avere la gestione di tutto sulle proprie spalle, ma io sono felice anche così: l’asilo dei bambini ha fatto lezione online e ci sono stati tanti momenti allegri fatti di gioco, di attività manuali che ci hanno consentito di ritrovarci e godere di quello che avevamo”.
Per Filippo e Violante, così piccoli, è stato tutto un gioco: “Per fortuna c’è la loro innocenza. Si sono abituati a tutto, anche se comunque è triste vedere come stiano imparando a conoscere e riconoscere i nonni e gli altri parenti solo attraverso uno schermo, dal momento che non torniamo in Italia da un anno”.
Gli stessi nonni, zii e cuginetti hanno festeggiato insieme a Pipo e Vio i vari compleanni e le ricorrenze tramite Zoom: “I loro 2 anni sono stati più lieti grazie al digitale. I nonni hanno cantato e abbiamo spento le candeline. La stessa cosa è accaduta per il compleanno di mio marito e a breve faremo ‘festa’ anche per il mio. Mi dispiace per loro, sono così piccoli e hanno dovuto confrontarsi con qualcosa che nemmeno noi adulti sappiamo spiegare”.

“Il rapporto con i nonni è virtuale, li chiamiamo spesso, guardiamo le foto, i bimbi stanno imparando i nomi e li riconoscono. Menomale che ci sono questi strumenti perchè ci permettono di rimanere sempre in contatto. Filippo e Violante mi chiedono spesso di disegnarli e appena li nominano io li chiamo, è un modo per non dimenticare e per creare in loro una memoria storica, seppur digitale”.
“La cosa che mi rende orgogliosa del lavoro che stiamo facendo insieme a mio marito è vederli comunque sereni: sono 2 bambini molto curiosi che si esprimono sia in italiano sia in spagnolo Nonostante l’isolamento, sono riusciti ad imparare anche un pochino di inglese grazie al lavoro fatto da noi genitori a casa”.
“Come tante altre mamme lavoratrici che durante il lockdown hanno dovuto fare i conti con il tempo, ho cercato di ottimizzare: loro ne assorbono e richiedono tantissimo e hanno comunque la priorità, quindi quello che non riesco a fare di giorno viene rimandato la notte, quando i bambini dormono. Si, è una sorta di prigione per tutti, ci sono state settimane dove il balcone è l’unico punto di libertà. Abbiamo cercato di stare molto attenti, se ci fosse successo qualcosa… Qui davvero non abbiamo nessuno su cui contare”.
“Qualche volta la scuola organizza una lezione al parco in presenza e allora li portiamo. Per il resto andiamo fuori solo nel fine settimana e sempre di mattina presto, perchè di pomeriggio i parchi e le strade si riempiono di persone e non è sicuro stare all’aria aperta. Siamo fortunati perchè abbiamo il balcone e giochiamo lì quando il tempo lo consente”.
La cosa che rattrista di più Laura e suo marito è vedere come il Paese stia implodendo sotto i colpi della pandemia: “L’Argentina ha risposto malissimo alla pandemia. Non è un segreto che ci sia un secondo default con il prezzo del dollaro schizzato alle stelle”.
“Tanti esercizi commerciali sono falliti anche a seguito delle misure prese forse molto in anticipo. Da qui noi non abbiamo ancora capito se il governo abbia fatto bene o male, sicuramente ha permesso di rallentare la curva e allontanarla nel tempo, però il Paese già non stava bene prima e tutta questa chiusura ha dato il colpo di grazia”.
La vera sfida per Laura ora sarà tornare alla normalità: “Non credo che torneremo mai alla vecchia modalità. In Enel stanno anticipando che la digitalizzazione conseguente allo smart working ha dato comunque un grande successo. Gli impiegati hanno risposto in maniera eccellente e quindi si sta pensando di capitalizzare questa esperienza. Nei 5 giorni lavorativi della settimana alcuni saranno mantenuti a casa e altri in ufficio”.
La cosa che Laura adesso vorrebbe più di ogni altra è tornare a casa, a L’Aquila, dalla sua mamma e dal suo papà. “È un anno che non torniamo, potevamo venire ad agosto ma abbiamo fatto bene così. Se avessimo avuto problemi di contagio all’andata avremmo potuto contare sulle nostre famiglie ma al ritorno sarebbe stata una tragedia”.
“Adesso, con l’aumento dei casi siamo di nuovo nel dubbio se tornare o meno a dicembre. I nostri contratti sono in scadenza ma ancora non sappiamo quale sarà la prossima sede di lavoro. Se dobbiamo andare in un altro Paese il problema resta e non siamo padroni della situazione: dalla conoscenza di ospedali, pediatri e medici e tutta quella rete che serve per vivere normalmente durante una pandemia mondiale”.
“Dobbiamo stringere i denti e andare avanti: è difficile per tutti. Il mio pensiero e il mio cuore sono comunque a L’Aquila: le radici non possono essere cancellate. Non lo ha fatto il terremoto e non ci riuscirà nemmeno il Coronavirus. Ritornare nel posto dove si è nati e cresciuti serve per ritrovare la carica per affrontare le nuove sfide che ci presenterà la vita”.