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Covid 19 e Tribunali, la pandemia avanza nei palazzi della giustizia

26 ottobre 2020 | 14:32
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Covid 19 e Tribunali, la pandemia avanza nei palazzi della giustizia

Covid 19, tanti casi positivi nei palazzi di giustizia: magistrati, avvocati, personale e utenti continuano a utilizzare aule e spazi adibiti per le udienze in presenza che non consentono la massima prevenzione.

È di oggi la notizia della positività al Covid del presidente dell’Ordine degli avvocati dell’Aquila e di altri colleghi, mentre la scorsa settimana si è reso necessario chiudere gli uffici del Giudice di Pace e sospendere le udienze dopo la positività al Covid di un avvocato aquilano.

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“La macchina-giustizia non si può fermare o almeno non lo può fare totalmente”, aveva detto al Capoluogo pochi giorni fa proprio il presidente dell’Ordine degli avvocati dell’Aquila in merito al blocco del sistema giustizia conseguente alla pandemia.

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In questo contesto di grande caos dove ad esempio a L’Aquila c’è un sola stanza per avvocati e pubblico dove avere accesso agli uffici giudiziari, arriva la denuncia dell’Associazione nazionale magistrati che parla di “carenze diffuse” e “rischi cui vengono esposti gli operatori e gli utenti”.

“Mentre i dirigenti degli uffici giudiziari sono impegnati nella redazione dei progetti organizzativi triennali e per i carichi esigibili, la pandemia avanza nei palazzi di giustizia e le Istituzioni competenti sono a oggi silenti”, scrive l’Associazione nazionale magistrati.

“I magistrati italiani – lamenta la giunta uscente dell’ Anm – continuano a disporre di applicativi inadatti per celebrare udienze a distanza, con reti di connessione inefficaci; la trattazione scritta è consentita solo fino al 31 dicembre, con un procedimento per di più macchinoso; mancano le annunciate dotazioni informatiche per lo smart working del personale giudiziario; magistrati, avvocati, personale amministrativo e utenti continuano a utilizzare aule e spazi inadatti a ospitare le udienze in presenza”.

Resta irrisolta inoltre, “La disciplina giuridica delle assenze per quarantena di chi potrebbe efficacemente lavorare da casa”.

Amara la conclusione: “Pare in definitiva che l’esperienza della prima ondata di contagi non sia servita a programmare il futuro immediato e a immaginare misure adatte a un servizio essenziale qual è quello giudiziario”.

I magistrati italiani “continuano a rendere tale servizio, senza timore di esporsi in prima persona pur di dare risposta alla domanda di giustizia e non intendono essere identificati come responsabili delle carenze diffuse nonché dei rischi cui vengono esposti gli operatori e gli utenti a causa dell’assenza delle Istituzioni cui la Costituzione affida l’organizzazione del sistema giustizia”.

Un problema che non riguarda da vicino solo i magistrati ma anche gli avvocati: non solo gli assembramenti nei pochi uffici aperti e abibiti a cancelleria ma, durante il lockdown, sempre a L’Aquila un avvocato aveva denunciato al Capoluogo una situazione di “assembramento” durante un interrogatorio di garanzia: in una stanza erano stati messi insieme il legale, l’imputato e due carabinieri, mentre il giudice era in collegamento da un’altra stanza.

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