Covid 19, L’Aquila epicentro contagi: “Nessuno è esente da colpe”

Emergenza Covid 19 a L’Aquila, parla Biondi: “Inutile pensare a cosa si poteva fare, pensiamo a fare ciò che serve. Ci sono anziani bisognosi di assistenza e malati oncologici in difficoltà. La sanità va messa nelle condizioni di affrontare questi problemi”.
Concluderà oggi il suo periodo di quarantena il sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi, dopo aver ricevuto il risultato negativo del tampone effettuato.
“Urge tornare a testare, tracciare e trattare, solo in questo modo si può circoscrivere il contagio. Se non si riesce a fare questo, poiché sono lunghi i tempi di refertazione, la situazione non potrà migliorare. Va da sé che il virus non trattato dentro casa viene trattato poi dentro gli ospedali“.
Tra i principali problemi emersi nelle ultime settimane le criticità riscontrate nella medicina del territorio. Un concetto sottolineato dal primo cittadino, nell’intervista concessa al Capoluogo.
“Non scopriamo oggi purtroppo queste lacune nel sistema della medicina del territorio. Lacune che vengono dai tempi in cui si sono tagliati posti, si è tagliato il fondo sanitario nazionale. È mancato il coraggio delle scelte coraggiose e oggi abbiamo un sistema sanitario, già fragile di per sé, messo alla prova da un’ondata che non ci aspettavamo con tale virulenza“.
È mancato qualcosa per prepararsi a questa seconda ondata, ampiamente prevista?
“Quando c’è un’emergenza si semplificano le procedure, si accelerano i processi decisionali e si migliora la capacità di spesa. Basta vedere quello che è stato fatto durante il terremoto. L’esempio che posso fare è quello della Rete Covid, cioè il piano regionale che doveva consentire di rafforzare il sistema delle terapie intensive e dei percorsi dei vari presidi ospedalieri. La Regione ha approvato la sua Rete Covid il 15 giugno, il Ministero della Salute l’ha approvata solo due mesi dopo e solo in seguito ad altri due mesi il Commissario Arcuri ha nominato Marsilio soggetto attuatore degli interventi. Un processo, quindi, iniziato a giugno e concretizzatosi l’8 di ottobre, esattamente quando stava esplodendo la seconda ondata dell’epidemia. In questo modo, i nostri ospedali si sono ritrovati nella stessa situazione in cui si trovavano prima“.
“Tuttavia alcuni interventi erano stati fatti – continua il primo cittadino – Il Covid Hospital a Pescara, così come i singoli interventi nelle diverse Asl regionali. A L’Aquila si è riattivato il G8 e sono stati fatti i lavori al Delta 7, in poco più di 2 mesi. Oggi tra Delta 7 e G8 c’è una disponibilità di 120 posti letto circa, quasi un piccolo ospedale. Interventi fatti quando ci è stata data la possibilità di lavorare celermente. Questo modello funzionava, ma poi non è stato più così. Non sono state ancora date le possibilità di semplificare le procedure di reclutamento del personale…se a questo aggiungiamo il fatto che i mercati si saturano in fretta e diventa difficile trovare DPI, reagenti per i tamponi e, ovviamente, personale, ecco che ci ritroviamo in questa situazione complessa. Sicuramente ci sono errori a tutti i livelli, nessuno è esente da colpe. Ma bisogna pensare a cosa c’è da fare, non a quello che andava fatto“.
“La realtà vede anziani positivi, non autosufficienti, che hanno bisogno di assistenza, malati oncologici che non possono tenere i figli a casa dopo essere andati a scuola, perché sarebbero sottoposti a rischio. Tantissime criticità, esattamente come durante il post sisma, quando ogni minuto emergeva un nuovo problema. Come affrontiamo tutto questo? Su questo deve interrogarsi la rete sanitaria, che deve essere messa nelle condizioni di rispondere a queste emergenze nell’emergenza“.