Covid 19, Ospedale L’Aquila: “Riaprite Ortopedia”

Ancora chiusa Ortopedia al San Salvatore dell’Aquila. Reparto sanificato dopo i casi positivi: ma manca il personale che, una volta “prestato” ad altri reparti Covid, non può abbandonarli per non metterli ulteriormente in ginocchio. Conseguenza: pazienti portati anche fuori regione.
“Non si muore solo di Covid – è il grido unanime – non si può fermare la sanità. È un diritto sacrosanto. Ci sono tante situazioni delicate e in questo momento di angoscia e precarietà noi utenti abbiamo diritto ad avere la certezza di poterci curare con la professionalità di sempre”.
Ma perché è ancora chiuso il reparto di Ortopedia al San Salvatore?
Emergenza Covid 19, certo: ma anche mancata riorganizzazione e la cronica mancanza di personale. Il personale di Ortopedia, dopo la chiusura del reparto per una serie di casi positivi, è stato “prestato” ad altri reparti Covid che ne hanno bisogno per continuare a reggere il peso dell’emergenza. Come conseguenza, pazienti di Ortopedia dirottati anche fuori regione.
La creazione di reparti dedicati ai malati positivi al Coronavirus ha comportato il trasferimento di personale da altri reparti. Senza aprire la parentesi della gestione emergenziale di una pandemia con procedure ordinarie, nel caso di Ortopedia all’Aquila abbiamo assistito al trasferimento di quasi tutto il personale (19 sanitari circa) nella struttura Covid.
Il reparto di Ortopedia del San Salvatore è stato chiuso settimane fa a causa di circa 50 casi positivi riscontrati tra i degenti e il personale.
Una chiusura che ha portato al dislocamento dei pazienti negativi negli altri ospedali della Asl 1, cioè Sulmona ed Avezzano. Una volta saturi, la dirigenza della Asl1 ha dovuto “dirottare” i malati fuori provincia o peggio ancora, fuori regione.
L’odissea del reparto di Ortopedia ha inizio con un paziente programmato per un intervento. Ricoverato per una operazione di routine, il paziente è entrato a seguito di un tampone negativo e due giorni dopo l’operazione ha avuto la comparsa dei sintomi. Forti del tampone negativo, i medici hanno ipotizzato che la febbre potesse dipendere dall’intervento, poi hanno sottoposto il paziente a nuovo tampone riscontrandone la positività. Prima del ricovero l’uomo aveva partecipato ad una delle famigerate feste di settembre, si è scoperto poi, che hanno fatto da cluster per questa seconda tremenda ondata della pandemia a L’Aquila.
Dopo la necessaria chiusura di Ortopedia sono stati sottoposti a tampone tutti, pazienti e personale. Il personale sanitario riscontrato negativo è stato “dato in prestito” al reparto Covid.
Dopo pochi giorni, a sanificazione fatta, il reparto avrebbe potuto riaprire, ma secondo quanto riferito al Capoluogo da fonti verificate e qualificate, il personale sanitario ‘in prestito’ al reparto Covid non può più essere tolto senza effetti devastanti.
19 figure professioni altamente qualificate sottratte tutte insieme metterebbero in ginocchio la struttura, già in affanno.
Si sa, il momento è delicato e non è solo l’ospedale dell’Aquila a vivere un momento di difficoltà tra ricoveri e mancanza di personale: la preoccupazione è tanta.
“Viviamo un vero dramma nel dramma – scrive un lettore – i nostri cari ricoverati non possono ricevere visite e si trovano praticamente soli in città a loro sconosciute. Senza contare che ortopedia è un reparto importantissimo”. Come può un capoluogo di regione non avere questo reparto?”.
Sempre secondo quanto riferito alla redazione, per quanto riguarda ortopedia, sta lavorando solo la sala operatoria di traumatologia d’urgenza per persone POSITIVE al Covid provenienti da tutta la provincia, che si appoggia per gli interventi indifferibili, appunto, alla sala operatoria del reparto di Oculistica.
Ovviamente, il reparto di oculistica ha una sala operatoria più piccola, adatta alle esigenze di questo tipo di interventi e quindi non sufficiente per gli interventi di ortopedia.
Si parla di femore rotto in anziani positivi, ad esempio.
Inoltre, L’Aquila in queste settimane sta vivendo una vera e propria ondata di contagi, una situazione che porterà con ogni probabilità a eliminare momentaneamente la sala gessi per allargare il pronto soccorso dedicato al Covid 19.
La pandemia, per ovvie ragioni, ha fatto passare in secondo piano molte questioni sanitarie, anche quelle più importanti ed indifferibili, ma dopo mesi di stato di emergenza, questo procrastinarsi non è più tollerabile.
L’epidemia non ha cancellato l’esistenza di altre malattie. Chi è stato colpito dal cancro, ha subito la rottura di un femore o deve operarsi gli occhi si sta scontrando con rinvii, cancellazioni e ritardi di visite, controlli ed esami.
“Noi siamo ospedale Covid, ma ci manca la sala operatoria Covid. Per il percorso dedicato non si può assicurare una sala operatoria nel blocco operatorio. Siamo in una situazione di emergenza nell’emergenza”, spiega al Capoluogo un medico in forze presso l’ospedale San Salvatore.
Nel delta 7 i posti letto sarebbero 120, ma attualmente sono attivi solo in 60 per via della mancanza di personale.
“Lavoriamo a ritmi serrati e solo per urgenze – spiega -. Le sale operatorie sono tenute per le appendiciti ad esempio o casi di asportazione di tumori, dove vengono a operarsi anche i pazienti che durante il triage risultano poi positivi”.
“Questo significa che rischiamo di mettere a repentaglio al salute di un anziano, negativo al virus ma con il femore rotto, perché non siamo in grado di assicurargli un’assistenza a 360°”.