Carcere di Sulmona, una giornata da poliziotto al tempo del Covid 19

30 novembre 2020 | 10:57
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Carcere di Sulmona, una giornata da poliziotto al tempo del Covid 19

Le testimonianze di Claudio e Roberto, due poliziotti della Penitenziaria in servizio al carcere di Sulmona alle prese con l’emergenza Covid 19.

“Dopo una giornata di lavoro di 12 ore con la tuta bianca addosso, in mezzo ai positivi, finalmente a casa. Sono sfinito, ma soddisfatto di aver reso la vita meno difficile agli altri colleghi. Ora provo a rientrare a casa, preoccupato del fatto che debbo necessariamente e mestamente mettere in guardia i miei familiri, invitandoli a stare lontano da me”. Questa è una delle testimonianze raccolte tra i poliziotti della Penitenziaria in servizio al carcere di Sulmona dal segretario territoriale Uil PA, Polizia Penitenziaria, Mauro Nardella, che, oltre alla testimonianza di Claudio, ha raccolto anche quella di Roberto, entrambi poliziotti penitenziari al carcere di Sulmona.

“Quello che mi ha subito fatto più impressione – racconta Roberto – è che già dal primo giorno, mettendoti quel tipo di vestiario, si suda, credimi, si suda in maniera impressionante! Dopo il primo giorno passato con la tuta che copriva l’uniforme intera, ho dovuto, nel turno successivo, togliermi necessariamente la giacca, perché ho capito che per otto ore non ci puoi stare sotto un velo di plastica del genere e che ti annienta la dignità”.

“In sezione vai avanti e indietro come un automa. Qui diventa quasi impossibile andare a mangiare, figurarsi fare i bisogni! Quella sì che diventa un’impresa!”

“Sono tornato a casa stasera che erano le cinque e mezza. Ora, dopo essermi fatto un’oretta e mezza di sonno, mi sto accingendo a ripartire per andare a fare la notte. Sai… Non sopporto più la puzza di gomma dei guanti sulle mie mani… Eh sì, perchè per otto ore, portare 2 paia di guanti dei quali uno sotto l’altro, dopo aver fatto scorrere la manica della tuta, metterlo sopra stando molto attento a farlo adagiare sulla manica della tuta perché altrimenti si rischia che il virus penetri utilizzando lo spazio che si apre  in prossimità del polso. L’infermiera, poi, mi ha dovuto mettere del nastro isolante intorno ai polsi perché la tuta se ne usciva fuori. Questa purtroppo è un’operazione che devi ripetere spesso. Ogni tanto, infatti,  i guanti li dovevo cambiare”.

“Certe volte, con il fatto che devi necessariamente fare uso della mascherina, ti senti davvero soffocare. Portare per otto ore la mascherina è davvero una tortura. Poi, come ti dicevo,  quando devi andare al bagno diventa un’impresa… Ti devi sanificare; poi ti devi togliere la tuta… Se consideri poi che oltre alla cerniera davanti hai anche la parte adesiva da dover disincollare, capisci che ti diventa tutto molto più complicato (quasi a dire che portare i pannoloni forse sarebbe meglio). Un’altra cosa brutta che ti capita è che sotto una tuta del genere perdi l’identità. I colleghi non ti riconoscono…non sai chi sei! Comunque la cosa più odiosa è il sudore che ti cola addosso e che trasforma i panni che porti in spugne inzuppate! Non ti dico poi quando torni a casa… I figli, la moglie e i parenti, tutti ti guardano con apprensione e preoccupazione. Tolgo i vestiti che porto addosso e li metto subito a lavare… Per fortuna ho due o tre divise (raro che ciò rappresenti una politica generalizzata visto che l’amministrazione ti lascia solo con un capo e spesso, seppur usurato, neanche te lo cambia) che ovviamente cambio e sanifico continuamente”.

“Penso a mia moglie costretta anch’essa a fare gli straordinari e mi preoccupo per lei perché per quanto accurato io possa essere nel fare le cose ho sempre paura che qualcosa possa sfuggire. Portare la divisa in lavanderia infatti è impossibile. Vuoi perché non ti consentono di averla subito, vuoi perché può essere pericoloso perché rischi di portare il virus anche là e vuoi soprattutto perché mi costerebbe un patrimonio. Sai cosa significherebbe per noi se ogni giorno dovessimo spendere 20 euro  per pagare il servizio prestato dalla lavanderia?”

“Non è facile per noi, non è facile per chi comanda (il mio pensiero torna a Sarah Brunetti il dirigente penitenziario che oltre ad essere comandante è mamma premurosa oltre che coraggiosa). Dall’esterno uno chissà cosa vede ma quando ti ci trovi dentro diventa tutto maledettamente più complicato. Hai paura, ti giri attorno per vedere se la tuta è integra o se è strappata. Mauro, credimi, ho davvero molta paura!”.