Cultura

Le nuove stanze della poesia, Shiva Guerrieri

Il ritratto di Shiva Guerrieri per l'appuntamento con la rubrica Le nuove stanze della poesia.

Il ritratto di Shiva Guerrieri per l’appuntamento con la rubrica le nuove stanze della poesia a cura di Valter Marcone.

“Andrò in giro da solo e mi troverai sbattuto / in qualche bar fottuto /imbottito di veleno e fragilità”. Potrebbe essere sintetizzata in questi tre versi, tratti dalla poesia “Fragilità e veleno”, la tensione emotiva e poetica dell’intera silloge Luci dal fondo, Portofranco 2016 . Rabbia, amore, gelosia, amicizia e introspezione sono alcuni dei temi che caratterizzano questa sorta di canzoniere empatico a ritmo di beat.

E continua Dimitri Ruggeri: Eppure, la sana, genuina e personale tossicodipendenza emotiva del poeta lascia spazio alla divagazione collettiva dei pensieri umani. Sarà forse un caso, ma queste liriche in verso libero a tratti distrattamente rimate hanno la forza della forma poetica meno ortodossa in uso nella tradizione, e cioè quella dell’oralità veloce e diretta della parola.

Non è, infatti, un altrettanto e fortunato caso che le fragilità e i veleni di Shiva abbiano trovato in passato la cura, partecipando alla competizione poetica di massa del poetry slam (in inglese letteralmente sberla) in cui la poesia scritta esce dal libro e diventa orale instaurando con la comunità, ascoltatrice e giudicante, un tutt’uno. Il mondo del poeta diventa finalmente e realisticamente il mondo della comunità e viceversa.

Le luci dal fondo prendono forma man mano da questa premessa, in un percorso graduale, faticosamente e volutamente narrativo, a tratti autobiografico, partendo da deboli assiomi pronti ad essere messi in discussione forsennatamente: “Siamo il debole riflesso di qualcosa che è maggiore”, con domande antipoetiche, filosofiche, a tratti scientifiche, “Quali sono le risposte, se persino i Poli, prima o poi si invertono?”.

Il poeta, in altri momenti, diventa consigliere concreto del lettore attraverso passaggi formali simili ad aforismi (“La sincerità non bada a conseguenze. / La vera sincerità prende coscienza della sua inadeguatezza lottando […]”), ammettendo la sua sicurezza cognitiva di quel che è nel mondo: “Riprendo il viaggio / barcollando verso il tuono, / sapendo sempre e solo / di essere quello che sono”.In effetti, le singole poesie sono scatti fotografici che delineano e ambientano un lieto marciare della lettura e che hanno una scenografia assolutamente naturale (“Capita che il Sole ti volti le spalle / e fugga dietro le montagne”), rafforzata nella forma e contenuto delle liriche con Haiku apocrifi incorporati: “Vuoto intorno, prati sfioriti / si ferma il mondo”.Nel sorseggiare il veleno quotidiano, fatto di dolori, delusioni e fraintendimenti si diventa immuni, soprattutto se il caos delle parole lascia spazio a quello della concretezza oggettiva del reale, con il riflesso dei propri limiti e carnali lineamenti: “Non sarà uno schermo / l’illusione di parlare a un orecchio. / Meno pazzo e più coerente, questa volta, / sarà chiedere allo specchio”.In tutto questo la poesia di Shiva è un’arma di difesa che, come una sberla, a tratti diventa sana arma d’offesa.

Fragilità è veleno è una silloge di Shiva Guerrieri che ho conosciuto durante uno dei Poetry Slam tenutosi a L’Aquila a cui abbiamo partecipato entrambi. Seguo la sua pagina facebook da cui ho tratto le poesie che seguono e che accolgono e raccolgono una persona che ben ha descritto, come poeta , Dimitri Ruggeri, nel brano che ho riportato .Ma proprio su facebook egli stesso si definisce così :” Quello che sono I/Sono quello che sono dopo litri di veleno./Sono il folle pilota che non conosce freno./Sono il giovane sbadato/che ha appena perso un treno./Riprendo il viaggio/barcollando verso il tuono,/sapendo sempre e solo/di essere quello che sono.” E “ . Quello che sono II/Sono un buon giocatore, però distratto;/Il senso profondo di un quadro astratto;/L’atteso numero, però in ritardo./Non sai se hai vinto /o perso tutto./Ma la storia ha grandi rami,/tutto questo?/solo un frutto.”

Insomma un viaggiatore anche distratto nel nostro tempo che si affida al caso dentro un quadro astratto. Un modo di concepire la realtà che ci circonda vista attraverso il dono di un verso con il quale si riconosce: Siamo fragili /convinti d’esserlo /per aver capito /quanto ci apprestiamo a dire ed è un dire unico, nuovo e diverso .

Con questa penna
Con questa chiesi a una finestra
di aprire le gabbie alla mia testa
per guardare altrove, dove
libri e tonache e cattedre,
non seppero svelarmi risposta
Con questa penna non ho mai inventato,
mi sono ritrovato spaesato
a chiedermi, chi è stato? Chi,
con tanta minuziosa grazia
ha saputo incastonare
Perla magnifica
sospesa fra gli astri,
in un disegno geometrico
negato al termine perfetto
per via di questo nostro, strano concetto
cui attribuiamo la distanza e
le crepe del tempio
Ciò che noi chiamiamo, Spazio
Ciò che noi chiamiamo, Tempo.
Con questa penna chiesi acqua,
per dissetare il fiume e testi
per saziare le lacune.
Il foglio mi rispose,
Posso procurarti e non,
rendermi la cura
E mi lasciò le indicazioni
Dove si giunge alla natura.

****
Destino, quale mano hai servito?
Siamo colpevoli,
nessuno pentito.
Siamo abili,
nessuno ha tradito
Siamo fragili
convinti d’esserlo
per aver capito
quanto ci apprestiamo a dire,
Che infondo
non c’è niente da capire.
Ma c’è chi viaggia per cercare,
chi per sfuggire
Basterà uno sguardo
e potrai intuire,
Ho già scelto di lottare
Al fuggire, cambiare
Sovvertire, Creare.

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