Luce d’Artisti e il vero scandalo delle luminarie

21 dicembre 2020 | 07:14
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Luce d’Artisti e il vero scandalo delle luminarie

Luce d’Artisti ha scatenato il dibattito in città e soprattutto su Facebook. C’è chi parla di blasfemia e di dissacrazione: “Ma non sarebbe stato più consono, davanti alle luminarie di Natale, cavarsela con un più semplice “mi piace” o “non mi piace”, senza scomodare la Fede?” Il commento di Mario Narducci

Ma più ancora colpisce che tali atteggiamenti contraddistinguano, a volte, proprio coloro che della tolleranza e del rispetto delle opinioni altrui fanno quotidianamente professione e bandiera, come a voler accreditare la propria liberalità.

Stiamo parlando delle luminarie di Natale, che appena accese hanno suscitato asperrimi giudizi.

Riferiti alle luci di Collemaggio e alle proiezioni luminose sulla facciata del Duomo, essi parlano di volta in volta di dissacrazione, di architetture deturpate, di obbrobrio, di attacco alla Fede. E ciò che sorprende è che a difensori di questa fede si ergano taluni che in premessa avvertono di non essere credenti o, quantomeno, praticanti, con ciò significando di voler difendere la fede altrui, mentre in realtà difendono solo un proprio parere.

Luci d'Artisti 2020

Alle luminarie di Collemaggio si imputa l’abominio dei colori, il giallo che pervade la facciata e che pur lascia trasparire il ricamo delle pietre bianche e rosa, i cerchi blu che contornano i tre rosoni: blu e giallo in dissidio cromatico tra di loro, sì da invocare interventi da parte della Soprintendenza, tanto le luminarie sarebbero deturpanti. Per il Duomo il sacrilegio starebbe nella musica rock che accompagna le proiezioni in facciata.

E’ certamente un abusato e condannabile luogo comune, ripetere che all’Aquila non si muove foglia che a critica non invoglia.

E tuttavia abbiamo l’impressione che più che di giudizi critici, si sia in presenza di mugugni, mormorii, insofferenze, uno sport ventriloquo che si ripropone ogni volta in certe occasioni. Un anno sono le luci, un altro l’albero di Natale troppo grande in Piazza Duomo, un altro ancora la carrozza di cenerentola ferma davanti all’ex CIT.

E tuttavia sembra proprio che questa volta si sia passato il segno e la misura, soprattutto quando si parla di dissacrazione di luoghi di culto, e quindi di aggressioni alla Fede, come se all’improvviso si siano eretti tutti a teologi, come nel corso di questa pandemia si sono eretti tutti a virologhi.

Ma dissacrare significa ben altro, e avrei potuto comprendere certe grida di dolore se sulla facciata di Collemaggio le luci avessero rappresentato scene erotiche. Quanto al rock di San Massimo, basterebbe dire che questo genere è entrato nelle chiese da decenni insieme alle chitarre, accompagnando le liturgie con larga presenza di giovani. Ma forse molti difensori della Fede a Messa manco ci vanno.

Non sarebbe stato allora più consono, davanti alle luminarie di Natale, cavarsela con un più semplice “mi piace” o “non mi piace”, senza scomodare la Fede? Sarebbe stato, certo. Se in questa Città non avessimo un altro difetto che con facebook tocca vette altissime: quello di stare zitti fino a che uno non dice la sua.

Allora diventiamo tutti caudatari. Ci accodiamo, insomma, a ciò che il primo ha detto. Per dimostrarlo m’ero ripromesso di aprire un dibattito sull’abbigliamento invernale in chiesa. Vale a dire sul nulla. Ma si può imbastire un discorso sul nulla?