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2028, la Cina dominerà il Mondo: le conseguenze per l’Italia e per l’Abruzzo

28 dicembre 2020 | 07:50
2028, la Cina dominerà il Mondo: le conseguenze per l’Italia e per l’Abruzzo

Nel 2028, anche per le conseguenze della pandemia, la Cina supererà gli Stati Uniti e diventerà la prima economia al mondo. L’analisi dell’economista Piero Carducci

Eppure l’inferno sta gelando: nel 2028, anche per le conseguenze della pandemia, la Cina supererà gli Stati Uniti e diventerà la prima economia al mondo. La Cina ha superato la recessione da virus e già nel 2020 crescerà del 2% (Pil area Euro -9%), in seguito crescerà a ritmi tripli rispetto agli USA, e nel 2028 avverrà il grande sorpasso.

Questi sono i numeri, ed i numeri più che elencarli occorre capirli.

A cosa porterà l’ormai inevitabile primazia cinese? E poi quali rischi-opportunità si aprono per il piccolo Abruzzo?

La Cina tenderà ovviamente a convertire l’enorme ricchezza nazionale in riconosciuta leadershipinternazionale, anche approfittando della debolezza geopolitica degli States. La leadership cinese viaggia su fatti molto concreti, e soprattutto sulle infrastrutture fisiche (porti, ferrovie, network energetici, hub intermodali, ICT…) e relativi servizi (logistica integrata, 5G…) con lo scopo di creare la rete logistica indispensabile all’espansione esponenziale dei commerci dall’Asia e verso l’Asia. L’Oceano Atlantico perderà funzioni e centralità, a favore del Mediterraneo, delle rotte terrestri Asia-Europa e dell’Oceano Pacifico.
Nei prossimi anni assisteremo ad una veloce ri-definizione dell’ordine internazionale, dove elementi centrali saranno la fine del dominio USA ed un nuovo “multilateralismo sinocentrico” che vedrà la progressiva edificazione di un blocco economico-politico euroasiatico, una vasta “comunità di destino condiviso” dove la Via della Seta e Pechino giocheranno un ruolo assolutamente centrale.

In questo complesso scenario, l’Abruzzo potrà soccombere oppure trarre vantaggi sia dalle “strategie ombrello” cinesi (BRI), sia dal “perno” europeo rappresentato dall’Inghilterra del dopo Brexit.

Se la politica regionale saprà fare le giuste scelte, a partire dalle infrastrutture portuali oggi molto arretrate, le imprese abruzzesi potranno sensibilmente incrementare l’export verso i 68 paesi della Via della Seta (Est, Far East, Cina, ecc.) soprattutto per le filiere agroalimentare e farmaceutica in senso lato intese. Vanno aiutate le imprese che sapranno diversificare i mercati di sbocco, approfittare della Via delle Seta ma anche del nuovo “pivot” rappresentato dall’UK, che sarà elettiva “porta atlantica” verso gli USA. Nei prossimi dieci anni si ridurrà gradualmente la rilevanza dell’UE come mercato di sbocco per i nostri prodotti, pur restando il mercato europeo importante come quota percentuale totale delle nostre esportazioni. Il futuro si presenterà molto discontinuo, non come evoluzione di trend conosciuti, e sono le tendenze a dover essere interpretate e tradotte in politica economica, in modo da orientare le importanti provvidenze europee verso obiettivi e strumenti in linea agli sviluppi futuri dei mercati.

E su tutto pesa un enorme interrogativo. Accetteranno gli USA di rinunciare al ruolo di guida mondiale?

L’inevitabile ripresa della guerra commerciale tra i due giganti del mondo innescherà reazioni a catena, e rappresenterà una pesante minaccia per la pace mondiale. La barriera al dialogo è soprattutto culturale: mentre gli stati occidentali impostano la politica internazionale sul multilateralismo, la diplomazia cinese ha come filosofia di fondo l’ordine gerarchico come condizione naturale dei rapporti fra gli Stati. Il mondo rischia la “trappola di Tucidide”, come più volte accaduto nel corso dei secoli. Tucidide attribuiva lo scoppio della guerra fra Atene e Sparta (V secolo a.c.) alla crescita della potenza ateniese, e alla paura che tale crescita ingenerò nella rivale Sparta. Se una potenza dominante ma calante come gli USA si trova a dover fare i conti con una potenza emergente come la Cina, potrebbe fare come Sparta, ovvero nutrire una irrazionale paura del futuro e finire per scatenare una guerra, al di là delle originarie intenzioni.

La “questione cinese” non si può risolvere con dazi incrociati e movimenti sui cambi, ma occorre decidere cosa fare e cercare un accettabile compromesso. Tutto il mondo è legato dagli stessi interessi: possiamo solo sperare in una nuova “Bretton Woods” che riesca a prevenire l’incendio e ritrovare quel buon senso che la politica, non solo a livello mondiale, sembra aver da tempo smarrito.