Covid 19, non è la scuola il motore del contagio nella seconda ondata

6 gennaio 2021 | 22:09
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Covid 19, non è la scuola il motore del contagio nella seconda ondata

Non è stata la scuola il motore del contagio nella seconda ondata. Gli studi del Centro Europeo per il Controllo delle Malattie e dell’Istituto Superiore di Sanità: se un bambino è contagiato da un adulto, nella maggior parte dei casi la trasmissione è avvenuta in casa

La prima, quella curata dal Centro Europeo per il Controllo delle Malattie, è un’indagine approfondita che chiarisce i numeri del contagio che ruotano intorno al sistema scolastico, da molti additato come tra i luoghi principali in cui si diffonde il contagio. Il ritorno in aula, secondo i risultati ottenuti, ha anzi comportato più svantaggi che vantaggi.

Non contagi, quindi. Hanno funzionato le misure adottate dai diversi paesi europei. In Italia ci si è trovati di fronte a specifiche disposizioni dei dirigenti scolastici: mascherina ovunque obbligatoria, ovviamente, banchi distanziati e gel igienizzanti. Solo in alcuni istituti, però, è stato scelto di rendere obbligatorio l’utilizzo della mascherina anche seduti ai banchi (e non solo per l’ingresso e qualsiasi spostamento all’interno degli edifici).

Clicca qui per la versione integrale dello studio: COVID-19-in-children-and-the-role-of-school-settings-in-transmission-first-update_0_compressed

Covid 19 e scuola, lo studio dell’ISS

L’Istituto superiore di Sanità ha pubblicato un report dal titolo ‘Apertura delle scuole e andamento dei casi confermati di Sars-CoV-2: la situazione in Italia’. 

“La chiusura delle scuole – si può leggere nel report dell’Iss – è stata adottata in tutto il mondo per frenare la diffusione di Covid-19. Tuttavia, l’impatto della chiusura e della riapertura delle scuole sulle dinamiche epidemiche rimane ancora poco chiaro“.

Nel periodo compreso tra il 31 agosto e il 27 dicembre 2020 sono stati rilevati 3.173 focolai in ambito scolastico, pari al 2% del totale dei focolai segnalati a livello nazionale, si legge nel report che analizza l’andamento epidemiologico nazionale e regionale dei casi di Covid-19 in età scolare (3-18 anni). La maggior parte dei casi in età scolare (40%) si è verificata negli adolescenti di età compresa tra 14 e 18 anni, seguiti dai bambini delle scuole primarie, dai 6 ai 10 anni (27%), dai ragazzi delle scuole medie di 11-13 anni (23%) e dai bambini delle scuole per l’infanzia (10%).

Il tasso di ospedalizzazione nella popolazione in età scolare è stato dello 0,7% a fronte dell’8,3% nel resto della popolazione. Nella popolazione 0-3 anni il rapporto è molto più elevato: pari al 6,2%. Nel mese di settembre, riporta il documento, l’età media dei casi in età scolare è stata di circa 12 anni, per poi aumentare leggermente nel mese di ottobre e tornare al valore precedente a novembre e dicembre. La distribuzione dei casi tra femmine e maschi è risultata totalmente bilanciata a livello nazionale, ma con lievi differenze a livello regionale.

Da metà settembre (riapertura delle scuole 14-24 settembre), si è osservato un aumento progressivo dei casi giornalieri diagnosticati in bambini e adolescenti dai 3 ai 18 anni di età, che ha raggiunto la fase di picco dal 3 al 6 novembre.

In seguito la curva ha iniziato progressivamente a scendere, con un andamento simile a quello della popolazione generale.

L’ISS ricorda che, “i Paesi hanno adottato piani diversi per quanto riguarda le scuole durante l’allentamento delle misure restrittive del lockdown”. Per poi mettere in evidenza lo studio dell’Ecdc, Centro Europeo per il controllo delle Malattie.

“Le evidenze disponibili fino ad oggi indicano che, nei Paesi in cui sono state implementate le chiusure scolastiche e il rigoroso distanziamento fisico, i bambini, in particolare nelle scuole dell’infanzia e primarie, hanno una maggiore probabilità di contrarre il Covid-19 da altri membri infetti della famiglia piuttosto che da altri bambini in ambito scolastico”

“Le scuole, allo stato attuale delle conoscenze – si legge ancora nel report – sembrano essere ambienti relativamente sicuri, purché si continui ad adottare una serie di precauzioni ormai consolidate quali indossare la mascherina, lavarsi le mani, ventilare le aule. E si ritiene che il loro ruolo nell’accelerare la trasmissione del coronavirus in Europa sia limitato

Covid 19 e scuola, le risultanze del Centro Europeo per il Controllo delle Malattie

Pesa di più la chiusura e le conseguenze da questa scaturite, rispetto alla riapertura e ai contagi effettivamente ricondotti alle aule scolastiche. Un impatto, quello della chiusura scuole, che ha avuto ripercussioni su molteplici aspetti: sono state, infatti, riscontrate conseguenze sulla salute fisica e mentale sugli studenti.

I dati Covid 19 forniti dal Centro Europeo per il Controllo delle Malattie mostrano tassi di ospedalizzazione – considerando anche i casi di ospedalizzazione grave – inferiori per gli alunni compresi nella fascia d’età che va da 1 a 18 anni, rispetto a tutti gli altri gruppi di età.

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Inoltre, c’è un dato che salta all’occhio: i bambini più piccoli sembrano essere meno suscettibili alle infezioni. Se infettati, poi, portano meno spesso alla trasmissione del contagio rispetto ai ragazzi più adulti.

Soprattutto per questo motivo, quindi – stando alle risultanze dello studio – non bastano le chiusure scolastiche a prevenire la trasmissione comunitaria del Covid 19. È logico che il contagio può avvenire e avviene anche all’interno delle strutture scolastiche, ma l’incidenza del virus negli ambienti scolastici sembra essere comunque influenzata dai rischi di trasmissione che avvengono in comunità.

Nei casi in cui sono state condotte vere e proprie indagini epidemiologiche, non a caso, la trasmissione del Covid 19 riconducibile alle scuole ha rappresentato comunque una minoranza rispetto a tutti i casi generali riscontrati in ciascun paese che ospitava quelle scuole.

Covid 19 e scuola, il monitoraggio

12 paesi su 17 hanno risposto al monitoraggio avviato dall’Ecdc: sono stati segnalati focolai in alcune scuole, soprattutto negli Istituti Superiori, seguiti dalle elementari e dalle scuole materne. Generalmente, comunque, i focolai hanno contato meno di 10 casi, nonostante in alcune circostanze siano stati addirittura superati gli 80 positivi riconducibili, appunto, allo stesso, nucleo.

Gli studi condotti in Italia e in Germania hanno permesso di riscontrare che se un bambino viene contagiato da un adulto, è più probabile che il contagio sia avvenuto a casa e non a scuola. 

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