Univaq, gli effetti del sisma sui giovani: aquilani resilienti e capaci di leggere le emozioni

Si chiama “Emotional expertise” la capacità riscontrata nei giovani che subirono il trauma emotivo del terremoto dell’Aquila. Cioè una spiccata capacità di leggere le emozioni sui volti altrui. “Segno di resilienza e potenziale vantaggio evolutivo”. Lo studio Univaq
Uno studio iniziato circa 5 anni fa, diversi anni dopo il sisma del 2009. Si è partiti dagli esami neuro-psicologici, fino a procedere con i dati neuro-radiologici. Il Capoluogo ha ascoltato la professoressa Pistoia – professoressa associata di Neurologia all’Università degli Studi dell’Aquila – per capire in che modo è stato condotto lo studio e quali sono stati i risultati. I dati del lavoro sono stati pubblicati, nel tempo, su tre riviste internazionali: i più recenti pochi giorni fa sulla rivista scientifica internazionale Diagnostics.
Lo studio è stato condotto in collaborazione con l’Unità di Radiodiagnostica dell’Università dell’Aquila diretta dal Prof. Carlo Masciocchi.
“I dati neuro-psicologi sono stati il risultato più imprevedibile dello studio fatto. Noi abbiamo proceduto confrontando due gruppi di studenti universitari: un gruppo di studenti residenti in modo stabile nel cratere sismico all’epoca del sisma, i quali, quindi avevano vissuto da vicino il terremoto, e un secondo gruppo parallelo di studenti che, pur studiando a L’Aquila, erano tutti residenti fuori cratere, in zone non colpite da terremoti o calamità naturali. Una suddivisione voluta affinché il confronto risultasse valido”, spiega alla redazione del Capoluogo la professoressa Francesca Pistoia, promotrice del progetto di studio.
Uno studio che ha visto la collaborazione di un grande team Univaq e di ricercatori di altre università, oltre a Francesca Pistoia hanno contribuito al lavoro: Carlo Masciocchi, Federico Bruno, Alessandra Splendiani, Emanuele Tommasino, Massimiliano Conson, Mario Quarantelli, Gennaro Saporito, Antonio Carolei, Simona Sacco, Ernesto Di Cesare e Antonio Barile.
“Nel corso dell’analisi neuro-psicologica, oltre ai test previsti per questo genere di esami, abbiamo somministrato ai ragazzi, tutti in età universitaria appunto, un test in cui veniva loro richiesto di riconoscere le emozioni su alcuni volti umani. Felicità, rabbia, sorpresa, disgusto e così via, un test standardizzato”, continua la professoressa Pistoia. “Il dato che ci ha colpito e che, quindi, abbiamo messo in rilievo nelle valutazioni del lavoro è il seguente: i giovani che avevano vissuto l’esperienza del terremoto, nel corso degli anni, avevano sviluppato una maggiore capacità di distinguere le emozioni sui volti altrui. Soprattutto le emozioni che veicolavano la paura, ad esempio”.
Come vanno interpretati questi dati?
“Abbiamo parlato di ‘emotional expertise’ nel nostro studio – precisa la professoressa Francesca Pistoia – per intendere questa maggiore accuratezza nel riconoscimento delle emozioni. In poche parole, il sisma principale e i successivi sciami sismici sembrano aver esercitato una funzione di training, ‘addestrando’ i giovani a leggere con più facilità le emozioni espresse dai volti, come allerta nei confronti di possibili pericoli subentranti. Lo sviluppo di tale ‘emotional expertise’ è stato interpretato come strumento di resilienza e potenziale vantaggio evolutivo“.
Un training inconsapevole, quindi: in molti ricordano ancora vividamente ogni sussulto al minimo rumore, o alla più lieve scossa. “La prima reazione era guardare il volto di chi era vicino a noi, interrogandoci su cosa si potesse leggere in quell’esatto momento e capendo se il sisma stesse tornando, di nuovo”.
Inoltre, “lo studio neuropsicologico è stato accompagnato da una valutazione neuroradiologica, tramite Risonanza Magnetica, che ha evidenziato lo specifico coinvolgimento di alcuni networks cerebrali che si sarebbero ‘adattati’ nel tempo, al fine di favorire questi cambiamenti della sfera attentiva“.