Giornata della Memoria, l’oblio è il nemico della storia

La Giornata internazionale della Memoria e gli atroci misfatti del regime nazifascista. Il contributo di Nando Giammarini.
Primo Levi diceva: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre.” Liliana Segre – senatrice a vita nominata dal presidente Mattarella, sopravvissuta al campo di sterminio di Auschwitz dove fu deportata ancora bambina – sostiene: “La memoria è l’antidoto contro il ritorno delle dittature. L’oblìo è il nemico della storia, guai a sottovalutarne l’importanza dell’insegnamento”. Papa Francesco afferma: “Il nostro cuore si edifica sulla memoria di quegli uomini e quelle donne che ci hanno fatto avvicinare a sorgenti di vita e di speranza a cui potranno attingere anche quelli che ci seguiranno . È la memoria dell’eredità ricevuta che dobbiamo, a nostra volta, trasmettere ai nostri figli”. Anche se la maledetta pandemia da Covid-19 ha sconvolto le nostre esistenze – le manifestazioni del ricordo di oggi, 27 gennaio, non verranno fermate in ogni parte del Paese e saranno effettuate rispettando rigorosamente le norme dettate dall’emergenza sanitaria in corso – causando la morte, fino ad oggi, di 85 mila persone nel nostro Paese e di 2 milioni nel mondo. Abbiamo il dovere di ricordare e, non solo oggi, gli eccidi avvenuti ad opera dei nazifascisti, delle vere e proprie belve umane nei confronti di civili inermi, di anziani, donne e bambini.
Oggi si celebra il settantaseiesimo anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, simbolo della Shoah. Davanti a questa immane tragedia dell’intera umanità, uno di più grandi genocidi che la storia ricordi, non è ammissibile l’indifferenza ed ognuno di noi ha il dovere di non dimenticare anche perchè i pericoli dell’odio, dal razzismo, del fanatismo e del pregiudizio sono sempre in agguato. In Italia la legge del 20 luglio 2000 ha istituito il 27 gennaio “Giorno della Memoria” ciò al fine di mantenere in auge il ricordo della Shoah, ma anche le leggi razziali approvate sotto il fascismo, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, tutti gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte. E tutti coloro che si opposero al progetto di sterminio, e a rischio della propria vita salvarono altre vite e protessero i perseguitati. È di primaria importanza che il mondo tenga bene gli occhi aperti su un dramma senza tempo e trasmetta una coscienza storica alle nuove generazioni. Anche quest’anno in molte città italiane partendo da Roma, Torino e Milano Enti e amministrazioni poseranno le pietre d’inciampo. I famosi sampietrini con incisi su una targa d’ottone i nomi delle vittime della persecuzione nazifascista, ideati dall’artista Gunter Demnig e da lui depositati per la prima volta a Colonia nel 1995. Da allora esse sono diventate più di 70 mila: una mappa della memoria estesa a tutta l’Europa.
Il 27 gennaio 1945 è il giorno in cui, alla fine della seconda guerra mondiale, i cancelli di Auschwitz vennero abbattuti dalla 60esima armata dell’esercito sovietico. Il complesso di campi di concentramento che conosciamo come Auschwitz non era molto distante da Cracovia, in Polonia, e si trovava nei pressi di quelli che erano all’epoca i confini tra la Germaniare la Polonia. Con l’avvicinarsi dell’Armata Rossa, già intorno alla metà di gennaio, le SS iniziarono ad evacuare il complesso: circa 60.000 prigionieri vennero fatti marciare prima dell’arrivo dei russi. Di questi prigionieri, si stima che tra 9000 e 15000 sarebbero morti durante il tragitto, in gran parte uccisi dalle SS perché non riuscivano a reggere i ritmi mostruosi della marcia. Altri prigionieri, circa 9000, erano stati lasciati nel complesso di campi di Auschwitz perché malati o esausti: le SS intendevano liquidarli, ma non ebbero il tempo necessario per farlo prima dell’arrivo dei sovietici. I tempi, i fatti ed i luoghi sono, e saranno per sempre,i soggetti immortali che raccontano il passato coniugandolo al presente. Essi lo rappresentano con una voce, silente o con toni strepitosi,che può distruggere o ricostruire avvicinando, talvolta, gli eventi in un incontro senza fine. A volte pensieri flebili o fiumi di parole non sono sufficienti a raccontare e ricordare ma sono le uniche possibilità di difesa contro un dolore assordante e disumano che ancora si prova al ricordo di quella povera gente sterminata nei modi più crudeli nell’inferno dei campi di concentramento di Auschwitz dalla barbarie nazifascista. Erano circa sei milioni di ebrei, zingari, omosessuali, disabili, anziani donne e bambini.
Necessario quindi l’ausilio della memoria una testimonianza che passa di generazione in generazione: lo scrigno prezioso di ogni popolo che non va mai trascurata anzi deve rimanere viva, condivisa, riconosciuta fino a diventare storia. Nel nostro Abruzzo, a l’Aquila, l’ANPI oggi alle alle ore 17.30 trasmetterà online l’iniziativa celebrativa: l’evento sarà introdotto da William Giordano, segretario cittadino e vedrà intervenire Alessandro Vaccarelli, docente dell’Universitá dell’Aquila, Sabina Adacher, Dirigente Scolastico del Liceo Bafile-Muzi e Maria Rosaria La Morgia, Presidente dell’associazione Il Sentiero della Libertà. Allo stesso modo l’Accademia delle Belle Arti dell’Aquila – alla cui guida i è stato nominato recentemente il dott. Rinaldo Tordera in qualità di presidente, cui formuliamo i nostri migliori auguri di buon lavoro – organizza l’incontro con il restauratore Matteo Rossi Doria per illustrare lo smontaggio e il restauro del memoriale del blocco 21 del campo di Auschwitz-Birkenau, a cura di Elisabetta Sonnino, docente presso la scuola di restauro ABAQ. In occasione di questa importante celebrazione l’ABAQ vuole creare un collegamento sui temi complessi della memoria e dell’emotività, con la teoria e la pratica del restauro. Doveroso ricordare inoltre, insieme ai Caduti di tutte le guerre, il sacrificio dei nove giovani Martiri aquilani trucidati dai nazisti; i 17 giovani fucilati ad Onna; i Caduti del lavoro; delle missioni di pace; le vittime innocenti del terremoto. Necessario ricordare che a Pizzoli, un bellissimo paese in Alta Valle dell’Aterno ricco di profonda umanità, accolti con grande rispetto affetto e simpatia dalla popolazione erano stati confinati i Ginzburg, Leone e Natalia, con i figli Carlo e Andrea. Il rapporto con i pizzolani fu sempre intenso; loro rimasero legati al piccolo centro dell’Alto Aterno tanto che Natalia dopo la morte di Leone tornò in più occasioni a Pizzoli, dove esiste una ricca biblioteca intitolata proprio alla illustre famiglia ebrea confinata dal regime fascista. Loro erano delle figure più nobili della cultura italiana come ricordò anche l’allora sindaco di Pizzoli e parlamentare del PCI, Vittorio Giorgi. È proprio la cultura, che fa più paura delle mitragliatrici, delle bombe e dei missili ai sanguinari regimi totalitari. Insieme al ricordo della memoria.