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Giorni della merla: una storia fatta di proverbi e leggende

28 gennaio 2021 | 13:03
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Giorni della merla: una storia fatta di proverbi e leggende

Giorni della merla: perchè si chiamano così e come nasce la leggenda che si perde nella notte dei tempi.

Secondo un proverbio si dice che se i Giorni della merla saranno freddi, allora la primavera sarà bella; se sono caldi, la primavera arriverà in ritardo.

La meteorologia ha smentito questa diceria popolare che è oggetto comunque di diverse leggende per bambini.

Storie suggestive, che affondano le radici nella tradizione popolare contadina, fatta di racconti intorno al fuoco.

I giorni della merla, la leggenda storica

Una leggenda per spiegare l’origine del  nome “giorni della merla” parla di un gigantesco cannone di ghisa.

Questa leggenda si trova in un antico compendio ad opera di Sebastiano Pauli: Modi di dire toscani ricercati nella loro origine (1740).

“Si narra che un manipolo di soldati piemontesi dovesse trasportare un pesante cannone di ghisa, soprannominato la Merla per via del suo colore nero, da una parte all’altra del Po. Era gennaio e le acque del fiume scorrevano gelide ed impetuose: i soldati non riuscivano in nessun modo a costruire un ponte di barche per far passare il cannone”. 

“Poi, durante gli ultimi giorni di gennaio, giunse un vento talmente gelido che perfino le acque del Po gelarono: il ghiacchio era talmente spesso che nemmeno le spade e gli archibugi dei soldati riuscivano a tagliarlo. Così, gli uomini d’arme decisero di trasportare il cannone facendolo passare sul Po ghiacciato: lo legarono con delle corde robuste e lo trascinarono fino all’altra sponda. Fu così che gli ultimi giorni di gennaio vennero soprannominati i giorni della Merla, in onore del grande cannone e di quelle giornate tanto gelide da aver ghiacciato perfino le acque del Po”.

La leggenda più conosciuta che spiega il significato dei giorni della merla è quella che parla dei merli e dell’inverno.

“I merli, un tempo, avevano delle bellissime piume bianche e soffici. Durante il gelido inverno, raccoglievano nei loro nidi le provviste per sopravvivere al gelo, in modo da potersi rintanare al calduccio per tutto il mese di gennaio. Sarebbero usciti solo quando il sole fosse stato un poco più caldo e i primi ciuffi d’erba avessero fatto capolino tra i cumuli di neve.

Così, aspettarono fino al 28 di gennaio, poi uscirono. Le merle cominciarono a festeggiare, sbeffeggiando l’Inverno: anche quell’anno ce l’avevano fatta; il gelo, ai merli, non faceva più paura! Tutta questa allegria, però, fece infuriare l’inverno, che decise di dare una lezione a quegli uccelli troppo canterini: sulla terra calò un vento gelido, che ghiacciò la terra e i germogli insieme ad essa. Perfino i nidi dei merli furono spazzati via dal vento e dalla tormenta.

I merli, per sopravvivere al freddo, furono costretti a rintanarsi nei camini delle case. Lì, il calduccio li riscaldò e permise loro di resistere a quelle giornate. Solo a febbraio la tormenta si placò e i merli poterono riprendere il volo. La fuliggine dei camini, però, aveva annerito per sempre le loro piume bianche: fu così che i merli divennero neri, come li possiamo vedere oggi”.

Un consiglio tutto marchigiano sui giorni della merla è questo: “Se li gljorni de la merla voli passà, pane, pulenta, porcu e focu a volontà!”.