Lo smart working che rallenta la burocrazia: file e attese negli uffici

28 gennaio 2021 | 10:53
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Lo smart working che rallenta la burocrazia: file e attese negli uffici

Ogni giorno lo smart working sa che si “scontrerà” con la burocrazia e a farne le spese sarà il cittadino infilato nel girone dantesco delle file negli uffici per ritirare un pezzo di carta.

Lavorare da casa da una parte ha fatto ottimizzare i tempi consentendo a determinate attività pubbliche e private di non chiudere del tutto, ma soprattutto ha aiutato la prevenzione in tempi di Coronavirus.

Ora, probabilmente, anche lo smart working è stanco e tutta la sua “agilità” rischia di perdersi, fagocitata dalla burocrazia, cominciando così a essere appesantito da regole, verbalizzazioni, scartoffie e ricorsi: nel linguaggio tecnico si chiama “giuridificazione”.

Per rendersene conto basta fare un giro per gli uffici aperti al pubblico, soprattutto quando si è obbligati a farlo, perchè ci sono quelle carte ostaggio della “burofollia” che nel 2021 ancora si ritirano in presenza.

Come riferito anche al Capoluogo da diversi cittadini, anche a L’Aquila la macchina della burocrazia a causa dello smart working si è rallentata.

Basta fare un giro ad esempio negli uffici del tribunale, ostaggio, dopo quasi un anno, del lavoro agile: c’è un iter “pesante” da seguire per prendere carte e fascicoli.

Al Tribunale dell’Aquila ancora oggi c’è un solo front office aperto, dove sia cittadini che avvocati si recano quotidianamente per carte e fascicoli.

Per prendere quello di cui si ha bisogno è necessario prima registrarsi e prenotarsi poi, dopo qualche giorno, si può andare negli uffici e ritirare quanto richiesto.

Non solo i tribunali, anche altri uffici ancora non riaprono al pubblico tutti i giorni, avendo parte dei dipendenti in smart working.

Qui l’impresa “impossibile” è riuscire a contattare qualcuno anche solo telefonicamente, ovviamente se in ufficio non c’è nessuno, i centralini e i numeri diretti squillano a vuoto.

Un problema che per esempio a ottobre scorso ha portato a km di fila, sotto il sole o la pioggia, per scegliere il medico di famiglia, questo perchè negli uffici della Asl 1 presso l’ex Onpi, solo 2 sportelli erano aperti al pubblico.

L’Aquila, km di fila all’ex Onpi per scegliere il medico di famiglia

Il tema su cui confrontarsi e cercare di trovare soluzioni positive è quello dell’efficacia del lavoro e della rapidità nella produzione degli atti amministrativi. Si può anche lavorare da casa, ma bisognerebbe riorganizzare quantomeno i processi tradizionali in vista di questa rivoluzione che ormai va avanti da mesi a causa della pandemia.

Allungare ulteriormente i tempi, come sta accadendo, è invece improponibile, soprattutto in una città come L’Aquila che, a 12 anni dal sisma, è ancora alle prese anche con tutto ciò che concerne contributi per l ricostruzione, Sismabonus…

Quindi, il lavoro è agile, ma i tempi di lavorazione delle pratiche sono epici e non è dato conoscerne lo stato di avanzamento, dato che non ci sono gli interlocutori.

Il Coronavirus e lo smart working forzato per i dipendenti pubblici. L’analisi sui problemi dello smart working

(fonte smartworkingmagazine)

Il Covid 19 ha imposto a molti dipendenti pubblici di lavorare da casa. Secondo un sondaggio del Forum P.A. il 94% di loro vorrebbe proseguire in smart working anche dopo l’emergenza sanitaria.

Nel 2018 erano meno di 10 mila in tutta Italia quelli che operavano in modalità agile e all’improvviso il Coronavirus ha fatto lavorare da casa il 92% degli impiegati statali. Come la maggior parte di quelli del settore privato, anch’essi senza formazione e spesso senza strumenti adeguati hanno dovuto  sperimentare il “remote working domestico”.

Lo smart working non è per tutti

Se da una parte ci sono i lavoratori che chiedono di passare o rimanere al lavoro agile, dall’altra, in vista di una riapertura seppur parziale “alla vita di prima del Covid”, non tutti i lavori possono essere svolti da casa.

Ci sono mansioni che non possono svolgersi in alcun modo “da remoto”, basti pensare a un addetto alla reception, un centralinista, un bidello, il custode di museo, o un magazziniere.

Con la legge attuale (la 81 del 2017) anche ognuno di loro potrebbe rivendicare lo spostamento a mansioni compatibili.

E i motivi dell’eventuale rifiuto diventerebbero a quel punto un possibile oggetto di impugnazione e quindi verifica in sede giudiziale, col risultato di sostituire il giudice del lavoro all’imprenditore in questo aspetto della gestione aziendale.

I problemi principali da remoto per la PA

Le difficoltà non sono mancate, principalmente nell’organizzazione “alternata” fra lavoro d’ufficio e lavoro agile. Ovviamente poi ci sono servizi, quelli di front office, oppure i progettisti che da remoto non hanno potuto svolgere le stesse funzioni.

Inoltre, in particolare per i Comuni, la struttura più prossima al cittadino e che vanta anche rapporti umani per casi delicati, non è stato semplice in merito ai servizi sociali oppure a quelli per l’infanzia.

Il problema principale è legato alla disponibilità di strumentazioni e conoscenze informatiche.

In particolare sulla strumentazione, anche nel pubblico c’è stata una difficoltà perchè a casa mediamente non si dispone delle stesse dotazioni che si hanno in ufficio oltre a spazi domestici adeguati. In merito invece alla connettività, non sempre i dipendenti disponevano di reti da garantire un rapido trasferimento dei dati e di processi.