Omicidio Barisciano, l’alcoltest inchioda il presunto assassino

L’AQUILA – 25enne arrestato per il delitto di Barisciano, riscontri investigativi da DNA, tabulati telefonici e incongruenze nelle deposizioni. Tutti i dettagli dell’indagine.
Dovrà rispondere di omicidio volontario aggravato da futili motivi e crudeltà, G. P. il 25enne aquilano arrestato per la morte di Paolo D’Amico avvenuta nel pomeriggio del 24 dicembre 2019 a Barisciano. Ad incastrare il presunto colpevole, un giovane che lavora presso il banco macelleria di un ipermercato del territorio, una serie si rilevanze tecniche e investigative ottenute dal lavoro di Procura e Carabinieri, a partire dalla prova del DNA.

Barisciano un delitto efferato.
Ventidue colpi inferti con un’arma appuntita, un cesello e il colpo di grazia, violento, con un colpo in testa con una mazzetta da cantiere. È morto così Paolo D’Amico, in una pozza di sangue nella sua casa di Barisciano. Per questo il 25enne dovrà anche rispondere dell’aggravante della crudeltà, oltre che quella dei futili motivi. L’omicidio, infatti, sarebbe nato nell’ambito di cessione e consumo di stupefacenti. Dopo aver ucciso il 55enne, il giovane avrebbe trascinato il corpo per liberarsi la via di fuga nello stretto ambiente in cui si trovavano, probabilmente l’errore fatale.
Un omicidio in un luogo isolato, senza telecamere, senza testimoni, destinato quindi a rimanenre insoluto, se non fosse stato per l’acume investigativo di Procura e Carabinieri che hanno sfruttato al meglio ogni indizio utile.

Delitto di Basciano, il DNA senza nome.
A seguito dei rilievi effettuati dalla scientifica nei momenti successivi al ritrovamento del cadavere, non sono emerse tracce di sangue ulteriori, se non quelle della vittima, né impronte digitali utili. Utilissimi invece sono risultati i segni del trascinamento del corpo della vittima, operato dall’assalitore. Qui è entrato in gioco l’acume investigativo della Procura, nella persona della dottoressa Simonetta Ceccarelli, che ha intuito che per il trascinamento l’assassino avrebbe dovuto far leva sulle gambe, dando così indicazioni di approfondire le analisi scientifiche nella zona dei pantaloni della vittima, vicino alle caviglie. Ed è proprio qui che sono state rinvenute tracce di DNA che secondo il quadro accusatorio se non erano della vittima non potevano appartenere ad altri che al suo assassino, considerata la particolare posizione del ritrovamento. Il DNA, però, non ha condotto direttamente al sospettato, in quanto incensurato. Bisognava allora trovare una corrispondenza.
Gli interrogatori, un mare di bugie.
Un’altra difficoltà da superare per gli investigatori è stato l’alto grado di reticenza delle persone sentite. Di circa un centinaio di persone, infatti, molti erano assuntori di stupefacenti, che condividevano con la vittima l’illecita attività. Da qui la reticenza e in diversi casi anche testimonianze non veritiere e contradditorie che hanno permesso di restringere il campo dei sospettati.

Tabulati telefonici e bugie.
Tra le incongruenze più significative, proprio quella del 25enne arrestato che, per il giorno dell’omicidio, aveva raccontato di non essere mai stato a casa di Paolo D’amico, per poi contraddirsi nel corso dello stesso interrogatorio. Inoltre, per il giorno del delitto, aveva detto di essere stato a lavoro e poi direttamente a casa, ma i tabulati telefonici raccontavano un’altra storia: il cellulare del sospettato, infatti, era stato “agganciato” stabilmente da una cella telefonica compatibile con l’abitazione della vittima e non compatibile con la propria.
Delitto di Barisciano, la prova del DNA.
Quando i carabinieri lo hanno fermato per un controllo, a metà dicembre dello scorso anno, probabilmente non si aspettava che quell’innocuo alcooltest avrebbe rappresentato un problema per quello che fino a quel momento era sembrato un “delitto perfetto”. In una fase ancora preliminare di verifica investigativa, infatti, i Carabinieri hanno utilizzato proprio quello stratagemma per ottenere il DNA del giovane per le comparazioni del caso. È stato infatti fermato in auto, come per un normale controllo, e sottoposto ad alcooltest. Il giovane è quindi tornato a casa, senza sospettare nulla. A quel punto, gli investigatori avevano tutto quello che serviva per confermare l’ipotesi investigativa. Dai RIS è arrivata la conferma: le tracce del DNA lasciate sulla parte inferiore dei pantaloni della vittima, per via del trascinamento del corpo, erano compatibili con quelle del 25enne.

Delitto di Barisciano, l’arresto.
Quando il quadro accusativo è risultato solido, è scattato l’arresto. Il 25enne, assistito dall’avvocato Mauro Ceci, nell’interrogatorio di garanzia si è avvalso della facoltà di non rispondere.
“Non siamo qui per presentare un colpevole all’opinione pubblica – ha precisato il Procuratore Michele Renzo in conferenza stampa – se lo è lo decideranno i tribunali, era solo nostro dovere rendicontare l’attività svolta insieme ai carabinieri, per rendere merito a loro e informare su un fatto che aveva fatto molta impressione nell’opinione pubblica e che sembrava non arrivasse a soluzione”.
Una soluzione supportata da un quadro investigativo piuttosto robusto è quindi arrivata. Adesso la vicenda da investigativa diventa giudiziaria e solo al termine di quest’ultima si potrà mettere la parola fine al delitto di Barisciano.