Cultura

Le nuove stanze della poesia, Vittorio Monaco

Per la rubrica Le nuove stanze della poesia: il ritratto del poeta e intellettuale abruzzese Vittorio Monaco a cura di Valter Marcone.

Torno a parlare di Vittorio Monaco in questa rubrica perché mi è capitato di rileggere il volume “Tra cielo e terra”, edito dal Centro di ricerche a lui intitolato nel 2015.

La prima pubblicazione del Centro Studi e Ricerche Vittorio Monaco. Il libro è una raccolta di ricordi e testimonianze di alcuni degli amici di Vittorio che, in seguito hanno promosso la costituzione del Centro Studi a lui dedicato.

Il Centro Studi e ricerche “Vittorio Monaco” è nato a Sulmona nel 2011, su iniziativa di una gruppo di amici che con Vittorio hanno condiviso negli anni esperienze politiche, culturali e di vita.

Il Centro Studi e ricerche Vittorio Monaco si propone di promuovere, intorno ai temi prediletti da Vittorio, lo sviluppo di una libera ricerca da parte di quanti siano motivati a condurla in veste di cultori appassionati o di specialisti.

Al Centro Studi aderiscono, fra gli altri, le associazioni culturali “Pietro De Stephanis” di Pettorano sul Gizio e “Voci e Scrittura” di Sulmona delle quali Vittorio è stato uno degli animatori.

Vittorio Monaco (Pettorano Sul Gizio 1941 – Larino 2009) ha insegnato italiano e latino ed è stato preside di scuola media superiore.

Le nuove stanze della poesia, Vittorio Monaco

Per molti anni è stato intensamente impegnato come dirigente politico, consigliere comunale, assessore e sindaco.

Come studioso si è interessato di cultura popolare e di letteratura italiana in lingua e dialetto.Ha promosso e collaborato a iniziative, associazioni culturali e riviste. Ha pubblicato varie raccolte di poesie: da Castagne pazze nel 1977 a Nevelle e altre vie uscito postumo nel 2009.

Tra gli altri scritti, il saggio sulle tradizioni popolari Capètiempe è uscito in prima edizione nel 2003.

Il volume si apre con la testimonianza di Nicola Auciello che lo ebbe come insegnante al liceo classico di Sulmona alle prime armi come supplente e ne delinea poi la figura.

Continua con un saggio di Mario del Prete “Nota preliminare per uno studio della poesia di Vittorio Monaco”.

Antonio di Fonso poi parla di un’opera particolare di Monaco Capetiempe in un saggio dal titolo: ”Capetiempe : voci e volti delle tradizioni popolari.

Antonio Capranica in “Una canzone d’amore “ racconta la scelta politica e di parte di Vittorio Monaco. Così come il saggio di Giuseppe Evangelista “Vittorio a Sulmona” e Bruno di Bartolo con “Le passioni di una militanza”.Mimì d’Aurora in “ essere uomo tra gli uomini “mette assieme poesia e militanza politica di Vittorio Monaco.

Raffaele Garofalo parla di “Fede e religiosità “ di un uomo con una religiosità profonda e aperta fuori da ogni confessione e con radici nella civiltà contadina.

Chi scrive ascoltò Vittorio Monaco nella chiesa di S. Francesco della Scarpa a Sulmona parlare sul feretro di Carlo Autiero, anche lui uomo di militanza ma dalle forti radici contadine ,riproponendo un percorso di fede appunto fuori da ogni radicalità. Il libro contiene poi una testimonianza di Concettina Falcone del gruppo “ Voci e scrittura” di Sulmona a cui Vittorio Monaco aveva dedicato alcune energie. Le trecento pagine del libro si chiudono con un contributo di Marcello Bonitatibus “Il sogno di una cosa, le passioni di una vita.”

Concludiamo, com’è uso di questa rubrica, riportando due poesie di Vittorio Monaco tratte da “Nevèlle e altre vie ( Da nessuna parte ed altre vie ) dove Nevèlle è avverbio formato da una negazione ne nella prima parte e dal suffisso velle nella seconda, che deriva dall’imperfetto congiuntivo latino di volo, vis, che è vellem, velles. In Canzune ad allegrie di V. Clemente di Bugnara nella Valle Peligna si trova D’annivelle/ né mò né mai se ne cerchì cubbelle (che letteralmente andrebbe tradotto: “Da nessuna parte né ora né mai se ne richiese qualsiasi cosa (tu volessi)” (si veda V. Clemente, Canzune de tutte tiempe, Lanciano, Itinerari, 1970, a c: di O. Giannangeli, p. 239).

Camine de Santiàcuve (Galassia)
Caminito de Santiago,
encimarrado de estrellas …
M. de Unamuno
Camìne de Santiàcuve
’nzeppellate de stèlle,
adònde pórte l’ànema
ch’èntra pe’ ’sse uiarèlle?
Tu dè la vóta au cìale
e la vóte alla vóta:
scî cérchie sprefunnate,
camine, de na róta.
Adònda chiude iù gire?
Adònda férme iù passe?
La fine addó chemènza?
Iù viajjie addó’ ce lassa?
Mas que engañado estoy…
Tu vuelas, corris, rieda
y tu el que te quedas,
ye soy el que me voy… 1
Camine de Santiàcuve
’nzeppellate de stèlle,
chi péjjia pe’ ’sse vie
nn’arriva mai nevèlle.

Cammino di San Giacomo
Cammino di San Giacomo
lastricato di stelle,
fin dove porti l’anima
entro le tue stradelle?
Tu fai il giro del cielo
e il giro dei tuoi giri:
sei cerchio sprofondato,
cammino, di una ruota.
Dove chiudi la spirale?
Dove fermi il tuo passo?
La fine dove ha inizio?
Il viaggio ove ci lascia?
Me ne sto qui, ingannato…
Tu voli, corri, ruoti,
e sei quello che resti,
io quello che me ne vado…
Cammino di San Giacomo
Lastricato di fuochi,
chi imbocca le tue strade
non giunge in nessun luogo.

Cantina chiusa
Nu ragne appise au mure
fila e nen fa remmòure.
Chiuse dèntre alle scure,
iù tièmpe fa iù mecòure.
N’angine arruzzenite…
Na coscena a nu pézze…
Na vòtte, da do’ è ’scite
le vine, a squézza a squézza,
e s’è assótte i’addòure.
Paès, don plus no ven
nulha dòusa sabor…
paès que no-m soven

Cantina chiusa
Un ragno appeso al muro
fila e non fa rumore.
Il tempo, chiuso al buio,
marcisce nel mucore.
Un gancio arrugginito,
un’anfora di coccio,
la botte da cui è uscito
il vino, a goccia a goccia,
e si è perso l’odore…
Paès, don plus no ven
nulha dòusa sabor…
paès que no-m soven

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