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Cyberbullismo e revenge porn, i mostri in rete amplificati dalla pandemia

La pandemia e l’isolamento hanno esasperato i fenomeni di cyberbullismo e il revenge porn è una delle minacce più temute. In arrivo una rivoluzione social: Tik Tok rimuove i profili under 13.

Il cyberbullismo è quel mostro che si nasconde dietro la rete e sempre più giovani ne sono le vittime spesso inconsapevoli.

I dati sono allarmanti: nel 2020 il 61% dei giovani afferma di essere vittima di bullismo o di cyberbullismo, e il 68% di esserne stato testimone.

È quanto emerge da una ricerca dell’Osservatorio Indifesa 2020 di Terre des hommes e Scuolazoo. La pandemia, obbligando all’isolamento e alla “reclusione” in casa ha acuito ancora di più questi fenomeni, essendo il computer e la tecnologia in generale l’unica compagnia per i ragazzi, privati di ogni tipo di socialità.

L’incubo per le ragazze è il revenge porn

Cos’è il revenge porn

Il revenge porn, definito anche come “pornografia non consensuale” ed anche abuso sessuale tramite immagini, è l’atto di condivisione di immagini o video intimi di una persona senza il suo consenso, attuato sia online che offline.

Il punto di partenza del revenge porn è il materiale pornografico che rappresenta la vittima in situazioni private e/o intime sia da sola che con il partner che, a sua volta, può essere sia stabile che occasionale, sia incontrato di persona che on line.

Da un punto di vista criminologico ci si trova di fronte di fronte ad una forma avanzata di cyberbullisimo e il materiale pornografico può essere carpito in diversi modi:

Mediante il cosiddetto “sexting” ovvero l’auto ripresa di immagini o video in pose intime da parte della vittima e successivamente inviate a terzi, anche mediante web cam;

Mediante la ripresa delle immagini intime durante un rapporto sessuale con il consenso della vittima;

Mediante la ripresa della vittima durante momenti intimi (rapporto sessuale, bagni pubblici, spogliatoi ecc..) con telecamere nascoste (spy cam);

Attraverso l’hacking dello spazio cloud della vittima (icloud, gmail, microsoft space, ecc..) del dispositivo della vittima (smartphone, laptop, smartpad) anche con la consegna spontanea del dispositivo (es. invio di un pc o di un telefono in assistenza).

Il revenge porn è stata in molti casi la scintilla che ha portato alla tragedia: come nel caso della giovane Tiziana Cantone, il cui video in atteggiamenti intimi con il fidanzato ha fatto per mesi il giro del web e la ragazza, che non ha retto alla vergogna e alle pressioni, si è tolta la vita.

Non c’è solo il revenge porn a fare paura, ma anche il timore di subire molestie online per il 51,24% dei giovani sentiti, l’adescamento da parte di malintenzionati (49,03%) e la perdita della propria privacy (44,73%).

Un adolescente su 3 conferma di aver visto circolare foto intime sue, o di amici sui social network. Quasi tutte le ragazze (95,17%) riconoscono che vedere le proprie foto/video hot circolare senza il proprio consenso online, o su cellulari altrui è grave quanto subire una violenza fisica.

La percentuale scende leggermente per i ragazzi (89,76%).

Persistono, anche se minoritari, vecchi pregiudizi da sconfiggere, il 15,21% dei ragazzi considera come una “ragazza facile” la ragazza che decide di condividere foto o video a sfondo sessuale con il partner. Mentre per le ragazze questo è vero per l’8,39% dei casi.

Revenge porn: un reato in forte ascesa

Il disegno di legge sul cosiddetto “revenge porn”, approvato in via definitiva il 17 luglio 2019 (qui il testo), introduce due fattispecie di reato diverse: la diffusione di  immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate da parte di chi queste immagini le ha realizzate e da parte di chi le riceve e contribuisce alla loro ulteriore diffusione al fine di creare nocumento alle persone rappresentate.

La legge 19 luglio 2019 n. 69, all’articolo 10 ha introdotto anche in Italia il reato di revenge porn, con la denominazione di diffusione illecita di immagini o di video sessualmente espliciti.

L’articolo 612 ter del codice penale rubricato “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”(revenge porn)

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5.000 a 15.000 euro.

La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento.

La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.

La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza.

Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. Si procederà tuttavia d’ufficio nei casi di cui al quarto comma, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.

Il cyberbullismo come risposta alla solitudine

L’aumento della solitudine è ancora più significativo, viene fatto notare nel rapporto, se si pensa che la percentuale di chi ha indicato di provare solitudine “molto spesso” è passata dal 33% a quello che viene definito un “drammatico” 48%. I dati dell’Osservatorio Indifesa sono stati raccolti attraverso le risposte di 6mila giovani, dai 13 ai 23 anni, provenienti da tutta Italia.

Ragazzi e ragazze esprimono sofferenza per episodi di violenza psicologica subita da parte di coetanei (42,23%) e in particolare il 44,57% delle ragazze segnala il forte disagio provato dal ricevere commenti non graditi di carattere sessuale online. Dall’altro lato l’8,02% delle ragazze ammette di aver compiuto atti di bullismo, o cyberbullismo, percentuale che cresce fino al 14,76% tra i ragazzi.

I giovani e l’uso e l’abuso dei social network

Otto ragazzi su 10 tra gli 11 e i 18 anni trascorrono due mesi all’anno sui social network, cioè quattro ore al giorno. Il 52% ha tentato di ridurre il tempo senza riuscirci. Il 33% definisce l’utilizzo che fa dello smartphone “eccessivo”. Sono i dati che emergono dalla ricerca condotta dall’Osservatorio scientifico della no profit “Social Warning-Movimento Etico Digitale”, in un periodo in cui la pandemia per il Covid-19 ha reso lo smartphone l’unico mezzo di comunicazione con il mondo esterno. ”

Tra i partecipanti alla rilevazione 6 su 10 dichiarano di non sentirsi al sicuro online. Sono le ragazze ad avere più paura, soprattutto sui social media e sulle app per incontri, lo conferma il 61,36% di loro. Tra i rischi maggiori sia i maschi sia le femmine pongono al primo posto il cyberbullismo (66,34%), a seguire per i ragazzi spaventa di più la perdita della propria privacy (49,32%) il Revenge porn (41,63%) il rischio di adescamento da parte di malintenzionati (39,20%) stalking (36,56%) e di molestie online (33,78%).

Cyberbullismo e i mostri nascosti dietro la rete: Tik Tok cancella gli account degli under 13

Dal 9 febbraio TikTok bloccherà tutti gli utenti italiani e chiederà loro di indicare di nuovo la data di nascita per continuare a usare l’app. Una volta identificato un utente al di sotto dei 13 anni, il suo account verrà rimosso. A comunicarlo è stato il Garante della Privacy.

La decisione di TikTok deriva da un accordo con il Garante come prima misura per impedire l’accesso a minori di 13 anni (che sarebbe l’età minima stabilita dallo stesso social, ma finora non sempre rispettata dagli utenti).

Ricordiamo che il Garante aveva chiesto a TikTok un blocco d’urgenza del trattamento dati per il fondato sospetto che sull’app ci fossero utenti giovanissimi anche impegnati in attività autolesionistiche e pericolose.

TikTok adotterà altre misure per bloccare l’accesso agli utenti minori di 13 anni. Ad esempio valuterà l’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale per la verifica dell’età. Lancerà anche una campagna informativa per sensibilizzare genitori e figli. È una svolta anche sotto questo profilo, perché finora l’impegno comunicativo del social, fortissimo nel mondo, è stato volto solo alla conquista di utenti in giovane fascia d’età.

È prevedibile che il Garante farà gli stessi passaggi con gli altri social, su cui ha già avviato indagini: Facebook e Instagram in primis.

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