Emergenza coronavirus

Covid 19, quello che non ha funzionato nella seconda ondata a L’Aquila

Le differenze tra la prima e la seconda ondata Covid 19 a L'Aquila, l'analisi del sindaco Pierluigi Biondi in Consiglio comunale.

Le differenze tra la prima e la seconda ondata Covid 19 a L’Aquila, l’analisi del sindaco Pierluigi Biondi.

Durante il Consiglio comunale dedicato alla gestione dell’emergenza Covid 19, il sindaco Pierluigi Biondi ha analizzato l’attuale situazione sanitaria e le differenze tra la prima ondata, caratterizzata da una bassa diffusione del virus, e la seconda, dove i contagi si sono diffusi anche in tutta la provincia.

Dopo aver preliminarmente ricostruito lo stato della sanità abruzzese, imputando l’attuale situazione alle precedenti gestioni regionali, il sindaco Biondi ha commentato anche la nomina di Mascitelli alla direzione sanitaria della Asl 1: “Nulla contro la persona e il professionista, ma ha fatto parte di quel sistema che ha penalizzato la struttura sanitaria abruzzese con i precedenti governi regionali”. Quindi l’analisi: “Anche grazie alla bassa diffusione del virus nella prima ondata, con rapidità si è proceduto alla realizzazione della terapia intensiva e sub intensiva al G8 e ai lavori al Delta 7. Nonostante la situazione tranquilla, non abbiamo abbassato la guardia, anzi. Con alcuni provvedimenti del Comune, come quello relativo ai tamponi obbligatori nei cantieri e l’anticipo della mascherina obbligatoria abbiamo evitato problemi peggiori”.

Covid 19 L’Aquila, i problemi della seconda ondata.

Anche per il sindaco Biondi, però, ci sono stati problemi con la gestione della seconda ondata: “Nonostante il piano Covid della regione, è stata sottovalutata l’importanza di un’attenta programmazione sull’edilizia sanitaria. Sarà la Regione a valutare, ma mi limito a registrare in questa sede la lettera inviata dal presidente Marsilio sui ritardi negli interventi della Asl”.

“Fra le cose che non hanno funzionato – ha ricordato Biondi – c’è sicuramente il sistema di tracciamento, ma colpa non è colpa del Dipartimento di prevenzione; comunque c’è da registrare che ad ottobre avevo proposto di sottoporre a screening rapido tutta la popolazione, quello che poi abbiamo fatto da soli successivamente intorno al Ponte dell’Immacolata”. Anche in quel caso, però, “il Comune dell’Aquila, come gli altri Comuni, sono stati lasciati soli a reperire mezzi, risorse e uomini e a organizzare la logistica. Solo il nostro comune ha investito 200mila euro e ha individuato 41 postazioni, un numero elevato di medici, infermieri, volontari e personale del Comune, avendo in dotazione solo test e dpi”.

Inoltre, “non ha funzionato la modalità di organizzazione del sistema sanitario sui presìdi del territorio. Abbiamo ripetuto a più riprese come l’ospedale di Avezzano non fosse in grado di garantire reparti covid di un certo tipo e non a caso si sono generati importanti focolai, a differenza di quello che era in grado di fare l’ospedale dell’Aquila, per cui avevamo detto da subito che dovesse diventare riferimento per tutta la provincia; abbiamo ricevuto insulti anche da parte di politici aquilani, ma poi la strategia si è rivelata utile, seppur non portata completamente a termine”.

A non funzionare, infine, è stato anche “l’accompagnamento nel ritorno alla normalità“.

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