Per effetto del Covid nel 2021 si registrerà per la prima volta nella storia economica italiana degli ultimi due decenni la perdita di un quarto delle imprese di alloggio e ristorazione (-24,9%).
E’ quanto emerge dall’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio “Demografia d’impresa nelle città italiane”.
Dal report emerge anche un calo, sempre legato alla pandemia, per il commercio al dettaglio del 17,1%.
Covid 19 e crisi economica: quali cambiamenti
Commercio elettronico
“Il Covid acuisce certe tendenze e ne modifica drammaticamente altre” e il calo viene registrato “nel 2021, solo nei centri storici dei 110 capoluoghi di provincia e altre 10 città di media ampiezza”, stando al report.
Anche il commercio elettronico, che vale ormai più di 30 miliardi, registra cambiamenti a causa della pandemia: nel 2020 è in calo del 2,6% rispetto al 2019 come risultato di un boom per i beni, anche alimentari, pari a +30,7% e di un crollo dei servizi acquistati (-46,9%).
Città con meno negozi
Quindi, città con meno negozi, meno attività ricettive e di ristorazione e solo farmacie e informatica e comunicazioni in controtendenza col segno positivo.
“Il rischio di non rivedere i nostri centri storici come li abbiamo visti e vissuti prima della pandemia è, dunque, molto concreto e questo significa minore qualità della vita dei residenti e minore appeal turistico”, aggiunge l’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio.
Covid 19, sparite 77mila attività commerciali
Per la precisione, tra il 2012 e il 2020 è proseguito il processo di desertificazione commerciale e, infatti, sono sparite, complessivamente, dalle città italiane oltre 77mila attività di commercio al dettaglio (-14%) e quasi 14mila imprese di commercio ambulante (-14,8%).
Inoltre aumentano le imprese straniere e diminuiscono quelle a titolarità italiana; a livello territoriale, il Sud, rispetto al Centro-Nord, perde più ambulanti, ma registra una maggiore crescita per alberghi, bar e ristoranti.
Cambiano i consumi
Per il commercio in sede fissa, tiene in una qualche misura la numerosità dei negozi di base come gli alimentari (-2,6%) e quelli che, oltre a soddisfare bisogni primari, svolgono nuove funzioni, come le tabaccherie (-2,3%); significativi sono invece i cambiamenti legati alle modificazioni dei consumi, come tecnologia e comunicazioni (+18,9%) e farmacie (+19,7%), queste ultime diventate ormai luoghi per sviluppare la cura della persona e non solo quindi tradizionali punti di approvvigionamento dei medicinali.
Addio centro storico
Il resto dei settori merceologici è, invece, in rapida discesa: si tratta dei negozi dei beni tradizionali che si spostano nei centri commerciali o, comunque, fuori dai centri storici che registrano riduzioni che vanno dal 17% per l’abbigliamento al 25,3% per libri e giocattoli, dal 27,1% per mobili e ferramenta fino al 33% per le pompe di benzina.
La pandemia acuisce questi trend e lo fa con una precisione chirurgica: i settori che hanno tenuto o che stavano crescendo cresceranno ancora, quelli in declino rischiano di scomparire dai centri storici.