Scuole dell’infanzia aperte in Abruzzo, il corto circuito che indigna

Le scuole dell’infanzia avrebbero dovuto essere le prime a chiudere. Bambini senza mascherine e senza distanziamento. La protesta degli operatori.
Le scuole dell’infanzia dovevano essere le prime scuole ad essere chiuse.
Per l’incolumità di maestre e famiglie, le scuole dell’infanzia andavano chiuse subito.
Le scuole dell’infanzia rappresentano, infatti, l’unico luogo dove i bambini, da due anni e mezzo a sei anni, vivono la loro giornata di otto ore senza le misure minime di sicurezza.
I bambini non indossano le mascherine e non possono mantenere un distanziamento minimo.
L’ordinanza n. 11 del Presidente della Regione Abruzzo ha chiuso tutte le scuole in presenza, imponendo la didattica a distanza dalla primaria alle medie, ma non ha chiuso le scuole dell’infanzia.
È vero che per i bambini dell’infanzia sarebbe impossibile acquisire in dad quei fondamenti, tipici dell’ordine scolastico che frequentano, è pur vero che proprio l’infanzia rappresenti il tallone d’Achille del sistema scolastico.
Le classi delle scuole dell’infanzia sono separate in ‘classi bolla’ che non hanno nessun contatto tra loro, ma poi i bambini delle diverse classi arrivano a scuola trasportati dallo stesso scuolabus.
Le maestre delle scuole dell’infanzia, raggiunte da IlCapoluogo, hanno manifestato la loro incredulità a dover affrontare i bambini in questo momento di rinnovato rischio contagio.
Sono storie di queste ultime settimane, bambini dell’infanzia in classe con i fratellini in quarantena a casa; oppure bambini in classe fino al responso positivo del tampone di un genitore.
Niente di illegale, ma si tratta di buon senso e di rispetto.
D’altronde anche gli operatori della scuola dell’infanzia hanno genitori anziani o parenti malati, che vorrebbero preservare!
Comprensibile la scelta del governatore di diminuire il rischio, chiudendo gli altri ordini scolastici, meno comprensibile per gli insegnati ed il personale ATA di affrontare il ‘rischio collaterale’ di essere una vittima sacrificabile, di rappresentare una percentuale di rischio conteggiata ed affrontabile nella più ampia analisi del danno complessivo.