Recovery fund, per l’Abruzzo un’occasione da non perdere

1 marzo 2021 | 07:03
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Recovery fund, per l’Abruzzo un’occasione da non perdere

Dobbiamo cogliere in pieno l’opportunità del Recovery fund, anche in Abruzzo: la crisi Covid, nella sua drammaticità, può essere occasione per un vero cambio di paradigma con la crescita e l’occupazione al primo posto. L’analisi dell’economista Piero Carducci.

Nel Vecchio Continente il Pil tornerà al livello del 2019 non prima di cinque anni. Lo shock che stiamo affrontando non è ciclico e la perdita di guadagno non è colpa di nessuno di coloro che ne soffrono.

Dopo anni di stupide politiche di austerità, la pandemia sembra abbia fatto capire all’Europa che abbiamo bisogno di politiche fortemente espansive. La crisi Covid, nella sua drammaticità, può essere occasione per un vero cambio di paradigma con la crescita e l’occupazione al primo posto.

L’aumento del debito definito “buono” da Draghi (investimenti produttivi) servirebbe ad evitare che l’attuale recessione economica si trasformi in una prolungata depressione.

La pandemia ha cambiato il contesto in maniera irreversibile. Le vecchie regole non sono più applicabili, porterebbero ad una crisi ingestibile del debito pubblico. Di fronte a circostanze impreviste ed eccezionali, un cambiamento di mentalità è necessario in questa crisi come lo è stato dopo la seconda guerra mondiale, allorché fu creato un nuovo ordine che ha resistito fino agli anni ’70 e oltre.

Ora dobbiamo cogliere in pieno l’opportunità del Recovery fund, anche in Abruzzo.

L’obiettivo della Regione dovrebbe essere tornare allo sviluppo ed interrompere l’andamento negativo della produttività che continua a scendere da ben sette anni. Si tratta di una grave criticità della nostra economia, che la crisi indotta dal virus ha solo amplificato. Il calo costante della produttività abruzzese significa che tutto ciò che facciamo non riesce a far crescere la nostra ricchezza, deprimendo dunque redditi, occupazione, benessere.

La decrescita della produttività è la sintesi di tutti i nostri ritardi.

A guardare bene i dati, si scopre che la produttività dell’industria in verità cresce, mentre resta in terreno negativo nei servizi, nelle imprese troppo piccole e nella pubblica amministrazione.
La ricetta su come uscire dalla crisi è nota, il Recovery fund ne costituisce l’occasione.

In Abruzzo, occorrono buoni investimenti nella banda larga e nell’innovazione, nel capitale umano, nella ricerca e trasferimento tecnologico, in infrastrutture per migliorare la qualità dell’ambiente oltre che mirate alla connessione con i grandi corridoi europei (Ten-t). E poi, adeguata assistenza tecnica per migliorare la quantità e la qualità di spesa dei fondi europei e mirate politiche per l’export approfittando della Via della Seta.

Per affrontare la gravissima crisi indotta dal virus occorre poi avviare uno strumento finanziario per ricapitalizzare le imprese in crisi di liquidità e trasformare i debiti in capitale di rischio. Politiche specifiche di sostegno all’export devono accelerare lo sviluppo delle filiere in controtendenza, ovvero che crescono nonostante la crisi, come agroalimentare e farmaceutica.

Le risorse disponibili vanno indirizzate verso le organizzazioni più dinamiche e profittevoli, e in generale va perseguita l’efficienza allocativa, premiando le imprese che vogliono crescere e creare lavoro in Abruzzo.

Bisogna poi irrorare di innovazione le piccole imprese e la Pubblica Amministrazione, dove la digitalizzazione e la banda ultralarga sono in forte ritardo (anche nelle scuole!) e poi sulla spesa in  formazione c’è molto ma molto da riformare. Molto carenti le funzioni regionali di private equity, ovvero l’acquisizione di partecipazioni, ma non di controllo, nel capitale di imprese che operano in Abruzzo, supportando piani di sviluppo mirati allo sviluppo del territorio.
In sintesi e per farla breve, l’Abruzzo deve investire bene le consistenti provvidenze europee in arrivo ed invertire la rotta se non vuole patire una strutturale decrescita che non deriva solo dalla pandemia ma viene da lontano.