Papà Diego e i magnifici 5: chiedimi se sono felice

19 marzo 2021 | 07:33
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Papà Diego e i magnifici 5: chiedimi se sono felice

Per la Festa del Papà, la storia di Diego: una moglie, 4 figli e il lavoro in ospedale in piena emergenza Covid 19.

Due femminucce e due maschietti, nell’ordine, Marianna, Giulia, Domenico e Angelo, la moglie Maria Alberta e tanto da fare per papà Diego, quasi 38 anni, tecnico sanitario di Radiologia presso l’ospedale civile di Pescara. Una storia “d’altri tempi”, si potrebbe dire, per un giovane “un po’ romano e un po’ abruzzese”, che proprio in Abruzzo ha coronato il proprio sogno di famiglia, una famiglia vivace, allegra, ma naturalmente anche impegnativa. Ma prima di raccontare la sua storia, un’autodenuncia: Diego è cognato e testimone di nozze dello scrivente. Non che cambi qualcosa rispetto al contenuto dell’articolo, ma tanto è dovuto per trasparenza nei confronti dei lettori.

Detto questo, veniamo a noi. La prima cosa che in genere si pensa è che costruire una famiglia numerosa significhi fare un sacco di rinunce: cinema, cene romantiche, viaggi avventurosi. Com’è cambiata la tua vita dai campetti di calcio della Romanina ai pannolini e notti insonni in un piccolo paese dell’Abruzzo meridionale?

“È evidente – racconta papà Diego – che si è chiusa una pagina della mia vita e se n’è aperta un’altra. Non me ne sono accorto subito, forse perché come tutti i maschietti sono un po’ tonto e a certe cose ci arriviamo solo dopo o semplicemente perché le donne, le future mamme, vivono giorno per giorno personalmente e intimamente il percorso che porta alla nascita di un figlio, ma solo quando ho avuto tra le braccia la prima figlia, e poi gli altri, ho davvero capito che qualcosa era cambiato per sempre. Si tratta di una questione di priorità e di tempi. Per dirne una, sono stato sempre appassionato di calcio, ma è chiaro che con la crescita della famiglia ho dovuto gradualmente lasciare”.

E questo non è pesante per una persona giovane?

“No, come dicevo è una questione di priorità. E di responsabilità. Quando hai un figlio ti rendi conto cosa significhi essere un papà, avere delle responsabilità così totalizzanti. Non si può essere genitori ‘part time’, o prendersi due giorni di ‘ferie’, si è genitori sempre. E quello che conta è solo che la tua famiglia sia serena e stia bene. Tutto il resto passa in secondo piano”.

Tra tante responsabilità, quali sono i momenti in cui capisci che è effettivamente questa la vita che volevi?

“Per lavoro esco di casa la mattina presto e purtroppo solo nel pomeriggio inizia la mia vita in famiglia, con mia moglie e i bambini. Il tempo è poco, ma quando arriva il momento della condivisione recupero tutto il tempo che ho passato a lavoro. Accade a cena, quando ci sediamo tutti a tavola e chiedo com’è andata la giornata. Marianna che ha 7 anni ormai si esprime come una signorina, ma anche Giulia che è un po’ più piccolina partecipa attivamente. Poi arrivano i piccolini di casa, Domenico e Angelo, e nonostante abbiano appena due anni si sforzano di imitare le sorelle, ripetendo alcune parole che sentono. Ecco, quando sono al tavolo della cucina, con loro che mi raccontano come hanno passato la giornata, vedendoli così sereni sono felice. Poi naturalmente ci sono anche altri momenti di condivisione e di gioco, nell’arco del pomeriggio e della serata, prima di andare a dormire”.

diego festa del papà

Papà Diego e l’emergenza Covid 19.

Tanta felicità e condivisione, ma non dev’essere facile affrontare il lavoro in ospedale in piena pandemia e poi tornare a casa sempre sereno.

“No, non è facile. Bisogna saper essere dei bravi attori, perché non sempre è possibile lasciare un problema grande come quello della pandemia fuori dalla porta. E quando un papà non ci riesce, deve comunque fare in modo di non turbare la serenità dei bambini”.

Marianna però va già a scuola, come se la cava con la DAD?

La DAD non è un problema in sé, per l’apprendimento. Marianna per fortuna è seguita, impara tanto e velocemente. Il problema è il resto. La scuola non è solo apprendimento, ma anche socialità. Loro sono in 4 e fortunatamente possono giocare tra di loro, ma è un isolamento che non può durare a lungo. Ormai i bambini non fanno più sport, non vanno in oratorio, non socializzano. Non va bene, speriamo che la campagna vaccinale faccia finire presto quest’incubo. E noi siamo comunque fortunati, perché non solo ‘fanno gruppo’ da sé, ma sono anche seguiti in un contesto come quello di un piccolo centro. Poi mia moglie è fantastica (mia sorella, ndrp – nota del redattore parente) e con i miei suoceri che vivono nello stesso paese cerchiamo di darci una mano a vicenda”.

Diego e quelli dell’ultimo vagone.

A lavoro invece come va? In ospedale in piena pandemia non dev’essere facile.

“Faccio tutto quello che posso per preservare la mia salute e quella dei miei cari. Adesso sono vaccinato, ma non abbasso la guardia. Mascherine, dpi, distanziamento e tutto quello che serve, in attesa che la campagna vaccinale prosegua, anche se noto delle resistenze. Purtroppo anche tra noi operatori sanitari c’è qualcuno poco propenso al vaccino e questo non è un bene. Nel nostro ospedale c’è un infermiere di 30 anni in Rianimazione a causa del Covid. Un ragazzone con due spalle così. Non si scherza con il Covid 19″.

“Inoltre – prosegue Diego – vado a lavoro con i mezzi pubblici, quindi anche lì bisogna stare attenti. La sveglia suona alle 5 e 10 e alle 6 meno 20 parto da Celenza sul Trigno per prendere il treno alla stazione di Vasto-San Salvo alle 6 e un quarto. E anche lì ci siamo organizzati. Ci mettiamo sempre negli stessi posti e ormai ci conosciamo tutti. Ci chiamiamo ‘quelli dell’ultimo vagone’, appunto perché il ‘nostro’ è proprio quello in coda. Ci informiamo a vicenda e quando manca qualcuno sappiamo prima quando e perché. Si tratta di una sorta di gruppo di autocontrollo e autotracciamento. Per fortuna ‘nell’ultimo vagone’ non si sono mai registrati casi di Covid, ma in altri vagoni sì, per questo è importante stabilire questo tipo di routine”.

Diego e i magnifici 5: chiedimi se sono felice.

Insomma, tutto quello che si può fare per preservare la propria salute e quella dei propri cari. Perché si deve tornare a casa in salute, sedersi attorno a un tavolo, guardare negli occhi la propria moglie e i 4 bambini e chiedere loro: “Allora, com’è andata la giornata?”. Ed essere felici.