Cultura

Le nuove stanze della poesia, Cenere

Cenere: la poesia di Luciana Coen per ricordare tutte le vittime di femminicidio per l'appuntamento con la rubrica Le nuove stanze della poesia.

Da appena un mese, lunedì 8 marzo, è stata celebrata la festa della donna.

A distanza di un mese per tenere fede a quella idea che ogni giorno deve essere un otto marzo voglio ricordare un fenomeno intenso e preoccupante che è quello del femminicidio e lo ricordo deliberatamente dopo che è trascorsa la festa delle donne per dire che la morte di donne per mano di chi diceva di amarle deve essere presente tutti i giorni dell’anno alla nostra attenzione perché solo in questo modo probabilmente si riesce a mettere un argine a una vera e propria “strage” .

Lo voglio ricordare con una poesia che è consona a questa rubrica ma anche con una storia che quella poesia ha ispirato .

“Cenere”, la toccante poesia di Luciana Coèn dedicata alla giovanissima Fabiana Luzzi. Una giovane di 16 anni, che viene uccisa a coltellate a Corigliano Calabro nel 2013. A sferrare i colpi è il fidanzato 17enne Davide Moroni, che le dà fuoco mentre è ancora agonizzante.

La sua unica colpa era stata dirgli un ‘no’. Condannato a diciotto anni, già nel 2018 ha ottenuto permessi premio tanto da suscitare l’apprensione del padre di Fabiana che non solo non si è potuto costituire parte civile al processo ma che deve vedere il brutale assassino della figlia verso la liberazione .

“Cenere”, in questo caso è un invito alla riflessione, perché ogni donna vittima di violenza non finisca per diventare solo un numero in più nella lista annuale dei femminicidi – termine definito brutto da alcuni, ma sicuramente non quanto il significato che rappresenta.

Cenere
L’odore della carne,/ della mia carne,/ che brucia/ mi arriva alle narici/ a folate/ portate dal vento/ e nell’andare/ e venire/ della mia coscienza./ Tra il fumo/ vedo un’ombra/ la sua sagoma,/ il mio fidanzatino./ O quel che resta/ di lui./ Siamo,/ eravamo giovani/ una vita davanti,/ ora è già dietro,/ passata/ le parole sono volate/ solo quindici anni/ /una fiamma/si alza/ un dolore lancinante/ nel mio sentimento/ sulla mia pelle/ è andato/ sta andando tutto in fumo/ il primo bacio/ il batticuore/ quando l’ho rivisto/ le sue mani sul mio viso/ e poi la voce/ che si alza/ insieme alle mani/ qualcosa brilla al sole/ la lama di un coltello./ Le mie braccia si alzano/ in segno di resa/ in segno di protezione/ del mio corpo/ della mia vita./ Non può essere/ che il suo sguardo/ dolce innamorato/ si sia all’improvviso/ mutato in occhi omicidi/- femminicidi -/ solo quindici anni/ il sangue scorre/ l’odore di benzina/ sui miei vestiti/ è fredda la benzina/ ho freddo/ riscaldami/ solo quindici anni/ e poi il click/ la fiamma/ una torcia/ l’odore acre/ della carne,/ la mia carne,/ che brucia/ sono io/ solo quindici anni/ mi lascia qui/ è tutto un fumo/ è tutto nero/ tutto andato in fumo/ i miei quindici anni/ la mia vita./ Sono l’ennesimo femminicidio/ la numero 33, forse,/ e ho solo quindici anni./ Sono diventata un numero/ una vita bruciata/ ma avevo solo quindici anni/ ero una donna in nuce/ ero luce/ nella mia famiglia/ nel mio mondo./ Sono diventata la numero 33,/ forse,/ carbone ardente/ ormai/ spento/ per sempre”.

Questa poesia si può leggere sul blog di Luciana Coen dal titolo “parole inattese “ all’indirizzo https://paroleinattese.wordpress.com/2013/06/10/cenere/ che riporta anche numerosi commenti tra i quali ho scelto il seguente che appunto è fatto proprio di parole inattese perché testimonianza di vita: “ho letto il suo scritto cenere che mi ha colpita per le struggenti parole, è stato come rivivere un passato d’orrore che ho vissuto per anni e che, forse, non mi abbandonerà mai, ma, nello stesso tempo, mi ha dato quella forza di tirar fuori tutto il dolore, la rabbia che mi porto dentro e per questo le sono profondamente grata”. 

“Ringrazio perchè per la prima volta riesco a gridare (seppur in silenzio) il mio profondo dolore che è poi lo stesso dolore di tutte quelle donne usate come carne da macello, private della loro dignità, umiliate e mortificate fino al midollo, che resteranno per sempre schiave di bruti assassini dell’anima”. 

“Mi sono sentita trascinata dentro quell’orrore, quel dolore, il dolore di molte donne che ancora oggi subiscono atrocità simili.
Io ho vissuto per 30 anni violenze continue, abusi, mortificazioni,c he si sono sommate a quelle più “sottili” (diciamo così) perpetratemi da mio padre, di per sè la violenza, di qualunque genere sia, contro donne, bambini, anziani, è già un omicidio dell’anima, ma diventa ancor più lacerante quando ad infliggerla per anni sono proprio le persone che pensi dovrebbero proteggerti, e, come se questo non fosse sufficiente,s pesso ti trovi di fronte a persone che ti dicono “ringrazia Dio, almeno non sei morta”, non sono morta??? La mia anima è morta e risorta mille e mille volte, mortificata dal dolore, dalla vergogna, dal disprezzo, ma cercava di rinascere ogni volta perchè i miei figli avevano bisogno di me.

Oggi sono libera dai miei aguzzini, fisicamente, ma dentro, rimangono quei terribili fantasmi che tornano a lacerarmi l’anima ogni volta che sento notizie di violenza, di morte, di atrocità, no…non sarò mai libera, loro torneranno sempre a infliggere sferzate, come belve inferocite continueranno ad azzannarmi il cuore”. 

“Purtroppo atrocità simili continuano a perseguitare donne, ragazze, madri, e sembra che non vi sia giustizia nemmeno nell’ascolto, personalmente ho provato molte volte a parlarne, per aiutare me stessa in primis, e per far udire la voce di tante donne che nel silenzio vivono tali brutalità, ma ho incontrato sempre cinismo e critiche cose che, a lungo andare, rivoltano la situazione e fanno sentire come se noi fossimo i carnefici e le vittime di noi stesse, è orribile tutto questo, si parla tanto di gruppi di ascolto, associazioni di supporto alle vittime di violenza, ma mi sono resa conto con profonda amarezza, che, la stragrande maggioranza delle volte, muore tutto sotto le ceneri della “ORMAI NON FA’ PIU’ NOTIZIA”. 

“Certo, perchè ormai è all’ordine del giorno, ormai si sa, ma nessuno pensa alle conseguenze, alle ripercussioni che hanno non solo sulle vittime, ma, sopratutto, sui loro cari, che vivono di riflesso le nostre paure, angosce, traumi, insicurezze e, ancora una volta, siamo costrette a subire violenza, un circolo mortale che non avrà mai fine.

Le chiedo umilmente scusa se con questo mio “urlo di dolore” le reca disturbo,mi perdoni,la esorto a continuare a scrivere,lei ha il dono di trascinare dentro ciò che scrive,GRAZIE a nome mio e a nome di tutte quelle donne che non hanno più voce. A.M”. 

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