Le nuove stanze della poesia: Pietro Assetta Proietto

Pietro Assetta Proietto: il ritratto della poeta dialettale abruzzese per l’appuntamento con la rubrica Le nuove stanze della poesia, a cura di Valter Marcone.
Parlare di Pietro Assetta Proietto, scrive il critico letterario Massimo Pasqualone, vuol dire ripercorrere la storia della poesia dialettale abruzzese dagli anni Sessanta ad oggi.
Nato in terra d’Africa, in Cirenaica, Libia, nel lontano 1938, al tempo della colonizzazione italiana, da genitori abruzzesi, di Vacri il padre, di Ari la madre, scrive poesie per passione: dopo aver pubblicato alcune raccolte di poesie dialettali: Ugne juorne arebbie (Carabba Editore), Lasséteme sunnà (Di Prinzio Editore), Gna corre lu tembe (Tabulafati), Lu meracule di S. Margarite e Lu lope de S. Dumèneche (Tabulafati); due raccolte di poesie in lingua: Luci di speranza e Frammenti di sogni in un universo parallelo (BookSpruint Editore); due romanzi: Ad est di venere e oltre… (Altromondo Editore), La valle di Venere (BookSprint Editore); tre racconti: Il fanciullo, L’amore, Il vecchio (Rupemutevole Edizioni); per ultima una: Grammatica dialettale con riflessioni introduttive del prof. Vito Moretti (Tabulafati Editore).

Superati gli ottanta anni, ricorda di aver iniziato a scrivere poesie nel 1960, subito dopo aver completato gli studi liceali.
“Sono venuto a conoscenza dell’esistenza di Concorsi di poesia per caso, sfogliando una rivista dal barbiere, racconta il poeta, e così è iniziata la mia avventura poetica. Inviai, allora, (correva l’anno 1971) una mia poesia al 1° Concorso di Poesia Italiana e Siciliana “Mario Gori” a San Cataldo (CL). Grande fu la mia meraviglia quando, dopo qualche tempo, ricevetti una lettera nella quale mi si comunicava che la mia poesia era stata premiata. Allora ero un giovane con un lavoro precario e non avevo mezzi per poter andare in Sicilia alla Cerimonia di Premiazione; ma dopo una ventina di giorni ricevetti una busta con dentro un “Diploma di Onore”, conferito al poeta Pietro Assetta, “per le sue spiccate doti poetiche”.
Tuttavia, le più grandi soddisfazioni le ha avute dalla poesia dialettale, alla quale lo aveva indirizzato l’amico poeta, scultore e pittore Rocco Paciocco, grande artista, che era solito dire: “la poesia è sentimento, non un fatterello!” “Così cominciai a scrivere poesie in dialetto. Mandai – continua Assetta – una mia poesia ad un Concorso di poesia dialettale a Chieti (presidente di Giuria il prof. Ernesto Giammarco) e vinsi il primo premio, poi fu la volta di Francavilla al Mare e la mia poesia risultò prima classificata, secondo, ricordo, si classificò il compianto Aldo Aimola, grande poeta e grande amico.”
Poi fu la volta di Miglianico, un concorso di poesia organizzato dai F.lli Adezio: la sua poesia si classificò prima. Seguirono, poi, Celenza sul Trigno, dove le sue poesie ottennero la palma per ben 5 anni. Poi fu la volta di Castel Frentano, poi Guardiagrele, prima con il “Modesto della Porta, poi con Anni d’Argento, per più anni, poi Altino, Cupello, Vasto, Lanciano, Tollo (Eco Archi Tulli e poi Il divin sapore del Vino), Canosa Sannita, Vacri, Ripa Teatina, Castelvecchio Subequo, Lettomanoppello, Manoppello (premio Arabona), Fresagrandinaria, Moscufo, Pianella, Teramo (Vernaprile), Trasacco, Alanno, Poggiofiorito, Giulianova, S. Salvo, Ortona, Rocca Pia. E poi, Chianni di Pisa (con il volume Lasséteme sunnà), Gioiosa Ionica (una lirica in lingua).
Per la sua attività poetica dall’Associazione Culturale EUTERPE di Jesi gli è stato conferito quest’anno la prestigiosa Targa Euterpe, per l’importante apporto al mondo culturale e per la sua meritevole opera poetica. Attualmente ricopre la carica di vice-presidente dell’UNI3età Terre del Cerrano, che è presente a Silvi Marina da otto anni.
Come ha scritto Nicola Fiorentino “Pietro Assetta Proietto è poeta ecclettico, il suo metro poetico si mantiene fedele al verso libero dell’unica strofa polimetrica, il più adeguato ad esprimere, fuori d’ogni schema, la proteiforme tensione ritmica della parola”.
Sta tutta nella seguente motivazione la storia di Pietro Assetta di Silvi Marina (TE) stilata dal Presidente dell’Ass. Euterpe, Lorenzo Spurio: “L’intensa attività letteraria del poeta e scrittore Pietro Assetta risulta particolarmente pregevole dal punto di vista qualitativo ed estetico e d’indiscutibile pregnanza per i messaggi contenuti e l’intensità che la pervade. L’autore, che ha iniziato a scrivere poesia nel 1960, nel corso degli anni ha dato alle stampe vari lavori organici, tanto in lingua italiana che in dialetto abruzzese per il quale è considerato, assieme a pochissimi altri, una delle maggior voci. L’opera d’esordio, “Luci di speranza” pubblicata nel 1979 gli valse il consenso della critica e l’interesse da parte di un ampio pubblico. Riconoscimenti per la sua attività poetica non sono tardati ad arrivare al punto che Assetta ha giustamente ricevuto premi speciali, da podio e attestazioni di vario tipo in premi regionali e nazionali. Intensa la sua attività nel vernacolo locale per la quale si ricordano opere come “Lasséteme sunnà” e “Gna corre lu tembe”, solo per citarne alcune.
Autore a tutto tondo e versatile, essendosi anche espresso in prosa, con vari racconti e la pubblicazione di romanzi.
Il compianto Vito Moretti, che molto scrisse sulle sue opere, definì la sua poesia fatta di “versi scritti con il cuore in gola”. Ad Assetta va anche riconosciuto particolare merito nel campo dello studio demo-etnoantroplogico avendo curato nel 2018 un ricco volume della “Grammatica dialettale”, opera impreziosita da alcune note del prof. Moretti. L’Associazione Culturale Euterpe di Jesi, da me rappresentata in qualità di Presidente, conferisce il Premio Speciale “Targa Euterpe” al sig. Pietro Assetta per il suo prezioso cammino culturale e per l’impegno profuso instancabilmente nella promozione e divulgazione poetica e culturale“.
LU VELE DE LU TEMBE
Le vulésse lassà sti jurne
ch’a passe lende ‘ndròppeche
mmezz’a cende mahagna mì’,
e pure sti suonne che se jette
dendr’a nu pozze scure de cende vulìe.
Ndra le pèteche de li jurne ch’à state,
i’ so’ passate gne nu vendecèlle
sopr’a le rue de lu tembe che scappe
e la some mo armandinghe de st’inne
che pese e m’acciucch’a lu tembe,
e le sùleche arehuarde
annascuste dendr’a sta facce.
Sopr’a ste spalle che dole
na some so’ ngullate de suonne
che juorne dope juorne,
s’à squajàte gne nenguènd’a ssole!
Ma na porte aàpre sembre
ugne matine che me dà Ddie,
p’armètteme ngamine nghe la vulìje
de ì ngondr’a li jurne che m’armàne,
cchiù ‘nlà de lu vele de lu tembe.
IL VELO DEL TEMPO – Vorrei lasciare questi giorni/ che lentamente inciampano/ in cento miei vizi,/ e anche questi sogni che si gettano/ in un oscuro pozzo di cento desideri./ Tra le orme dei giorni trascorsi,/ io son passato come un venticello/ sopra i viottoli del tempo che scorre/ e il carico ora sorreggo di questi anni/ che pesano e mi piegano al tempo,/ e i solchi spesso scruto/ nascosti nel mio viso./ Su queste spalle doloranti/ un carico ho portato di illusioni/ che giorno dopo giorno/ si sono dissolti come neve al sole!/ Ma una porta apro sempre/ ogni mattina che mi concede Dio,/ per rimettermi in cammino con la volontà/ di andare incontro ai giorni che mi restano/ oltre il velo del tempo.
NU HABBIANE DE SOLE
A la rive de lu mare
certe vote me perde nghe la mende
pe sendì lu remore de lu selenzie,
refiate de mmensetà,
truminde ste penzire arvutechite
se corr’ appresse,
fa a rocelavascelIe nghe lu tembe,
s’alIundane pe nu ccune,
arvé chiù nganite,
se ferme scumbenate.
Nu habbiane suletarie,
bianghe hne la neve,
vole ngondr’a Il’urezzonde,
sfrandumenne lu selenzie a l’ambruvvise
e s’appose dapù nghe nu refiate de scenne
sopr’ a Il’ onne che l’annàzzeche.
Nu habbiane de sole
che sfrandume lu mure fatte de niende.
E cande dendr’ a stu core
lu selenzie
truminde se perde a l’infinite
arret’a lu tembe che già se n’à ite.
Vulesse esse chelu habbiane
pe farme annazzecà
da Il’ onna ligge de lu selenzie,
ma forse chelu selenzie,
vocia me nnascoste
che sa de ngense de Chiese,
l’artrove sulamende
dendr’a la pace de Die!