Marcello De Angelis, la Croce Rossa missione di vita e l’Abruzzo nel cuore

Marcello De Angelis, cuore d’Abruzzo e aquilano. Da deputato arrivò a L’Aquila per aiutare il 6 aprile 2009. Una vita alla Croce Rossa Italiana: storie di emergenze.
Una doppia emergenza e lo spazio di dodici anni ripercorsi ai microfoni del Capoluogo. Dal sisma, alla pandemia Covid, vista dalla grande realtà della Croce Rossa Italiana. Marcello De Angelis, di origini aquilane, ex senatore (in Alleanza Nazionale) e deputato (tra le fila del Pdl), oggi è portavoce del Presidente della Croce Rossa Italiana, Francesco Rocca. Giornalista professionista ha diretto, in passato, il Secolo d’Italia, fino al 2014.

Oggi a Marcello De Angelis manca la politica?
“Come a un calciatore che ha appeso gli scarpini al chiodo manca il campo da gioco. Mi manca, ma negli ultimi anni mi sono reso conto che ho perso un po’ di sintonia con la politica ‘politicata’. Oggi c’è un’antropologia diversa. È cambiata la politica e, del resto, è cambiato il mondo. Io appartengo a un’altra generazione: la politica non è tutta uguale e gli stessi politici non sono tutti uguali. Personalmente cominciai a fare politica da ragazzino e fui protagonista di una generazione complicata, fatta anche e soprattutto di estremismi e di accesi ideali.La politica era una scelta di vita, allora, non una carriera. Per fortuna ci sono ancora politici validi, che ci credono veramente. Spero che questa stagione di evanescenza della cultura politica finisca e che si torni a ragionare su veri contenuti e servizi“.
Marcello De Angelis a 360°. Da Roma a L’Aquila nel 2009: un aiuto silenzioso
“Ero a Roma in dormiveglia quando c’è stata la scossa, la notte del 6 aprile di 12 anni fa. Tremò il lampadario e la scossa, seppur avvertita lievemente, svegliò mia moglie. Passarono 15 minuti e compresi la gravità dell’evento quando mi chiamarono alcuni amici aquilani da New York: lì era giorno e sentirono del terremoto al telegiornale”. Con un papà aquilano – il compianto scenografo Rai Bruno De Angelis – e con anni di volontariato in Croce Rossa, alla prima vista in tv delle macerie e al susseguirsi di notizie drammatiche, che arrivavano da un territorio disgregatosi sotto i colpi di una scossa maledetta, Marcello De Angelis ha deciso immediatamente che quell’emergenza sarebbe stata anche la sua.
Qualche ora dopo era in Abruzzo, a L’Aquila, per aiutare.
In quella settimana, immediatamente precedente alla Pasqua, i lavori in Parlamento erano stati sospesi. Nonostante un bambino appena nato e un papà che combatteva contro una malattia, De Angelis ormai aveva scelto L’Aquila perché sentiva “l’esigenza di aiutare chi all’improvviso aveva perso tutto”.
“Arrivammo alla Scuola della Guardia di Finanza, dove, soprattutto nei primissimi giorni, si organizzavano attività ed interventi. Ricordo benissimo la paura nei momenti in cui, mentre discutevamo sul da farsi, ci fu una nuova scossa. E non fu l’unica: andarono avanti fino a mercoledì”.
L’emergenza aquilana fu subito investita da un’enorme ondata di solidarietà, arrivata da ogni dove.
“Ricordo ancora quando ci chiamò una radio boliviana. Si trattava di una radio di comunità il cui sacerdote era originario del Molise e voleva sapere cosa fare per aiutare. Iniziarono ad arrivare persone da ogni dove: tutte offrivano il loro sostegno. Arrivarono due ragazzi della provincia di Napoli, con l’automobile carica di ogni bene. E come loro ricordo ce ne furono tantissimi. Era complicato, però, organizzare tutto e sapere come convogliare le innumerevoli offerte d’aiuto destinate alla città e gli aquilani. Senza dimenticare che permettere afflussi incontrollati in città era pericoloso: i crolli in centro storico continuarono per giorni. Presto fu necessario transennare l’intera area, ormai era una zona rossa. E io, accompagnato da altri volontari della Croce Rossa, me ne accorsi in prima persona. Qualche giorno dopo il 6 aprile, infatti, ci avvicinammo, prima che l’area venisse chiusa, per renderci conto di quale fosse la situazione in un centro ormai distrutto: sembrò di essere in una città bombardata, non era rimasto in piedi nulla. L’unico suono in quello scenario fantasma era il latrato dei cani“.
L’Aquila, moltissimi aiuti e un’incredibile attenzione mediatica sull’evento catastrofico.
“Fu forse uno dei maggiori lavori di copertura comunicativa a livello globale. Impossibile immaginare la cassa di risonanza che ebbe il disastro naturale. Stare a L’Aquila in quei giorni, però, riusciva a rendere l’idea di quanta attenzione avesse catalizzato l’evento sismico. C’erano troupe televisive provenienti da tutto il mondo, ognuna con il suo spazio per fare i propri collegamenti. Un giorno, insieme ad alcuni colleghi, le contammo: erano 36, ognuna da un paese diverso. Dispiace che, 10 anni dopo, la ricostruzione di questo evento fu ignobile: mi riferisco alla fiction Rai L’Aquila Grandi Speranze“.
Marcello De Angelis, da un’emergenza a 12 anni di aiuti, là dove serviva. Non ci si ferma quando si è impegnati nel sociale. E nel 2020 è arrivata la pandemia da Covid19.
“Per la Croce Rossa il Covid19 si è configurato fin da subito come un’emergenza – ci spiega Marcello De Angelis – Dalla Cina le informazioni non erano molto precise. Poi, all’improvviso, l’epidemia è scoppiata in Italia e come Paese fummo accusati di creare un allarme ingiustificato, spropositato. Ovviamente, sappiamo che non fu così. Ci ritrovammo in prima linea: abbiamo fin dal principio messo a disposizione tutte le risorse che avevamo e anche di più, stabilendo la scorsa primavera alcune deroghe alle procedure di accettazione dei volontari. Accogliemmo tanti giovani, desiderosi di aiutarci e di dare il proprio contributo: così abbiamo creato una dimensione intermedia, per permettere a queste ulteriori risorse di prestare il proprio sostegno”.
Ora, sarà il tempo di una nuova profonda emergenza, quella economico-sociale.
“Le attenzioni e l’impegno delle istituzioni naturalmente si sono concentrati sulla risoluzione delle principali criticità a livello sanitario. D’altro canto, però, è stato inevitabile l’insorgere di tutte quelle problematiche legate alla sfera economica e al relativo contesto sociale, sconvolto dalle norme imposte dalla pandemia. Ci sono, ad esempio, persone che non lavorano da un anno e che hanno perso la propria fonte di sostentamento. Per non parlare di tutte quelle persone anziane, che già si trovavano sole e che si sono ritrovate, causa Covid, nella più completa solitudine“.
Con il Covid 19 e il lockdown si sono presentate anche situazioni che la CRI non aveva mai incontrato prima.
“Siamo stati contattati da un’azienda di produzione di batterie per gli apparecchi acustici. Azienda che voleva fare una donazione. Non avevamo affatto preso in considerazione l’elemento riguardante questi apparecchi acustici e i possibili relativi problemi. Questi donatori si sono rivelati non solo generosi, ma anche molto attenti alle esigenze della popolazione. Ci fecero notare, infatti, che c’erano tanti anziani con le batterie degli apparecchi acustici, da loro usati, ormai scariche.Si ritrovavano così dentro casa, soli, incapaci anche di sentire se qualcuno bussava alla porta. Questo per dire di come la pandemia ci abbia portato a incontrare anche questa particolare esigenza”, sottolinea De Angelis.
Il Covid e il vaccino della speranza
“Sono ottimista. Sicuramente questa massiva campagna di vaccinazione riuscirà ad aiutarci a superare la pandemia. Non bisogna, però, pensare che tutto sarà realmente finito quando il virus non costituirà più un pericolo. Le conseguenze sociali saranno ancor più pesanti di quelle che stiamo affrontando ora se non si agirà con interventi immediati, concreti ed efficaci. Occorre sfruttare questa situazione e ottenere tutte quelle risorse e quegli aiuti indispensabili ad aiutare le categorie maggiormente colpite dalla crisi e tutte quelle fasce che si ritroveranno in gravi difficoltà”.